Salviamo il Natale, sì ma quale?

18 Dicembre 2021

Pastore

Ricordate Benino? Nella tradizione napoletana legata al presepe è il pastore che dorme. Sembra indifferente a quello che sta accadendo, ma non è così. Benino è l’incarnazione dell’umanità prima dell’avvento di Cristo. Non a caso è proprio lui che poco dopo la nascita del Bambino, ritroviamo in ginocchio nella grotta a contemplare il Dio della meraviglia con lo stupore tipico di chi riconosce la grazia.


In questi giorni abbiamo letto dai giornali e sentito in TV, dalle labbra di molti uomini influenti, l’espressione: “Se vogliamo salvare il Natale…”. Quest’affermazione mi ha un po’ inquietata. Non era il Natale che salvava l’uomo? Il Natale è ancora la nascita del Redentore? O è diventato altro? Dialogando in famiglia e con gli studenti a scuola su questo punto, ho provato a chiarire un poco ciò che della questione mi dà fastidio. Ho ritenuto opportuno portare l’attenzione degli altri su un personaggio apparentemente secondario, ma importante, del presepe napoletano che molti, ormai, hanno dimenticato. Si chiama Benino ed è il pastore che dorme. Questo pastore, che secondo qualche tradizione sarebbe anche sciocco, sembra incarnare tutta l’umanità dormiente e disillusa. Un’umanità che vaga nelle tenebre senza avere una meta ben precisa. Un’umanità, mi permetto di dire oggi, che pensa di “salvare il Natale” imprigionandolo nel puro consumismo senza aprire il cuore alla Luce Vera che risplenderà per tutti, nuovamente, nella grotta di Betlemme. Ebbene, Benino incarna l’umanità prima dell’avvento di Cristo. Prima che Dio s’incarnasse ed assumesse, con amore, la condizione umana, prima dell’admirabile commercium che celebreremo nella solenne Veglia di Natale. Benino, però, è anche il pastore sognatore. Quando una persona dorme, sogna sempre, a prescindere dal fatto che ricordi o meno i sogni vissuti. Il sogno è una parte importante dell’uomo che rispecchia la serenità o l’inquietudine della propria coscienza. Il sogno è importante anche nella Bibbia. Dio, per esempio, si rivela nei sogni. Pensiamo a Giuseppe venduto dai fratelli, che trova grazia presso il faraone per la sua capacità di interpretare i sogni, oppure al sogno di Giacobbe, o a Giuseppe, sposo di Maria, che attraverso il sogno, non solo capisce che Maria era stata sincera, ma anche che deve portare il bambino in Egitto per difenderlo da Erode.

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Il sogno, a volte, può essere un sentiero rivelatore di un percorso che ci fa giungere alla Verità, che per i credenti è Cristo. Benino, il pastore sognatore, viene collocato nella parte più alta del presepe napoletano proprio ad indicare il percorso che ogni persona deve compiere per raggiungere Dio. Il percorso parte dallo sfiorare la Verità attraverso il sogno per poi passare alla realtà della nostra vita, al risveglio, alla consapevolezza del porsi in cammino verso Cristo. Benino inizia un cammino, evidentemente. Per giungere alla Verità, però, bisogna camminare assieme, ecco perché sul presepe troviamo molti personaggi diversi. Il Messaggio è chiaro. Nonostante le diversità di ciascuno, siamo chiamati alla fraternità per poter contemplare l’unica Verità. Benino, nella tradizione napoletana, non è un fannullone pigro, ma un ragazzo che intravede attraverso il sogno tutto ciò che avviene nella grotta di Betlemme. Quando è svegliato dal padre Armenzio, il ragazzo, infatti, gli racconta ciò che ha visto nell’oscurità della grotta di Betlemme. Egli racconta di aver visto un Sole triplicato (come non vederci un’allusione alla Santissima Trinità?) che irradia una luce soprannaturale che non dà fastidio alla vista. In mezzo a quello splendore, Benino intravede un bellissimo bambino con un volto di paradiso. Il sogno di Benino è solo la premessa di ciò che stava accadendo. Ritroviamo, infatti, Benino, il giorno della nascita, in ginocchio davanti alla grotta, con la bocca spalancata perché scopre che il suo sogno era un’anticipazione della verità. È l’unico pastore che adora il Cristo a mani vuote. Egli porta il suo stupore, la sua meraviglia. Benino, da pastore dormiente, diventa il pastore della meraviglia perché contempla l’opera di Dio. Diventa, così, icona della fede. Il pastore della meraviglia resta senza fiato perché Dio si fa uomo per permettere ad ogni uomo di diventare Dio, di unirsi totalmente a Lui diventando una sola carne. 

