Il Papa, Fazio e quell’umanità che si è “fatta carne” ma non si vuol vedere

Papa Francesco e Fabio Fazio

Foto: Canale Youtube della Rai https://www.youtube.com/watch?v=P6CvLRUdDbI

Il Papa si è lasciato intervistare da Fabio Fazio a “Che tempo che fa”. Ne valeva proprio la pena? Tanti i giudizi e le sentenze, una sola la verità: la Chiesa vive tra le persone, nel dramma esistenziale di quella umanità smarrita che spesso non riesce a riconoscere la vita nemmeno quando c’è un cuoricino che batte già anche se non si vede.

FABIO: Nessuno di noi sceglie da chi nascere e dove nascere. Eppure chi è più fortunato si comporta come i privilegi che ha ricevuto fossero dei diritti.

FRANCESCO: Noi vediamo le ingiustizie ma c’è sempre una tentazione molto brutta: guardare da un’altra parte, non guardare. […] Non basta vedere. È necessario sentire. È necessario toccare. E qui entra quella psicologia dell’indifferenza. Vedo ma non mi coinvolgo. Non tocco e vado avanti. Quando Gesù ci parla, ci dice come dobbiamo comportarci col prossimo, ci racconta della parabola del Buon Samaritano. […] Gesù loda quello straniero che vede, si ferma, tocca e si fa carico. […] Se tu non tocchi. Il tatto è il senso più completo. Quello che ci mette la realtà nel cuore. Toccare, farsi carico dell’altro. Ma se noi guardiamo senza toccare con le nostre mani cos’è il dolore della gente, mai potremmo trovare una via. È questa la cultura dell’indifferenza: io guardo da un’altra parte, non tocco o guardo a distanza.

FABIO: Ha ragione Santo Padre. Vuol dire proprio farsi carne. Assume proprio un significato pieno.

Io partirei da qui, per dire che sì. Ne valeva la pena. Valeva la pena che Papa Francesco partecipasse a Che tempo che fa. I social sono inondati di sue citazioni. Certo, molte di queste fatte a uso e consumo di una qualche propria opinione. Tanti sottolineano l’incompletezza del messaggio, tanti altri corrono ad etichettarlo – come spesso accade – per le sue posizioni “periferiche”. Ma il Vangelo, andrebbe chiarito anche a tanti che la Chiesa la frequentano, spesso senza avere l’abitudine, poi, di uscirvi, si vive tra le persone, in carne e ossa, con le loro fragilità. Nella pienezza del dramma esistenziale di una umanità smarrita.

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Ecco che allora, accarezzati dall’icona del Buon Samaritano, Papa Francesco porta il suo intervistatore ad andare al cuore del messaggio cristiano. Non un buonismo radical chic ma il “toccare”, il “farsi carico”… Una presenza talmente forte del Vangelo da spingere Fazio a dire, testuale: «Ha ragione Santo Padre. Vuol dire proprio farsi carne»

Ecco il senso profondo della fede cristiana: un Dio incarnato, Gesù Cristo, che diventa criterio interpretante della realtà che ci circonda. Che ci invita a riconoscere il nostro prossimo nel farsi carne. Non un’idea, non un’ideologia, non un’opinione di tendenza: toccare, farsi carne. È qui che si gioca la pienezza della dignità umana. Talmente semplice e immediato da essere compreso, maieuticamente, anche da chi non mastica i testi del Magistero.

Eppure Papa Francesco lo ha ripetuto più volte nei suoi documenti: «Certe parti dell’umanità sembrano sacrificabili a vantaggio di una selezione che favorisce un settore umano degno di vivere senza limiti. In fondo, le persone non sono più sentite come un valore primario da rispettare e tutelare, specie se povere o disabili, se “non servono ancora” – come i nascituri –, o “non servono più” – come gli anziani». È la Fratelli tutti al n.18. O ancora: «Oggetto di scarto non sono solo il cibo o i beni superflui, ma spesso gli stessi esseri umani», sempre la Fratelli tutti al n.19. Ma prima, nell’Enciclica “ecologica”, la Laudato si’ al n.117 si legge: «Quando non si riconosce nella realtà stessa l’importanza di un povero, di un embrione umano, di una persona con disabilità – per fare solo alcuni esempi –, difficilmente si sapranno ascoltare le grida della natura stessa. Tutto è connesso». Ancora più esplicito un passo più avanti, al n.120: «Dal momento che tutto è in relazione, non è neppure compatibile la difesa della natura con la giustificazione dell’aborto. Non appare praticabile un cammino educativo per l’accoglienza degli esseri deboli che ci circondano, che a volte sono molesti o importuni, quando non si dà protezione a un embrione umano benché il suo arrivo sia causa di disagi e difficoltà».

Toccare, farsi carne. Forse sta proprio qui la difficoltà di quanti fanno fatica a riconoscere nel concepito un essere umano da tutelare: è qualcosa che si è fatto carne, ma non si può toccare… Qui scatta la scelta che apre le porte alla psicologia dell’indifferenza: «Vedo ma non mi coinvolgo. Non tocco e vado avanti». Caro Fabio, “toccare”, “farsi carne”, sempre. Si potrebbe ripartire proprio da qui…




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Vito Rizzo

Vito Rizzo è nato e vive ad Agropoli (SA). Avvocato e giornalista, autore e conduttore di programmi televisivi di informazione religiosa. È catechista, educatore di Azione Cattolica e direttore del Festival della Teologia “Incontri”. Oltre alla Laurea in Giurisprudenza all’Università “Federico II” di Napoli, ha conseguito la Laurea in Scienze Religiose presso l’ISSR “San Matteo” di Salerno e sta proseguendo gli studi teologici presso la Sezione “San Luigi” della Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale di Napoli. Tra le sue pubblicazioni “La Fabbrica del Talento”, Effedi editore (2012), con Milly Chiarelli “Caro Angioletto. Le preghiere con le parole dei bambini”, L’Argolibro editore (2014), con Rosa Cianciulli “Francesco. Animus Loci”, L’Argolibro editore (2018). Ha attivato un suo blog (vitorizzo.eu) su cui pubblica riflessioni e commenti e collabora alla rivista on line di tematiche familiari Punto Famiglia. Sempre con Editrice Punto Famiglia ha pubblicato “Carlo Acutis – l’apostolo dei Millennials”.

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