Guerra e figli

L’unico antidoto contro guerra e pandemia siamo noi genitori

Ansia e depressione soffocano i nostri ragazzi. Pensando al conflitto in Ucraina infatti il 68% dei giovani si dice estremamente preoccupato e oltre 8 su 10 afferma che questo evento ha un impatto negativo sul proprio umore. Cosa possiamo fare? Come aiutare i nostri figli?

Dopo una pandemia che forse non ha avuto precedenti nella storia, una guerra che minaccia di diventare “atomica” era l’ultima cosa di cui avevamo bisogno. I nostri adolescenti sono minacciati da depressione e ansia in un continuum di violenza e morte che dalla pandemia all’invasione dell’Ucraina si ripresenta ai loro occhi. I ragazzi non stanno bene. Pensando al conflitto in Ucraina infatti il 68% dei giovani si dice estremamente preoccupato e oltre 8 su 10 afferma che questo evento ha un impatto negativo sul proprio umore. È quanto emerge dall’ultimo sondaggio “La salute mentale dei giovani tra pandemia e guerra” condotto dall’Associazione Nazionale Di.Te. (Dipendenze tecnologiche, GAP, cyberbullismo), in collaborazione con il portale Skuola.net, su un campione di 4.935 ragazzi di età compresa tra gli 8 e i 19 anni.

In questo tempo di instabilità sociale e mondiale solo la famiglia può fare la differenza ed essere l’ancora e la bussola per resistere e orientarsi. Il microcosmo familiare può assicurare ai figli quella stabilità di cui hanno bisogno per procedere nella crescita e aprirsi al mondo. È urgente una mobilitazione dei genitori, che anche se non possono impedire che i figli vivano un tempo di incertezza e di insicurezza, possono però evitare che gli effetti della guerra invada e faccia danni nella coscienza dei propri figli. Ma dove sono oggi i genitori?  Purtroppo la crisi della genitorialità è in atto da molto tempo ma non fa notizia. Eppure dovrebbe perché è all’origine di molti fenomeni sociali che, per conto loro, attirano attenzione e suscitano ansia: un esempio per tutti la violenza di prossimità. Molti padri diventano violenti, fino all’estremo, perché sono schiacciati dal bisogno di esercitare in qualsiasi modo un controllo sulle persone più vicine, donne e bambini, mogli, compagne e figli. E che dire del fatto che il senso di “orfanezza” continua a dilagare tra gli adolescenti? Mamma e papà sono spesso assenti, anche fisicamente, da casa, ma soprattutto quando ci sono, non si comportano da genitori, non dialogano con i loro figli, spesso sono distratti e poco preoccupati di trasmettere ai figli quell’asse di valori che permetterà loro di relazionarsi con il mondo. 

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Talvolta ho la sensazione che i genitori non sappiano bene quale posto occupino in famiglia e come educare. E allora, nel dubbio, si astengono, si ritirano e trascurano le loro responsabilità, magari rifugiandosi in un improbabile rapporto “alla pari” con i figli. Oggi più che mai è necessario recuperare il ruolo genitoriale, è necessario aiutare i padri ad essere padri e le madri ad essere madri. E come primo passaggio direi che è importante sfuggire all’assedio degli affanni della vita e soprattutto è importante non sentirsi soli, ma cercare aiuto, tra gli amici e non solo. Tre gli elementi su cui possiamo riflettere:

Dare ascolto ai figli. Non è un suggerimento etico ma la proposta di una modalità educativa. In questi ultimi giorni anche i più piccoli si sono dovuti confrontare con la parola guerra e con tutto ciò che significa. Una mamma mi ha raccontato che la figlia di sei anni, che non ha mai avuto armi giocattolo, dunque non ha mai giocato alla guerra, le ha teso un’imboscata in casa e l’ha minaccia mettendo le mani a forma di pistola… Domandiamoci allora cosa stanno capendo i figli piccoli o grandi di quello che sta accadendo? Che idee si sono fatti? Quali ragionamenti fanno? Domandiamoci anche cosa possiamo dire noi? Cosa abbiamo il dovere di fare? 

Costruire ponti. È un atteggiamento piuttosto che un’azione concreta. Per attivare sentimenti di ribellione e di vendetta non ci vuole molto.  Per costruire ponti di misericordia, di pace, di giustizia e di comprensione delle ragioni dell’altro ci vuole tempo e disponibilità, impegno e soprattutto familiarità con la verità, la giustizia e la misericordia che i genitori avranno appreso perché hanno scelto di stare alla sequela di Gesù.
Avere lo sguardo di Dio. Avere la certezza che la vita, per quanto difficile e provata, è custodita dallo sguardo tenero e premuroso di Dio è davvero la migliore eredità educativa che possiamo consegnare ai figli. Vedere i propri genitori pregare e chiedere a Dio la forza di affrontare un ostacolo, di accettare una fatica o una sofferenza, di intervenire per fermare la guerra è il modo per abilitare il cuore dei figli alla fede in un Dio che custodisce il mondo. E se certe volte Dio sembra non aiutarci, ciò non significa che ci abbia abbandonati, ma che si fida di noi, di quello che possiamo progettare, inventare, trovare.




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Giovanna Pauciulo

Sposa e madre di tre figli, insieme al marito Giuseppe è referente della Pastorale Familiare per la Campania, ha conseguito il Master in Scienze del Matrimonio e della Famiglia presso il Pontificio Istituto Teologico Giovanni Paolo II. Conduce su Radio Maria la trasmissione “Diventare genitori. Crescere assieme ai figli”. Collabora con Punto Famiglia su temi riguardanti la genitorialità e l’educazione alla fede dei figli. Con Editrice Punto Famiglia ha pubblicato: Vivere la Prima Eucaristia in famiglia (2018), La Prima Comunione di nostro figlio (2018).

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