CORRISPONDENZA FAMILIARE

Contro la retorica della solidarietà… Ripartiamo dal Natale

3 Gennaio 2022

Oggi corriamo il rischio di confondere la fede con un solidarismo che segue i dettami imposti dalla società. Di qui la necessità di mettere da parte i temi cosiddetti divisivi. E difatti la dignità dell’essere umano fin dal concepimento trova sempre meno spazio nella prassi ecclesiale, al contrario cresce la sensibilità e l’impegno in difesa di quelli che vengono presentati come i “nuovi diritti”. Da dove ripartire? Dall’annuncio del Natale.

Negli ultimi tempi si afferma l’immagine esclusiva di una Chiesa che si china sulle ferite dell’umanità, una Chiesa che fa concorrenza alla Croce Rossa. Una Chiesa che non cerca più di annunciare la verità dell’uomo in tutta la sua ampiezza ma si accontenta di curare le sue piaghe. Una Chiesa che non ha più la forza di opporsi al potere mediatico ma abbraccia, con sempre maggiore convinzione, le campagne di solidarietà proposte da quella stessa cultura che esalta l’aborto e rinnega la famiglia. L’ingenuo tentativo di non scontentare nessuno finisce per offrire un’immagine riduttiva e fuorviante del cristianesimo. Corriamo seriamente il rischio di confondere la fede con un solidarismo che segue i dettami imposti dalla società. Di qui la necessità di mettere da parte i temi cosiddetti divisivi. E difatti la dignità dell’essere umano fin dal concepimento trova sempre meno spazio nella prassi ecclesiale, al contrario cresce la sensibilità e l’impegno in difesa di quelli che vengono presentati come i “nuovi diritti”. 

In un contesto come questo, culturalmente drogato, la celebrazione del Natale potrebbe offrire l’opportunità di raddrizzare la proposta di fede. E invece anche questa festa viene utilizzata per amplificare la retorica della solidarietà. La liturgia annuncia che solo in Cristo l’uomo viene salvato, cioè liberato dal “contagio dell’antico male”. E noi invece diamo spazio ad un’insopportabile esortazione etica in cui l’uomo appare nelle vesti di protagonista unico della storia, come se tutto dipendesse solo da noi. Uno dei prefazi di questo tempo liturgico presenta così il mistero: “Generato prima dei secoli, cominciò ad esistere nel tempo, per reintegrare l’universo nel tuo disegno, o Padre, e ricondurre a te l’umanità dispersa” (Prefazio II). Insomma, siamo un’umanità sgangherata, siamo capaci di fare tanti bei discorsi ma sostanzialmente incapaci di costruire una storia dignitosa. La venuta di Dio è un gesto di misericordia che abbatte il muro dell’orgoglio, un gesto di carità che abbraccia l’uomo peccatore, un gesto di speranza che dona all’uomo il coraggio di vivere in modo nuovo. La carità appartiene a questa novità ma è solo una conseguenza. Dalla fede, intesa e vissuta come alleanza con Dio, scaturisce la carità, intesa come alleanza tra gli uomini.

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Intendiamoci, la solidarietà è un valore da promuovere in ogni ambito della vita sociale ma… esaltare la solidarietà come impegno esclusivo dell’uomo di fatto significa negare Dio, cioè negare la necessità di essere salvati. È come dire che non abbiamo più bisogno di quella grazia che viene dall’Alto, l’uomo è intrinsecamente capace, serve solo un po’ di buona volontà. E invece, in questo tempo in cui la Scienza viene esaltata come un vero e proprio idolo, occorre dire ad alta voce che non basta la buona volontà, abbiamo bisogno di Dio: un Dio che guarisce le piaghe del cuore; ci libera dalla paura e ci dona gioia; si fa uno di noi per renderci una cosa sola con Lui. Non basta dirlo a bassa voce, questa verità deve essere gridata dai tetti. E non basta neppure dirla se poi viene annacquata in un mare di parole. 

“Il Figlio di Dio si fece uomo per fare noi, uomini, figli di Dio”, ha detto Papa Francesco. Ed è quello che chiediamo con le parole della liturgia natalizia: “Fa’ che possiamo condividere la vita divina del tuo Figlio, che oggi ha voluto assumere la nostra natura umana”. È questo il dono di Dio ed è questa la speranza che ci fa rialzare la testa. Tutto il resto è solo una conseguenza. La certezza che Dio accompagna i nostri passi apre orizzonti sconfinati e dona il coraggio di dare alla vita una veste più luminosa. La grazia dona la forza di perdonare chi ci ha deluso e di ricominciare anche quando abbiamo buoni motivi per gettare la spugna.

All’inizio di un nuovo anno abbiamo tanti buoni propositi. Ma il primo passo di un credente è sempre quello di inginocchiarsi dinanzi a Gesù e riconoscere che Lui è il Signore della storia. Lui e nessun altro. Iniziamo con una preghiera. 

Signore Gesù 
solo tu, Figlio di Dio nato da Maria, 
puoi abbattere il muro dei conflitti
e renderci fratelli. 
Solo Tu puoi vincere la paura e la sfiducia 
la tristezza e la delusione
l’indifferenza e la rassegnazione.
Solo Tu puoi suscitare il coraggio 
e ridestare la speranza.
Solo Tu puoi stimolare 
un nuovo e più convinto 
impegno di evangelizzazione.
A te consegniamo la nostra fragile umanità
custodisci i nostri desideri 
e donaci di ricominciare
per fare della vita una bella avventura 
a servizio di Dio e del prossimo.
Amen




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Silvio Longobardi

Silvio Longobardi, presbitero della Diocesi di Nocera Inferiore-Sarno, è l’ispiratore del movimento ecclesiale Fraternità di Emmaus. Esperto di pastorale familiare, da più di trent’anni accompagna coppie di sposi a vivere in pienezza la loro vocazione. Autore di numerose pubblicazioni di spiritualità coniugale, cura per il magazine Punto Famiglia la rubrica “Corrispondenza familiare”.

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