CORRISPONDENZA FAMILIARE

Appena nato, porta già le stigmate. Dinanzi alla disabilità…

11 Ottobre 2021

Presentazione di Cristo al Tempio

Alvaro Pirez, The Presentation in the Temple (particolare), The Metropolitan Museum of Art - New York

Come affrontare il dolore di due genitori che si trovano davanti alla disabilità di un figlio? Se c’è da affrontare il dolore, vuol dire che anch’esso fa parte della storia salvifica. È questa la fede che dobbiamo chiedere per i genitori di bambini disabili.

Molti anni fa rimasi colpito dalla testimonianza di una giovane coppia di sposi che vivevano con gioia e trepidazione la nascita del loro primo figlio. Comunicano così la notizia a Gigi De Fabiani, loro amico e giornalista: “È nato. Doveva essere Natale. È passione. Il bambino porta già le stigmate: ha un grave handicap. Sarà passione per lui, per noi per tutti i giorni della vita. Gigi, perché tutto questo?”. Una domanda che risuona tante volte, con la stessa drammatica intensità, ogni volta che una mamma e un papà ricevono la notizia che il loro bambino porta nella carne una ferita. Una domanda che spesso rimane senza risposta e lascia nel cuore tanta paura. 

In questo mese, in cui la fede dei credenti invoca la Vergine Maria con particolare fervore, vi propongo di meditare la pagina evangelica della Presentazione di Gesù al Tempio (Luca 2,22-36). Con la gioia di due giovani genitori Maria e Giuseppe entrano nel luogo santo portando in braccio un Bambino che porta in sé tutta la pienezza di Dio. Loro sanno che quel bambino non è frutto della carne. Si recano nel Tempio per compiere fedelmente quanto è scritto nella Legge. Vanno con la fede degli umili. L’evangelista non racconta nessun dettaglio di questo rituale antico e suggestivo, si sofferma invece sull’incontro con Simeone, un uomo che non ha mai smesso di attendere nonostante il passare degli anni. I capelli sono bianchi ma il cuore è rimasto giovane. 

Leggi anche: La disabilità? Un altro modo di “essere nel mondo

Parla con l’autorità degli antichi profeti, le sue parole rappresentano un “secondo annuncio a Maria” (Giovanni Paolo II) e sono ben diverse da quelle dell’angelo. Simeone proclama Gesù “luce per le genti” ma dice anche che sarà “segno di contraddizione” (2,34); lo presenta come “gloria d’Israele” ma aggiunge anche che la sua opera determina “la caduta e la resurrezione di molti in Israele” (2, 34). Nello stesso giorno e nello stesso luogo abbiamo due profezie che, almeno apparentemente, sono molto diverse, anzi radicalmente incompatibili. La differenza, scrive Giovanni Paolo II, si spiega col fatto che nella prima profezia risplende l’identità divina del bambino, nella seconda si parla della “concreta dimensione storica nella quale il Figlio compirà la sua missione” (Redemptoris Mater, 16). Quando contempliamo l’identità di Gesù, il cuore s’illumina e si riscalda, la sua Presenza infatti è fonte di consolazione e di speranza. Ma quando iniziamo a camminare con Lui, scopriamo che la sequela ci conduce sulla via della croce. In questo caso l’iniziale entusiasmo viene meno, emerge la fatica e, non raramente, la paura. La fede si scontra con la realtà. 




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Silvio Longobardi

Silvio Longobardi, presbitero della Diocesi di Nocera Inferiore-Sarno, è l’ispiratore del movimento ecclesiale Fraternità di Emmaus. Esperto di pastorale familiare, da più di trent’anni accompagna coppie di sposi a vivere in pienezza la loro vocazione. Autore di numerose pubblicazioni di spiritualità coniugale, cura per il magazine Punto Famiglia la rubrica “Corrispondenza familiare”.

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