
26 Luglio 2021
Eutanasia: “Se anche tu vuoi vivere libero fino alla fine, ama” | 26 luglio 2021
È domenica sera e passeggio tranquillamente dopo la Messa per le strade della cittadina meta del nostro riposo estivo. A pochi metri dalla porta della chiesa, un tavolino per la raccolta firme per il referendum che chiede l’abrogazione dell’art. 579 del Codice penale che prevede la reclusione dai sei ai quindici anni per chi cagiona la morte di un uomo con il suo consenso. Insomma un’altra spallata alla lotta per l’eutanasia legale nel nostro Paese. Lo slogan della campagna referendaria recita: “Se anche tu vuoi vivere libero fino alla fine, firma”.
Ritorna la regina incontrastata di questi anni di modernismo: la libertà. Davanti al suo trono si depositano offerte ogni giorno diverse: la libertà di poter uccidere il proprio figlio, la libertà di eliminare tutti i figli che presentano qualche difetto cromosomico, la libertà di fare sesso come e quando si vuole e a cominciare da qualsiasi età, la libertà di sentirsi maschio quando si è femmina e viceversa, la libertà di pagare l’affitto di un utero per soddisfare il prurito di un figlio, la libertà di aiutare a morire in nome di una falsa pietà perché, diciamolo pure, è più redditizio eliminare il peso dalla coscienza e dal bilancio del sistema sanitario piuttosto che investire energie e denaro per alleviare le sofferenze di un malato terminale attraverso le cure palliative.
I mezzi di cui l’informazione si serve per avvalorare le sue tesi sono quelli che mostrano le storie e le richieste di essere aiutati a porre fine alla loro vita. Poi le istanze vengono sposate da qualche influencer di turno – vedi la ditta Ferragnez – e il piatto è pronto per essere servito. E tutti lì a ripetere la stessa filastrocca. Perché invece non diamo voce anche a tutti quei malati che chiedono di poter vivere e invocano le cure palliative? Perché non raccontare anche queste storie?
Mi colpì molto leggere qualche anno fa un appello di un giovane, uno studente universitario di 23 anni affetto dalla nascita da una triplegia spastica a causa della quale è disabile al 100%, costretto su di una sedia a rotelle. Scriveva nelle pagine di Avvenire: “Il primo motivo per cui dichiaro la mia più ferma contrarietà al fatto che lo Stato si esprima e legiferi su questo tema è che intravedo il pericolo che, mediante una legge, si giustifichi e si consenta la soppressione di un malato per alleviarlo da una sofferenza terribile, mentre è ormai dimostrato da numerosi studi a riguardo che, laddove vi fosse un dolore lancinante, il ricorso alle cosiddette cure palliative consente di lenire il dolore in maniera estremamente efficace. Piuttosto, il problema nel nostro Paese è l’inaccettabile mancanza della disponibilità a intraprendere siffatto cammino terapeutico in molti luoghi di cura. Non sarebbe meglio contrastare la sofferenza dei malati piuttosto che ucciderli in nome di una pietà falsa che cela ragioni sanitarie o economiche?
In secondo luogo, nella mia esperienza ospedaliera, che si compone di ben sei interventi chirurgici subiti, ho sperimentato quanto sia indifeso, impotente e vulnerabile un malato in un letto d’ospedale. E non vedo per quale motivo i medici, viste le difficoltà economiche in cui versa il settore sanitario nel nostro Paese, la pressione sociale e quella che ricevono dalle strutture sanitarie stesse, debbano essere considerati esenti dalla tentazione di manipolare i pazienti, spingendoli a chiedere l’eutanasia. Anzi, sono convinto che quando un essere umano patisce un dolore fisico, oltre a soddisfare i propri bisogni primari abbia bisogno di percepire nei suoi confronti un affetto, che è l’ultima realtà a cui ognuno di noi, di qualsiasi ceto sociale, età o sesso, si può attaccare di fronte allo struggimento che l’esperienza della malattia genera nell’infermo. Di fatto non ho mai chiesto di essere ucciso, tuttalpiù di avere una persona cara al mio fianco”.
Lorenzo non chiede nulla se non l’affetto e l’amore. E l’amore quando è autentico è l’espressione più alta della libertà perché significa rinunciare al proprio egoismo per cercare il vero bene dell’altro. L’amore vince ogni forma di ripiegamento su se stessi ed è capace di alleviare ogni dolore. Ma sarà che abbiamo disperso proprio questa libertà? La libertà di amare.
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