Vocazioni

“Ora so a chi appartengo… sono tutta di Gesù”

Paola Ciniglio

di Paola Ciniglio

Per anni la mia vita ha camminato su strade parallele: da un lato Dio e dall’altro io. Poi è successo qualcosa: misteriosamente Gesù è diventato un corteggiatore spietato ed io… mi sono innamorata di Lui.

A chi appartieni? Tante volte mi è stata posta questa domanda, soprattutto dagli anziani del mio paese curiosi di scoprire quali fossero le mie origini. Quante volte ho provato a sfuggire a questo interrogativo! Credevo, nella mia convinzione adolescenziale, che appartenere a qualcuno fosse una cosa brutta da evitare a tutti costi, che fosse quanto di più limitante potesse esserci per la mia libertà. Fin da piccola ho vissuto in una famiglia “più che cristiana”, così mi piace definirla. Sono cresciuta in un’Oasi – una casa di accoglienza per bimbi e mamme in difficoltà della Fraternità di Emmaus – dove abbiamo la grazia di custodire il Santissimo in una piccola Cappella. Sono quindi cresciuta con insegnamenti cristiani, con un ideale alto che tante volte mi appariva irraggiungibile. Ho sempre riconosciuto che ci fosse una verità in fondo a quegli insegnamenti ricevuti ma non mi andava troppo di approfondire seriamente. La vita vera era separata da quello che sentivo negli incontri di comunità o nella mia famiglia. La vita vera era fuori ed era diversa. 

Così la mia esistenza per alcuni anni è stata come sdoppiata: da un lato il mio cristianesimo, composto da una serie di valori imposti e di cose da fare per tenermi buono Dio e sentire che in qualche modo facevo qualcosa, dall’altro lato la vita che volevo io, fatta tante volte di eccessi, di disordine, piena di qualsiasi cosa che mi facesse sentire leggera e anche superficiale e che rispondesse al mio bisogno spasmodico di sentirmi amata e apprezzata. Ho passato tanto tempo facendomi un’idea di Dio, del cammino di fede, della vita di Chiesa, legato soprattutto alle cose da fare e senza chiedermi neanche tanto il significato di senso in fondo a quello che vivevo. O meglio, provavo a cercarlo e mi accontentavo delle poche risposte che da sola riuscivo a trovare. Negli anni però si concretizzava sempre di più una profonda infelicità e insoddisfazione malgrado quei piccoli “successi” raggiunti, come andare a vivere da sola nella mia amata Napoli, avere una bella relazione con il mio fidanzato, studiare all’università, avere un lavoro tutto mio. 

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Ogni volta che cercavo negli altri qualcosa che rispondesse a quella mediocrità che percepivo, che mi facesse sentire “piena”, una sensazione di tristezza era dietro alla porta del mio cuore ed entrava con prepotenza. Dall’altro lato però non volevo fare i conti con alcuni desideri grandi e belli che Dio mi aveva messo dentro, ero terrorizzata all’idea di dare un nome a quello che vivevo, a quello che desideravo perché mi sembrava assurdo e mi pareva che la felicità così bella e piena come alcuni mi testimoniavano non fosse per me. Per quanto mi illudessi di star seguendo Gesù, la verità è che non lo avevo ancora incontrato, non personalmente. Ci eravamo incrociati tante volte ma, a causa delle delusioni ricevute e delle croci sul cuore che mi portavo, avevo preferito chiudergli gentilmente la porta e dirgli che potevo farcela da sola, anzi, che senza di Lui stavo meglio, avevo tutto ciò che desideravo e non dovevo rinunciare a nulla. Ma con pazienza e nel silenzio il mio Gesù non si è stancato di lavorare su di me. Ha mezzo più volte angeli sulla mia strada per impedire che io inciampassi ad ogni piè sospinto o per risollevarmi le tante volte in cui le catene a cui mi ero legata mi trascinavano a terra. Mi piace pensare che quella Presenza silenziosa e discreta nella mia stessa casa abbia continuato a scavarmi dentro un po’ alla volta. Quando finalmente anch’io ho deciso di fare silenzio, è venuto fuori tutto quanto Lui aveva con pazienza seminato negli anni. 

