Un bambino durante il laboratorio di catechismo in una parrocchia del casertano disegna personaggi strani. Il sacerdote capisce subito e gli chiede se fossero i protagonisti di Squid Game. Il bambino annuisce. In alcune scuole del Belgio ragazzini di 10 anni sono tornati a casa in lacrime con lividi su volto e corpo, provocati da schiaffi, colpi e strattoni inflitti dai compagni di classe. Hanno replicato il gioco 1, 2, 3 stella del primo episodio, sostituendo in maniera meno pesante le punizioni inflitte a chi viene eliminato dal gioco.
Che cos’è Squid Game? La serie tv sudcoreana in cima alle classifiche dei contenuti più visti su Netflix in quasi tutti i Paesi in cui il servizio di streaming è attivo. Nella serie i 456 partecipanti devono superare delle prove di giochi apparentemente infantili e chi non riesce è ucciso. Sinceramente non mi interessa molto entrare nella serie e dirò subito che non l’ho vista e non la vedrò. Ho interrogato alcuni ragazzi che l’hanno vista e la loro risposta è stata: “Non è più violenta di tante altre serie su Netflix. Solo che questa è più popolare”. Quindi il problema non è in sé Squid Game e nemmeno la morale che si può o non si può generare dietro a questa serie perché c’è chi parla di dialoghi profondi tra i protagonisti.
L’unica cosa che mi interessa è questa: perché la vedono i bambini sotto i 14 anni anche se è vietata? Se c’è il divieto, c’è la motivazione non credete? Significa che i bambini non sono in grado con la loro struttura psichica di smaltire certe immagini. Tra l’altro la mia domanda è ingenua perché non basta più rispondere in modo approssimativo con i dispositivi di controllo video come il parental control. La diffusione dei social network, e i loro mancati controlli in fase di iscrizione e accesso, consente anche agli under 13 di accedere alle bacheche virtuali, in particolare di TikTok, e muoversi tra immagini e video di serie a loro negate. E proprio Squid Game come tante altre, sui social, tra meme, parodie, spezzoni, recensioni e dietro le quinte, è già ovunque.
Tutto questo mi inquieta molto. Il male si intrufola nella mente dei nostri figli in modo subdolo entrando per quella porta sempre aperta dello smartphone o della Tv. Noi pensiamo che i nostri figli siano al sicuro nelle loro camerette, a casa con i nonni o le tate e invece è proprio lì che si consuma l’arruolamento alla violenza e al gioco che si trasforma in punizioni da infliggere. Dobbiamo ammettere di essere molto superficiali e che non basta vietare qualcosa senza fornire le ragioni della scelta. Liquidiamo tutto facendo spallucce o peggio cerchiamo il buono dove il buono non c’è. E intanto i veri educatori dei nostri figli sono gente senza scrupolo che muove i fili delle serie televisive e dei social. Io non dimentico la storia degli ultimi anni. Ragazzini che per emulare personaggi delle serie hanno perso la vita. Squid Game o altro il problema è: i genitori ci sono? Hanno la capacità di aiutare i figli a sviluppare il senso critico? È possibile rivolgersi a chi ha la competenza? Dove? Come? E sinceramente mi rode un’altra domanda: le immagini di violenza sono proprio necessarie? Lo dico ai buonisti che dall’alto delle loro cattedre cercano ovunque il bene. Per me, no. E a dirlo è un buon Maestro!
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