“La Scienza sa che non sono pezzi di carne. Perché li uccide?”

UNPLANNED

Foto: Scena del film Unplanned (www.unplanned.it)

Sono stata a vedere il film “Unplanned” insieme a mia figlia. Sapevo che c’erano immagini forti e avrei voluto proteggerla ma lei ha voluto vedere tutto. Sono serviti giorni perché metabolizzasse il dolore e poi il sangue e alla fine mi ha chiesto: “Se i bambini abortiti vengono ricostruiti sui vetrini per controllare che ci siano tutti i pezzi, vuol dire che la scienza sa che non è un grumo di sangue”.

Questa mattina scorro le notizie tra le agenzie di stampa come di consueto e, finalmente, leggo una notizia che mi allieta il cuore, a batterla è una delle agenzie più gettonate, l’Ansa. “Unplanned fa il pieno al Metropolitan di Napoli” oltre 300 gli spettatori, per una serata-evento che smaschera l’aborto attraverso la testimonianza di Abby Johnson. Questo solo nella serata del 18 novembre, ma io sono stata a vedere il film martedì 16 novembre nel mio paese alle pendici del Vesuvio, Poggiomarino, dove il Cinema Eliseo ha registrato forse uno dei pochi “tutto esaurito” degli ultimi anni a causa della pandemia, 210 spettatori. 

La trama del film? Non è altro che la storia, realmente accaduta, di una giovane donna, Abby Johnson appunto, piena di belle ambizioni e di grandi ideali, che ha fatto dell’aborto una questione di emancipazione femminile, fino a quando non si ritrova davanti alla realtà di un bambino, allo stato embrionale, che viene letteralmente risucchiato da un aspiratore subendo una morte atroce. Tutto succede in pochi minuti, la donna distesa sente solo una pressione nel fondo della pancia, mentre il bambino viene ridotto a pezzi, nel senso letterale del termine. Nulla di cui sconvolgerci! È quello che accade ogni giorno negli ospedali di tutto il mondo con il placet di benpensanti e subrettine che continuano a rivestire di grazia un eccidio senza precedenti né giustificazioni.

In sala erano presenti tanti giovani tra cui anche mia figlia. Ho tentato di proteggerla dalle scene più forti, ma lei mi ha detto: “No mamma, lasciami guardare. Anche se mi fa male devo vedere”. Solo dopo ho raccolto le sue impressioni. La scena che l’ha colpita di più? Non quella dell’aspirazione, ma la ricostruzione dei corpicini senza vita sui vetrini da laboratorio. “Se li deve ricostruire su un vetrino per controllare che ci siano tutti i pezzi, vuol dire che la Scienza sa che non è un grumo di sangue – mi ha detto – e fa finta di niente. Continua ad uccidere bambini innocenti, piccolissimi, solo perché una legge lo permette”.

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Ho pianto con lei e insieme abbiamo deciso di affidare durante la Messa serale tutti i bambini abortiti ogni santo giorno e, soprattutto, abbiamo deciso di affidare i medici, le mamme, i legislatori e tutti quanti sostengono l’aborto conoscendone solo la superficie. 

Nei giorni successivi alla proiezione del film ci sono arrivate anche altre testimonianze dei giovani che erano presenti in sala. “Io penso che questo film suscita veramente tante riflessioni… Ma quella su cui mi sono soffermata di più è il ruolo dei Pro-life e di chi fa un cammino di fede. A volte, come i giovani del film, sembra che l’impegno non serva a nulla eppure questa è la storia vera di una conversione nata dalla preghiera costante” (Filomena, 29 anni).

“Del film mi hanno colpito molto le scene dell’aborto sia chirurgico che farmacologico ed è da ieri sera che mi chiedo com’è possibile che ancora oggi, nel 2021, raccontino la favoletta che non succede niente, che è una semplice operazione oppure una semplice compressa. E la gente ci crede perché nessuno dice il contrario, non c’è informazione a riguardo. È vero le scene sono abbastanza forti ma se tutti le guardassero il problema si risolverebbe a priori, perché nessuno considererebbe più quest’opzione” (Marilena, 22 anni).

Altre due proiezioni sono previste venerdì 19 e sabato 20 novembre al “Teatro Italia” di Acerra sempre in provincia di Napoli. Da madre e da donna ringrazio Abby Jhonson per il coraggio di opporsi al sistema e di combattere per ciò in cui crede. Le stesse ragioni per cui ringrazio Federica Picchi, responsabile della Dominus Production, la casa di distribuzione cinematografica grazie alla quale possiamo vedere il film in Italia. La mia più grossa speranza è che tra gli spettatori nei prossimi appuntamenti, ci siano anche molte persone che sostengono l’aborto.




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Ida Giangrande

Ida Giangrande, 1979, è nata a Palestrina (RM) e attualmente vive a Napoli. Sposata e madre di due figlie, è laureata in Lettere Moderne presso l’Università degli Studi di Napoli, Federico II. Ha iniziato a scrivere per il giornale locale del paese in cui vive e attualmente collabora con la rivista Punto Famiglia. Appassionata di storia, letteratura e teatro, è specializzata in Studi Italianistici e Glottodidattici. Ha pubblicato il romanzo Sangue indiano (Edizioni Il Filo, 2010) e Ti ho visto nel buio (Editrice Punto famiglia, 2014).

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