
CORRISPONDENZA FAMILIARE
I figli hanno diritto di vedere. Genitori sotto inchiesta
21 Febbraio 2022

Quello che scrivo per i genitori vale per tutti gli educatori, in primo luogo docenti e catechisti. Tutti sperimentano la fatica e la delusione. Questa comune esperienza deve far pensare che una problematica così complessa richiede una più solida alleanza tra i diversi soggetti educativi.
Ho promesso che sarei ritornato sulla Lettera agli sposi di Papa Francesco. Nella vita di una famiglia il capitolo della coniugalità deve essere sempre e strettamente intrecciato con quello sulla genitorialità. Un tema sempre più ostico, una sfida che tante volte vede genitori perdenti o scoraggiati. Una missione che rasenta l’impossibile o almeno così appare a tanti sposi. Ed hanno ragione, o meglio, hanno le loro ragioni. Guai però se facciamo delle difficoltà un muro, sono piuttosto una provocazione per trovare altre risorse.
Il Papa inizia con un’osservazione pedagogica che contiene una provocazione: “Sappiate che i vostri figli – e specialmente i più giovani – vi osservano con attenzione e cercano in voi la testimonianza di un amore forte e affidabile”. E subito dopo, citando un suo precedente intervento, aggiunge: «Quanto è importante, per i giovani, vedere con i propri occhi l’amore di Cristo vivo e presente nell’amore degli sposi, che testimoniano con la loro vita concreta che l’amore per sempre è possibile!».
Il ministero educativo è fatto di parole ma, fin dall’inizio il Papa richiama il valore della testimonianza. La genitorialità inizia dalla coniugalità, è il frutto maturo di quel legame che gli sposi non si stancano di costruire e ricostruire.
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Il testo pontificio scrive che i figli hanno diritto di vedere. E non solo di vedere un “amore forte e affidabile”, tutto il contrario di quei legami fragili che oggi prevalgono; ma anche di vedere un amore che sia un segno visibile di quello che Gesù ha manifestato. La proposta, diciamolo subito, appare ed è ben più grande delle forze che gli sposi possono mettere in campo. Fare del nostro fragile amore umano un’icona dell’amore fedele di Gesù, che arriva a dare la vita per i fratelli, è qualcosa che varca il confine degli obiettivi sperati. Accade perciò a tanti genitori di ripetere la lamentazione di Mosè: “Non posso io da solo portare il peso di tutto questo popolo; è troppo pesante per me” (Numeri, 11, 14). Ed hanno ragione. Il problema è che non possono né devono portare da soli questo ministero.
Ogni volta che ci troviamo dinanzi al muro dell’impossibile, conviene rileggere la pagina evangelica dell’annunciazione e far risuonare le parole che l’angelo rivolge a Maria: “Lo Spirito Santo scenderà su di te” (Luca 1,35). Anche i discepoli, dinanzi alla radicalità proposta da Gesù, si sentono in grande imbarazzo, praticamente spacciati. Ma il Maestro li rassicura, dicendo: “Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio” (Marco, 10, 23-27).
Quello dei genitori è un amore imperfetto che tante volte, purtroppo, scade nei conflitti. Siamo così abituati che non ci facciamo più caso. E invece, a lungo andare finiscono per appesantire e inquinare la vita familiare, tolgono valore e credibilità alle parole. Forse è impossibile evitare i dissidi ma è possibile sanarli con il perdono. Ed è questo il punto di svolta. Quel ricominciare con umiltà, in nome di Gesù e in forza di quell’amore che viene da Lui, diventa un vero annuncio della fede, dice ai figli che la fede è capace di porre un argine al male e cambiare il cuore. In questo modo essi vedono nel fragile amore dei genitori l’amore fedele di Cristo che impegna a ricostruire, giorno dopo giorno, il tessuto della comunione.
Le parole del Papa sono una salutare provocazione per i genitori. Malgrado i limiti che tutti sperimentano, è bene prenderle sul serio per evitare di cadere nella palude della rassegnazione.
- Meglio riconoscere l’umana fragilità e chiedere aiuto piuttosto che alzare la bandiera della rinuncia preventiva.
- Meglio affrontare le sfide che cadere nella sterile denuncia di tutti gli ostacoli culturali e sociali che impediscono di esercitare il ruolo educativo.
- Meglio mettere in discussione se stessi e il proprio stile educativo che scaricare sugli altri, e sui figli, tutte le colpe.
- Meglio imparare a ricominciare, mille volte se necessario, che dare le dimissioni
Quello che scrivo per i genitori vale per tutti gli educatori, in primo luogo docenti e catechisti. Tutti sperimentano la fatica e la delusione. Questa comune esperienza deve far pensare che una problematica così complessa richiede una più solida alleanza tra i diversi soggetti educativi. Quello che oggi appare come un punto di arrivo di un percorso nient’affatto scontato, in realtà è il punto di partenza per affrontare con maggiore fiducia un capitolo decisivo della vita familiare e sociale.
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