CORRISPONDENZA FAMILIARE

L’amore è sempre una sfida. Parola di Papa Francesco

14 Febbraio 2022

Papa Francesco

Foto Papa Francesco: giulio napolitano / shutterstock.com

Nella festa della Santa famiglia Papa Francesco ha inviato una Lettera agli sposi. Ne abbiamo già parlato ma oggi vorrei riprendere questo documento per raccogliere e offrire ai coniugi alcune provocazioni utili per custodire e coltivare l’amore che riveste di gioia la fatica della vita e fa della famiglia una bella avventura.

Nella Lettera di Papa Francesco agli sposi possiamo individuare tre punti essenziali, tre capitoli diversi e complementari di una riflessione unitaria: in primo piano appare ovviamente la dimensione coniugale; subito dopo emerge l’impegno educativo, presentato come il primo e più importante ministero che gli sposi sono chiamati ad esercitare; in ultimo, trova conferma il ministero ecclesiale che gli sposi sono chiamati a vivere. 

Il Papa parte dalla pandemia che ha offerto a tante coppie la possibilità di vivere una più intensa comunione ma ha anche aggravato i conflitti già esistenti in altre coppie, fino a determinare la separazione. Gli stessi eventi possono essere percepiti e vissuti come un’opportunità per migliorare la qualità della vita oppure come un peso che rende ancora più gravoso il cammino della vita. Dipende da noi. Chi vive nella fede impara a leggere tutto nella luce di Dio e trasforma anche il male in una benedizione. La pandemia ha generato e/o inasprito paure ed ansie in alcune famiglie; altre coppie, invece, hanno trovato nella fede il coraggio di reagire e hanno dato più spazio al dialogo coniugale e alla solidarietà fraterna. 

Gli eventi della vita sono una provocazione, cioè un invito a vivere in modo nuovo e creativo la nostra vocazione. Ovviamente nulla avviene in modo automatico, tutto è affidato alla nostra responsabilità. Scrive Papa Francesco: 

“Certamente ciò richiede uno speciale esercizio di pazienza; non è facile stare insieme tutta la giornata quando nella stessa casa bisogna lavorare, studiare, svagarsi e riposare. Non lasciatevi vincere dalla stanchezza; la forza dell’amore vi renda capaci di guardare più agli altri – al coniuge, ai figli – che alla propria fatica. […] In questo modo stare insieme non sarà una penitenza bensì un rifugio in mezzo alle tempeste”. 

Il Papa invita gli sposi a rileggere le pagine di Amoris laetitia nelle quali ha spiegato l’inno alla carità di san Paolo (nn. 90-119). Mi sembra un ottimo consiglio che consegno agli sposi per nutrire il dialogo coniugale. 

La Lettera presenta il matrimonio come un viaggio, a partire dall’esperienza di Abramo: “ciascuno degli sposi esce dalla propria terra fin dal momento in cui, sentendo la chiamata all’amore coniugale, decide di donarsi all’altro senza riserve”. Questo cammino inizia con il fidanzamento e trova il suo sigillo nella liturgia nuziale. Il riferimento ad Abramo è carico di implicazioni, in primo luogo fa pensare che l’esperienza affettiva non è un affare privato ma s’inserisce a pieno titolo nella storia salvifica, anzi rappresenta un nuovo inizio, ogni coppia è una risorsa unica e irripetibile. È bene però ricordare che fare della vita un viaggio significa mettere in conto rischi, difficoltà e fatiche. La vicenda di Abramo è un’icona eloquente di un cammino che passa attraverso il deserto, l’attesa, la delusione, gli errori, i conflitti. Non possiamo pretendere di fare il viaggio della vita in un pullman climatizzato e super-accessoriato. 

Questo cammino inizia con il fidanzamento che implica l’uscire dalla propria terra per percorrere, insieme all’altro, la strada che conduce al matrimonio. La difficoltà più grande non è quella di lasciare la terra di origine – la famiglia, le abitudini consolidate, i piccoli e grandi privilegi che hanno i figli – ma abbandonare quell’io individuale che non raramente genera una visione della vita e una prassi in cui non c’è spazio per l’altro, non ci sono le premesse per costruire una vera comunione. 

Leggi anche: Con umiltà e affetto. Il Papa scrive agli sposi

Recentemente ho avuto modo di commentare questa lettera con un gruppo di sposi del Burkina Faso. Una coppia, ormai consolidata nel cammino nuziale, ha raccolto la provocazione del viaggio e ha fatto un esempio che mi sembra particolarmente efficace: “Quando abbiamo iniziato l’avventura nuziale – peraltro si trovavano allora in un altro Paese (ndr) – abbiamo pensato che dovevamo salire su una bici. Questo significa che non c’è la possibilità di portare molti bagagli, occorre lasciare tutto e portare solo ed esclusivamente l’essenziale. Una provocazione molto significativa. Il cammino nuziale è un viaggio, deve essere un vero viaggio, gli sposi non possono far finta di camminare né possono camminare se restano attaccati all’io o al passato. Accettare il matrimonio significa andare oltre, sempre oltre, fino al giorno in cui si varcherà la soglia della vita. 

Si tratta di passare dall’io al noi, da quell’io individuale che ci chiude nella prigione dei pensieri e dei sentimenti al noi coniugale, dove risplende la carità che si apre all’altro e si traduce nella comunione coniugale. Non dico che tutto questo sia facile, anzi sono convinto che è una sfida, la più difficile ma anche quella decisiva. Se gli sposi non accettano la sfida o se ad un certo punto si ritirano, stanchi e rassegnati, il cammino s’interrompe e resta soltanto una convivenza, più o meno conflittuale. 

Chi accetta la sfida fa della vita coniugale e familiare un cammino. In questa prospettiva le diverse situazioni della vita – il passare dei giorni, l’arrivo dei figli, il lavoro, le malattie, i diversi impegni – diventano altrettante tappe di quel cammino di conversione in cui ciascuno mette da parte le esigenze individuali per vivere la comunione, rinuncia agli spazi di tranquillità per fare della casa la dimora in cui abita il Dio della vita e dell’amore. 

Tutto questo è possibile solo se l’amore viene costantemente vivificato dalla preghiera e dalla grazia dello Spirito Santo, come ricorda il Papa: “Solo abbandonandovi nelle mani del Signore potrete affrontare ciò che sembra impossibile. La via è quella di riconoscere la fragilità e l’impotenza che sperimentate davanti a tante situazioni che vi circondano, ma nello stesso tempo di avere la certezza che in questo modo la forza di Cristo si manifesta nella vostra debolezza”. 

Ma questo è un altro capitolo che dobbiamo certamente riprendere e approfondire. 

Buona festa a tutti gli sposi.




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Silvio Longobardi

Silvio Longobardi, presbitero della Diocesi di Nocera Inferiore-Sarno, è l’ispiratore del movimento ecclesiale Fraternità di Emmaus. Esperto di pastorale familiare, da più di trent’anni accompagna coppie di sposi a vivere in pienezza la loro vocazione. Autore di numerose pubblicazioni di spiritualità coniugale, cura per il magazine Punto Famiglia la rubrica “Corrispondenza familiare”.

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