
8 agosto 2021
8 Agosto 2021
La medaglia di legno
di don Silvio Longobardi
Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 6,41-51)
In quel tempo, i Giudei si misero a mormorare contro Gesù perché aveva detto: «Io sono il pane disceso dal cielo». E dicevano: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: “Sono disceso dal cielo”?».
Gesù rispose loro: «Non mormorate tra voi. Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Sta scritto nei profeti: “E tutti saranno istruiti da Dio”. Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna.
Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia.
Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
Il commento
“Allora i Giudei si misero a mormorare contro di lui” (6,41). La catechesi eucaristica di Gesù non convince la folla. I gesti che compie attirano il consenso ma le parole suscitano un’istintiva diffidenza che più tardi si traduce in un sostanziale rifiuto. In quanto Rabbì, il Nazareno non fa una brillante carriera. Quest’esperienza ha molte cose da insegnare. Quando parliamo di Dio entriamo in una zona che la ragione non può esplorare, se manca l’umiltà di lasciarsi condurre, l’uomo si ribella e si ritira. La pretesa di comprendere e misurare tutto diventa un muro che impedisce di andare oltre. È una prospettiva da mettere in conto. L’unica medagli che possiamo sperare di ricevere è quella di legno, cioè quella della croce. Come la manna che ha nutrito Israele, non era un frutto del lavoro dell’uomo ma un dono che veniva dal Cielo (Gv 6, 32-33), così Gesù si presenta come “il pane disceso dal cielo” (6,41). Egli chiede perciò di essere accolto come un dono che viene da Dio e perciò non può essere misurato con le coordinate umane. Dinanzi a questo mistero la ragione non basta e neppure la tradizione religiosa. Può accogliere questo Pane solo colui che si lascia istruire da Dio: “Nessuno può venire a me se non lo attira il Padre che mi ha mandato” (6,44). Le parole e i prodigi di Gesù non riescono ad abbattere il muro dei nostri dubbi. Solo chi è umile lascia entrare la luce e riconosce in Gesù l’inviato di Dio.
“Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo” (6,51). In queste parole c’è tutto il paradosso della fede: se vogliamo vivere, di quella vita che Dio ha promesso, abbiamo assolutamente bisogno di quel “pane vivo” (6,51) ma non siamo capaci di fabbricarlo con le nostre mani. Il pane che riveste di vita i nostri giorni non è opus hominis ma opus Dei. Possiamo solo invocare e accogliere la grazia. È una forma di radicale dipendenza. Oggi chiediamo la grazia di accostarci alla mensa della vita con la certezza di ricevere la vita e con il desiderio di donare la vita.
Briciole di Vangelo
di don Silvio Longobardi
s.longobardi@puntofamiglia.net
“Tutti da Te aspettano che tu dia loro il cibo in tempo opportuno”, dice il salmista. Il buon Dio non fa mancare il pane ai suoi figli. La Parola accompagna e sostiene il cammino della Chiesa, dona luce e forza a coloro che cercano la verità, indica la via della fedeltà. Ogni giorno risuona questa Parola. Ho voluto raccogliere qualche briciola di questo banchetto che rallegra il cuore per condividere con i fratelli la gioia della fede e la speranza del Vangelo.
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