Il Papa ha fatto arrivare la settimana scorsa il suo Messaggio, a firma del Segretario di Stato, per la Settimana Liturgica Nazionale che si è svolta a Cremona dal 24 al 27 agosto. Un grido di allarme che, come Chiesa, dovremmo raccogliere e portare nelle nostre agende pastorali all’inizio di un nuovo anno.

L’appello parte da una Diocesi, quella appunto di Cremona che durante la pandemia ha sofferto moltissimo l’elevato numero di vittime per Covid 19. Al dolore della perdita, l’impossibilità di partecipare all’Eucaristia. Nel messaggio si legge: «È stata un’attesa dura e sofferta, illuminata dal mistero della Croce del Signore e feconda di tante opere di cura, di amore fraterno e di servizio alle persone che più hanno sofferto le conseguenze dell’emergenza sanitaria». E aggiunge: «il tempo di privazione ha consentito di avvertire l’importanza della divina liturgia per la vita dei cristiani».

È necessario rimettere Gesù al centro. Ripartire dalla Celebrazione Eucaristica domenicale. «Il Santo Padre auspica che la Settimana Liturgica Nazionale, con le sue proposte di riflessione e i momenti di celebrazione, pur nella modalità integrata in presenza e per via telematica, possa individuare e suggerire alcune linee di pastorale liturgica da offrire alle parrocchie, perché la domenica, l’assemblea eucaristica, i ministeri, il rito emergano da quella marginalità verso la quale sembrano inesorabilmente precipitare e recuperino centralità nella fede e nella spiritualità dei credenti».

La pandemia ha acutizzato un processo già in atto da tempo: l’Eucaristia domenicale non è percepita, attesa, desiderata dai cristiani come il momento più importante della settimana, il principio e la conclusione di ogni nostra attività o progetto. «Osserviamo come nella vita reale delle persone» scrive Parolin «sia mutata la percezione stessa del tempo e, di conseguenza, della stessa domenica, dello spazio, con ricadute sul modo di essere e di sentirsi comunità, popolo, famiglia e del rapporto con un territorio».

È vero: il tempo è percepito come spazio di assoluto relax o per fare shopping o per dedicarsi a quelle attività che negli altri giorni non possiamo vivere. È per lo più lo spazio dedicato a se stessi, il che non sarebbe male se fosse utilizzato per pregare, meditare, fare carità e costruire comunione ecclesiale. Provo una grande tristezza nel pensare che qualcuno, per esempio, abiti vicino alla parrocchia, senta le campane la domenica e non desideri affatto recarsi a Messa. Ripenso alle parole di suor Caterina che vive da diversi anni in Burkina Faso in uno sperduto villaggio e mi racconta come la gente pur di partecipare a Messa è disposta a fare kilometri anche a piedi o con mezzi arrangiati tra strade sterrate. E che dire di tanti fratelli che hanno dato la vita pur di essere fedeli alla Messa domenicale?

La pandemia da coronavirus fa ancora paura è vero ma dovremmo essere ancora più spaventati dall’idea di un mondo che a tutti i costi cerca di estromettere Dio dalla vita degli uomini. È tempo di ritornare a Lui con tutto il cuore, di custodire gelosamente quel fuoco che arde nell’Eucaristia e ci rende famiglia, ci rende comunità, ci rende Chiesa. Al suono delle campane raduniamoci a pregare, cantare, celebrare la gioia di essere cristiani. Se è di speranza che c’è bisogno, la si può trovare solo in Lui.

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