Il riferimento matrimoniale del Natale sì è un poco perso lungo i secoli. “Sposo mio, amato Dio” cantava sant’Alfonso Maria de’ Liguori nella celebre Tu scendi dalle stelle: egli vedeva chiaramente l’unione delle due nature, il matrimonio tra il Dio Trinitario e la creatura fatta a sua immagine. Che meraviglia! L’umanità, oggi, non ha bisogno di salvare il Natale. Ha, piuttosto, bisogno di sognare nuovamente sfiorando la verità e ponendosi in cammino, come Benino, verso quel Dio che si è fatto bambino per donarci la luce, quella vera, quella che ci ridona la gioia, la serenità e la pace duratura dei cuori, rendendoli capaci di quell’amore forte ben più della morte.

Quando ho raccontato questa storia, retaggio delle nostre radici cristiane e napoletane, i ragazzi ascoltavano assomigliando a Benino: erano tutti con bocca ed occhi spalancati. Questo ci fa ben sperare perché il cuore dell’uomo è ancora aperto all’accoglienza della vera Luce. Sta a noi adulti porci in cammino assieme a loro. L’espressione “salvare il Natale” indica, posta in bocca ai politici che l’hanno pronunciata, l’intenzione di salvare tutta quell’aurea dolciastra e melliflua fatta di finti e temporanei buoni sentimenti che, almeno il giorno di natale, ognuno dovrebbe “sentire”. Un’atmosfera che si scioglie nel più effimero consumismo, che tutto fa tranne che salvare. Salvare il Natale viene quasi a significare “salviamo” tutto ciò che col Natale vero ha poco a che vedere. Si spiega benissimo, in questo modo, il documento di matrice europea che chiedeva di sostituire la parola Natale con una più generica “festività”. Per i credenti, non è così. Il colore rosso che imperversa dappertutto è un fortissimo richiamo al sangue che verserà quel bambino sulla croce proprio per mostrarci quell’amore mai visto prima sulla terra. Sarà quell’oblazione definitiva che salverà tutti coloro che vogliono seguirne l’esempio, con la Grazia di Cristo. A coloro che lo hanno accolto, scrive Giovanni nel suo meraviglioso e densissimo Prologo, Dio ha dato il potere di diventare come Lui, di amare da Dio, di costruire Paradiso. Chi è aperto a tale orizzonte ha solo da rimanere meravigliato come e più di Benino e sa benissimo che, di fronte ad un tale dono, egli, anche portando tutto ciò che può, in realtà si presenta a mani vuote. Chi vive il Natale così, sa di poter attingere alla sorgente per creare un mondo nuovo, migliore, più giusto. Tutti gli altri continuino a salvare questo Natale, simbolo dell’ingiustizia imperante su questa terra. 




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Assunta Scialdone

Assunta Scialdone, sposa e madre, docente presso l’ISSR santi Apostoli Pietro e Paolo - area casertana - in Capua e di I.R.C nella scuola secondaria di Primo Grado. Dottore in Sacra Teologia in vita cristiana indirizzo spiritualità. Ha conseguito il Master in Scienze del Matrimonio e della Famiglia presso l’Istituto Giovanni Paolo II della Pontificia Università Lateranense. Da anni impegnata nella pastorale familiare diocesana, serve lo Sposo servendo gli sposi.

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