A fine febbraio 2020 ho iniziato ad avere problemi di stomaco che mi impedivano di mangiare qualsiasi cosa, senza la possibilità di capire bene che cosa avessi a causa del lockdown per la pandemia. In quel periodo lì a casa, per una straordinaria coincidenza, c’era padre Jan – un sacerdote della Fraternità di Emmaus. La sua presenza e avere una cappella con Gesù in casa mi hanno permesso in quei giorni in cui non riuscivo e non potevo mangiare nulla, di scoprire di avere un Pane tutto speciale che mi toglieva la sofferenza per un istante. Come un fidanzato geloso, Gesù ha fatto attorno a me piazza pulita. Ha sciolto tutte le mie catene, avendo visto quanto fossi debole e incapace di liberarmi da sola di tutto quello con cui mi ero riempita la vita, convinta che fosse ciò che mi rendeva felice. Come il più attento e premuroso dei corteggiatori mi ha liberata da tutti i pesi, uno alla volta. Mi sono ritrovata nel silenzio di un mondo fermo, senza la mia università, senza il mio lavoro, senza il mio fidanzato, risucchiata dalla mia famiglia e da quella Cappella. Da sola, davanti a quell’Ostensorio ho iniziato a fare silenzio e così, un po’ alla volta, Lui ha cominciato a parlare. A raccontarmi di promesse belle e incredibili che aveva in mente per me, a dirmi che c’era una felicità vera e intatta, pronta per me, a sussurrarmi parole d’amore dolcissime, come mai prima ne avevo ascoltate. La prima reazione è stata quella istintiva di volerne di più di tutto questo, volerne sapere di più. Così il 14 giugno, giorno del Corpus Domini, ho scelto di vivere la promessa eucaristica, impegnandomi a vivere l’incontro eucaristico tutti i giorni. Quando ho iniziato a percepire che in fondo a tutto questo ci fosse qualcosa di diverso, che forse anche Gesù voleva di più da me, allora sono scappata. Terrorizzata dal dover perdere tutto quello per cui avevo faticosamente lottato, terrorizzata dall’idea di dover lasciare il mio fidanzato per provare a capire che cosa stesse succedendo. Le pochissime persone a cui confidavo alcuni pensieri e riflessioni, ossia la mia catechista e la mia madrina, mi suggerivano di vivere un tempo di discernimento vocazionale ma liquidavo con molta facilità la faccenda dicendo che questo non era possibile, che alla fine stavo bene con Andrea, non era proprio possibile che il Signore mi stesse chiedendo altro. Gesù intanto insisteva… nelle letture delle Messe quotidiane, nei canti dei frati nella chiesetta in cui andavo ogni giorno, nelle piccole rivelazioni nelle adorazioni a casa. Continuava a richiamarmi, ad attrarmi, a dirmi: “Ma vuoi capirlo che tutto quello che stai cercando, che ti affanni di trovare, in realtà sono io?”. Per tutto il mese di agosto ho provato a tenere chiuso quel cassetto, a nasconderlo, a non farci i conti. Ma Lui tornava, con insistenza, con un corteggiamento spietato che non si può condensare in poche parole. 

Ogni Celebrazione era un nuovo appuntamento e l’adorazione notturna del sabato, una cena a lume di candela. Le parole che consegnava e suggeriva al mio cuore, carezze tenerissime. Alla vigilia della Solennità di Cristo Re appuntavo: “Voglio essere tutta in Te, anche se questo mi spaventa… lasciarti il controllo. Ho bisogno del tuo amore pieno, completo, che mi dà vita e mi fa respirare! Niente di nuovo… sento mancanza e nostalgia di Te anche se ti incontro tutti i giorni. Mi manchi più di quanto possa mancarmi Andrea, mi manchi come se di Te avessi solo il ricordo del più bell’incontro della mia vita, del più bel sogno. È a Te che penso quando cerco la felicità. Ecco cosa rimane quando non c’è più niente attorno: resta solo l’amore. Alla fine, Tu verrai e mi chiederai conto dell’amore e io ho, solo quello che mi dai Tu, non ho altre scorte. L’unico amore che ho, che posso donare, è quello che ricevo da Te”.

A rileggere tutto questo, mi sento tanto stupida a non aver risposto prima! Infatti, solo all’inizio di novembre mi son decisa a parlare con Andrea, il mio fidanzato, di quello che Dio stava suggerendo al mio cuore e agli inizi di dicembre abbiamo chiuso definitivamente la nostra storia. Da allora è stato un crescendo di tenerezze e paure, di confidenze e di timore davanti ad una storia che mi appare sempre più grande. Ma questo amore di cui mi sento ricoperta so di non poterlo tenere solo per me. Il 6 giugno di quest’anno ho vissuto il mio ingresso in postulato nella Piccola Famiglia della Fraternità di Emmaus e al mio Fidanzato di ora, il mio Gesù non ho chiesto nulla se non un cuore capace di fare sempre e solo quello che vuole, di renderlo felice, di assecondarlo in tutte le sue follie d’amore e di dar vita, per Lui, ad un esercito di anime innamorate che per sempre gli rinnovino il proprio amore. Vorrei poter incontrare ancora quegli anziani del mio paese e rispondergli ad alta voce che ora so bene a chi appartengo: sono tutta di Gesù e non ho più paura di restargli legata, è solo Lui la mia felicità.




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