18 Ottobre 2021

Squid Game, il problema non è la violenza

Un bambino durante il laboratorio di catechismo in una parrocchia del casertano disegna personaggi strani. Il sacerdote capisce subito e gli chiede se fossero i protagonisti di Squid Game. Il bambino annuisce. In alcune scuole del Belgio ragazzini di 10 anni sono tornati a casa in lacrime con lividi su volto e corpo, provocati da schiaffi, colpi e strattoni inflitti dai compagni di classe. Hanno replicato il gioco 1, 2, 3 stella del primo episodio, sostituendo in maniera meno pesante le punizioni inflitte a chi viene eliminato dal gioco.

Che cos’è Squid Game? La serie tv sudcoreana in cima alle classifiche dei contenuti più visti su Netflix in quasi tutti i Paesi in cui il servizio di streaming è attivo. Nella serie i 456 partecipanti devono superare delle prove di giochi apparentemente infantili e chi non riesce è ucciso. Sinceramente non mi interessa molto entrare nella serie e dirò subito che non l’ho vista e non la vedrò. Ho interrogato alcuni ragazzi che l’hanno vista e la loro risposta è stata: “Non è più violenta di tante altre serie su Netflix. Solo che questa è più popolare”. Quindi il problema non è in sé Squid Game e nemmeno la morale che si può o non si può generare dietro a questa serie perché c’è chi parla di dialoghi profondi tra i protagonisti.

L’unica cosa che mi interessa è questa: perché la vedono i bambini sotto i 14 anni anche se è vietata? Se c’è il divieto, c’è la motivazione non credete? Significa che i bambini non sono in grado con la loro struttura psichica di smaltire certe immagini. Tra l’altro la mia domanda è ingenua perché non basta più rispondere in modo approssimativo con i dispositivi di controllo video come il parental control. La diffusione dei social network, e i loro mancati controlli in fase di iscrizione e accesso, consente anche agli under 13 di accedere alle bacheche virtuali, in particolare di TikTok, e muoversi tra immagini e video di serie a loro negate. E proprio Squid Game come tante altre, sui social, tra meme, parodie, spezzoni, recensioni e dietro le quinte, è già ovunque.

Tutto questo mi inquieta molto. Il male si intrufola nella mente dei nostri figli in modo subdolo entrando per quella porta sempre aperta dello smartphone o della Tv. Noi pensiamo che i nostri figli siano al sicuro nelle loro camerette, a casa con i nonni o le tate e invece è proprio lì che si consuma l’arruolamento alla violenza e al gioco che si trasforma in punizioni da infliggere. Dobbiamo ammettere di essere molto superficiali e che non basta vietare qualcosa senza fornire le ragioni della scelta. Liquidiamo tutto facendo spallucce o peggio cerchiamo il buono dove il buono non c’è. E intanto i veri educatori dei nostri figli sono gente senza scrupolo che muove i fili delle serie televisive e dei social. Io non dimentico la storia degli ultimi anni. Ragazzini che per emulare personaggi delle serie hanno perso la vita. Squid Game o altro il problema è: i genitori ci sono? Hanno la capacità di aiutare i figli a sviluppare il senso critico? È possibile rivolgersi a chi ha la competenza? Dove? Come? E sinceramente mi rode un’altra domanda: le immagini di violenza sono proprio necessarie? Lo dico ai buonisti che dall’alto delle loro cattedre cercano ovunque il bene. Per me, no. E a dirlo è un buon Maestro!


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Giovanna Abbagnara

Giovanna Abbagnara, è sposata con Gerardo dal 1999 e ha un figlio, Luca. Giornalista e scrittrice, dal 2008 è direttore responsabile di Punto Famiglia, rivista di tematiche familiari. Con Editrice Punto Famiglia ha pubblicato: Il mio Giubileo della Misericordia. (2016), Benvenuti a Casa Martin (2017), Abbiamo visto la Mamma del Cielo (2016), Il mio presepe in famiglia (2017), #Trova la perla preziosa (2018), Vivere la Prima Eucaristia in famiglia (2018), La Prima Comunione di nostro figlio (2018), Voi siete l'adesso di Dio (2019), Ai piedi del suo Amore (2020), Le avventure di Emanuele e del suo amico Gesù (2020), In vacanza con Dio (2022).

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