Dal Vangelo secondo Luca (Lc 11,1-4)
Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli».
Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite:
Padre,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno;
dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano,
e perdona a noi i nostri peccati,
anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore,
e non abbandonarci alla tentazione».
Il commento
“Quando pregate, dite” (11,2). L’insegnamento di Gesù nasce da una domanda indiscreta e bellissima che pochi (anche oggi) hanno il coraggio di fare. Tutti sono pronti a chiedere qualcosa, quel giorno invece uno dei discepoli pose questa domanda: “Signore, insegnaci a pregare” (11,1). Che cosa voleva sapere? L’ebreo conosceva a memoria tante formule oranti, facevano parte del suo patrimonio religioso e culturale. L’evangelista annota che la domanda viene posta dopo aver visto il Maestro che prega (11,1). La richiesta non nasce dalla semplice curiosità ma dallo stupore, evidentemente quel discepolo era rimasto colpito dal modo con cui Gesù pregava e gli chiede di poter vivere la stessa esperienza. Ad una prima lettura, Gesù in-segna una formula, in realtà consegna uno stile orante, un modo di pregare. La prima e più importante novità la troviamo nella parola iniziale: “Quando pregate, dite: Padre” (11,2). Quest’appellativo dà un preciso orientamento all’esperienza orante: pregare non significa soltanto stare dinanzi a Dio ma incontrare e conoscere il volto paterno di Dio. Quando di mettiamo in preghiera non ci limitiamo a chiedere qualcosa ma ci disponiamo ad incontrare Qualcuno: non un Dio lontano e irraggiungibile ma il Padre, Colui che per amore ci ha creato e con amore si prende cura di noi.
Questa coscienza non resta confinata nei tempi canonici della preghiera ma plasma tutta la vita. Pregare significa aprire la carta d’identità e prendere sempre nuovamente coscienza di essere figli di Dio. Quest’espressione purtroppo è diventata scontata. In realtà è questa la bella notizia: la nostra esistenza, apparentemente fragile e carica di limiti, appartiene alla storia di Dio ed è una storia che sfida i secoli. Riconoscere i genitori che ci hanno dato la vita ci fa sentire parte di una famiglia e vince l’anonimato. Si tratta però di una vita destinata a consumarsi, porta in sé una data di scadenza. Essere figli di Dio, invece, significa ricevere una vita che dura per sempre. Recitando lentamente il Padre nostro, oggi chiediamo di vivere come figli infinitamente amati.
Briciole di Vangelo
di don Silvio Longobardi
s.longobardi@puntofamiglia.net
“Tutti da Te aspettano che tu dia loro il cibo in tempo opportuno”, dice il salmista. Il buon Dio non fa mancare il pane ai suoi figli. La Parola accompagna e sostiene il cammino della Chiesa, dona luce e forza a coloro che cercano la verità, indica la via della fedeltà. Ogni giorno risuona questa Parola. Ho voluto raccogliere qualche briciola di questo banchetto che rallegra il cuore per condividere con i fratelli la gioia della fede e la speranza del Vangelo.
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stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).
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