11 Settembre 2021

Restare fedeli

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 6,43-49)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d’altronde albero cattivo che produca un frutto buono. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dagli spini, né si vendemmia uva da un rovo.
L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda.
Perché mi invocate: “Signore, Signore!” e non fate quello che dico?
Chiunque viene a me e ascolta le mie parole e le mette in pratica, vi mostrerò a chi è simile: è simile a un uomo che, costruendo una casa, ha scavato molto profondo e ha posto le fondamenta sulla roccia. Venuta la piena, il fiume investì quella casa, ma non riuscì a smuoverla perché era costruita bene.
Chi invece ascolta e non mette in pratica, è simile a un uomo che ha costruito una casa sulla terra, senza fondamenta. Il fiume la investì e subito crollò; e la distruzione di quella casa fu grande».

Il commento

«Perché mi invocate: “Signore, Signore!” e non fate quello che dico?» (6,46). È una domanda carica di amarezza che lascia intravedere la delusione di Dio quando la sua parola resta alla superficie, non irriga il terreno degli affetti e dei pensieri. Insomma, non trova una vera accoglienza. Da notare che qui si parla dei discepoli. Tutto questo accade perché non abbiamo abbastanza fiducia in Dio. Credere significa dare credito a Dio, accogliere la sua Parola e fidarsi delle sue promesse, senza essere esigenti e tempestivi nel chiedere la restituzione con gli interessi. È così che ha fatto Abramo, nostro padre nella fede: ha creduto senza vedere ed ha continuare a credere anche quando la Parola non portava i frutti sperati. Tutta la sua vita è segnata dalla promessa di una discendenza numerosa e di una terra (Gen 12, 1-9). Eppure quando arriva il momento di chiudere gli occhi nulla di tutto questo si è realizzato: aveva solo un figlio e un piccolo pezzo di terra. Nient’altro che questo! Abramo si è fidato, non muore con il rimpianto di aver inseguito un’illusione ma con la certezza di aver obbedito a Dio. La tentazione di misurare la vita con le nostre attese è molto diffusa, più di quello che appare; e può diventare una palude nella quale prima o poi c’impantaniamo. Se invece ci fidiamo di Dio, non mettiamo in dubbio le scelte che abbiamo fatto in obbedienza al Vangelo. Se necessario, cerchiamo di raddrizzare alcune cose ma in buona sostanza restiamo fedeli alla chiamata ricevuta. Ascoltare e mettere in pratica significa imparare a misurare la vita con il Vangelo, anche quando costa e chiede più sacrifici di quelli che all’inizio abbiamo messo in conto o di quelli che pensavamo di poter sopportare.

Oggi chiediamo al Signore la grazia di affrontare le difficoltà e i problemi come una prova che leviga il cuore e lo rende capace di amare gratuitamente. Con l’aiuto della Santa Vergine, testimone luminosa della fedeltà, ci impegniamo a fondare la vita su Gesù per restare in piedi quando arrivano le tempeste.



Briciole di Vangelo

di don Silvio Longobardi

s.longobardi@puntofamiglia.net

“Tutti da Te aspettano che tu dia loro il cibo in tempo opportuno”, dice il salmista. Il buon Dio non fa mancare il pane ai suoi figli. La Parola accompagna e sostiene il cammino della Chiesa, dona luce e forza a coloro che cercano la verità, indica la via della fedeltà. Ogni giorno risuona questa Parola. Ho voluto raccogliere qualche briciola di questo banchetto che rallegra il cuore per condividere con i fratelli la gioia della fede e la speranza del Vangelo.


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Silvio Longobardi

Silvio Longobardi, presbitero della Diocesi di Nocera Inferiore-Sarno, è l’ispiratore del movimento ecclesiale Fraternità di Emmaus. Esperto di pastorale familiare, da più di trent’anni accompagna coppie di sposi a vivere in pienezza la loro vocazione. Autore di numerose pubblicazioni di spiritualità coniugale, cura per il magazine Punto Famiglia la rubrica “Corrispondenza familiare”.

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