“Ho annullato il mio matrimonio perché per lui era una cerimonia e per me una Celebrazione”

tristezza, aborto

(foto: di ker_vii - Shutterstock.com)

Oggi vi racconto la storia di Giada: “Al corso di preparazione al Matrimonio gli hanno chiesto se anche per lui il sacramento era per sempre. Ha risposto di no ed io non sono riuscita a sopportarlo. Come avrei fatto a sposare uno che se le cose non vanno bene mi lascia e se ne va?”. 

Quando fai un lavoro come il mio può capitare di ricevere messaggi, lettere o richieste di amicizia che ti permettono di entrare nella storia delle persone per comprendere che non tutto è come sembra. La vicenda che sto per raccontarvi, ad esempio, mi dice che non è vero che i giovani non credono più nel Matrimonio e che invece desiderano sentirsi dire che sarà per sempre. Hanno il bisogno di credere in qualcosa che non muore, in un legame che unisce le persone nel bene o nel male. 

Lei si chiama Giada (nome di fantasia), è una ragazza molto bella, giovane e piena di voglia di vivere. Ha 24 anni e studia giurisprudenza. “Voglio fare il giudice, perché credo nella giustizia” mi dice poco prima di entrare nel vivo del suo racconto. Si era fidanzata con Antonio (nome di fantasia), quando aveva sedici anni. Era stato il suo primo amore, il suo primo bacio e poi… la sua prima volta. Era stato tutto “normale” di quella normalità che sembra tanto confondersi con la scontatezza. Fino al giorno in cui “per qualche strana ragione” lui le chiese di sposarlo. A dire il vero non fu proprio una richiesta ma quasi un passaggio obbligato. “Quando gli domandai perché voleva sposarmi mi rispose: perché dopo tanti anni di fidanzamento o ci si sposa o ci si lascia”. Non era esattamente questa la risposta che Giada avrebbe voluto sentire, ma se la fece bastare. Antonio era fatto così, lei lo conosceva bene ormai. Non gli piaceva parlare d’amore, non era il tipo da frasi romantiche, o cene a lume di candela e non era nemmeno il tipo da attenzioni particolari. “Mandava a quel paese quelle a cui voleva bene. Sua madre ed io eravamo le vittime del nervosismo che accumulava a lavoro. Ci hanno abituate a credere che una donna deve comprendere, assecondare, che deve saper prendere l’uomo ma io ci stavo male. Avrei voluto che mi parlasse dei suoi problemi, non che mi trattasse male e basta. Mai un grazie, mai uno scusa, mai… nulla”. 

Prima di un Matrimonio celebrato in Chiesa, si sa, c’è il corso di preparazione da frequentare. Ovviamente per Antonio c’era sempre qualcosa di più importante da fare: il lavoro, la partita con gli amici, quella alla televisione. “Tanto il prete non dice niente. Prende le presenze ma alla fine mica non ci fa sposare”. Il guaio era che a tenere il corso non era un sacerdote, ma una coppia di sposi molto ferrata sull’argomento coniugalità. In una delle poche volte in cui Antonio si decise ad andare all’incontro, i catechisti chiesero: “Pensate che il matrimonio sia per sempre o prendete in considerazione l’idea di lasciarvi?”. Giada rispose seccamente “per sempre” mentre Antonio disse che per lui il matrimonio poteva anche finire. Anzi, se le cose non andavano bene, “doveva” finire.

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“Non so spiegare il livello di frustrazione che questa cosa mi generò dentro – racconta Giada – . Quando uscimmo dalla parrocchia, io che ero sempre piena di cose da dire, feci silenzio. Ero sconvolta, confusa e arrabbiata. Come avevo fatto a restare accanto ad una persona per così tanto tempo senza sapere quale fosse davvero la sua idea di matrimonio e di amore? Come avrei fatto a sposare uno che se le cose non vanno bene mi lascia e se ne va?  E cosa vuol dire che le cose non vanno bene?”. Domande lecite per chi prende sul serio il Matrimonio cristiano. Giada non riusciva a cancellare quei dubbi. Le parole di Antonio l’avevano ferita, era come se, di punto in bianco, avesse scoperto un altro volto dell’uomo che amava, un volto che non aveva mai visto prima. Così decise di chiedere aiuto alla coppia di catechisti che teneva il corso. Chiese un colloquio privato, i due le aprirono le porte della loro casa. “Mi spiegarono che la scelta di sposarsi davanti a Dio non può essere fatta senza la certezza di essere stati chiamati a condividere la propria vita. Pensati fin dal grembo materno l’uno per l’altra. Un matrimonio non è un tentativo che se non riesce si cancella e si riparte. Essere marito e moglie vuol dire avere la consapevolezza che i problemi arriveranno e che nonostante tutto resterò fedele, perché lui è l’altra parte di me ed io non posso recidere una parte di me”.

Parlando con quella coppia Giada si rese conto di essere sulla strada sbagliata, che forse lui non era pronto per una scelta così importante e nemmeno lei. “Provai a comunicargli quello che avevo capito. Avrei voluto che anche lui come me si mettesse in ascolto, per crescere insieme, per sposarci nel modo più giusto possibile. Ma lui non comprese. Mi disse che i catechisti mi avevano fatto il lavaggio del cervello e che io mi ero rincretinita. Forse aveva ragione, ma rincretinita o no decisi che non mi sarei sposata. Non con lui, non così e non in quel momento”. Non fu facile comunicarlo alle famiglie. Giada si ritrovò contro anche suo padre e sua madre che si vergognavano all’idea di disdire il ristorante e di annullare la data già fissata da tempo. “Per loro era solo una cerimonia, per me una Celebrazione. E in una Celebrazione non si scherza”. Tutto questo portò, ovviamente, alla fine della storia tra Giada e Antonio. Dirsi addio, dopo aver condiviso tanti anni insieme, non fu facile. “Sono stata davvero male. Mi ero abituata alla sua presenza, ma quando provavo a dargli una opportunità mi scontravo con quell’aspetto di lui così acerbo e disincantato. Capivo sempre di più che non era lui l’uomo che Dio aveva pensato per me e un giorno ho deciso di farla finita e di dare a me l’opportunità di trovare il mio destino”. Quando le chiedo cosa sta aspettando ora mi dice: “Un uomo che abbia il coraggio di scommettere sul per sempre. Che mi chieda di sposarlo perché lo desidera, perché mi ha scelta tra tutte le donne del mondo come la compagna della sua vita, la madre dei suoi figli, la moglie con cui invecchiare e con cui affrontare questa vita difficile e insidiosa. Se non sarà così non mi sposerò. Il Matrimonio è una cosa troppo importante per viverla in maniera superficiale, come una scelta tra tante altre. Io la voglio fare bene e la voglio fare mano nella mano con Dio”.




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Ida Giangrande

Ida Giangrande, 1979, è nata a Palestrina (RM) e attualmente vive a Napoli. Sposata e madre di due figlie, è laureata in Lettere Moderne presso l’Università degli Studi di Napoli, Federico II. Ha iniziato a scrivere per il giornale locale del paese in cui vive e attualmente collabora con la rivista Punto Famiglia. Appassionata di storia, letteratura e teatro, è specializzata in Studi Italianistici e Glottodidattici. Ha pubblicato il romanzo Sangue indiano (Edizioni Il Filo, 2010) e Ti ho visto nel buio (Editrice Punto famiglia, 2014).

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