“Qui non c’è attività cardiaca”. Mio figlio era morto

dolore

(Foto: ker_vii/Shutterstock.com)

Penso spesso, ultimamente, a tutte le donne che in questi giorni hanno dovuto vedere morire i loro figli sotto ad un bombardamento. Loro, chiamate a proteggere quelle creature, sono state impotenti di fronte alla morte dei propri piccoli. Maria che continua a stare sotto alla croce. La mente mi ricorda che anche io ho vissuto un’esperienza simile. Ma dopo la morte ho avuto la grazia di sperimentare anche la Risurrezione.

Sono passati quasi due anni da quando Dio ci ha fatto un dono immenso e, poco dopo, ci ha chiesto di riporlo nelle sue mani. “Non è mia questa vita”, diceva la Beata Sandra Sabattini, facendo eco al Vangelo. Ed è proprio così: la vita non è nostra. Ed è tanto fragile. Mentre rimbocco le coperte a mia figlia con un nodo in gola penso a tutte quelle donne che in questi giorni hanno dovuto vedere morire i loro figli sotto ad un bombardamento. Loro, chiamate a proteggere quelle creature, sono state impotenti di fronte alla morte dei propri piccoli. Maria che continua a stare sotto alla croce. Mi sono chiesta: “Cosa proveranno quelle madri?”. E, di colpo, sono tornata con la memoria a due anni fa… 

Siamo nel bel mezzo di una pandemia appena iniziata, quando scopriamo di essere in attesa del terzo figlio: gioia, ansia, stupore, paura… ma soprattutto c’è la certezza che Dio ci sia e con questa nuova vita ci ricorda la sua presenza. Poi mi rivedo, poche settimane dopo, nello studio medico del pronto soccorso ginecologico. Risuonano dentro di me quelle parole: “Qui non c’è attività cardiaca”. Mio figlio era morto. Da tempio della vita mi ero trasformata in sepolcro di morte. “Non è stata colpa tua…” ha detto la dottoressa, quasi leggendomi nel pensiero. Perché sì, la prima cosa che ho pensato è stata proprio questa: “Non sono stata in grada di proteggerlo… Non sono riuscita a tenerlo in vita”.

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Una madre morirebbe al posto del figlio, se potesse. Non sono eguagliabili le sofferenze di Cristo, ma anche il dolore di Maria è stato qualcosa di atroce, ne sono certa. Doveva sentire davvero una spada trafiggerle il cuore, perché è così che ti senti quando la creatura che devi proteggere con tutta te stessa è davanti ai tuoi occhi senza vita. Ti sembra di morire insieme a lei. Ricordo quel dolore sordo, cui non so neppure dare un nome. Non è equiparabile a nulla la perdita di un figlio. Figuriamoci, poi, se questa avviene per mano di un assassino… Però, proprio mentre rimboccavo le coperte a mia figlia con questi pensieri cupi, mi è tornata in mente la seconda parte della storia. La Resurrezione.

Dopo un po’ di tempo passato nella disperazione e nella confusione, in cui non mi capacitavo di ciò che era accaduto, ho spostato lo sguardo dalla terra al cielo. Da me stessa a Dio. Dal mio dolore al suo amore. E ho visto… L’eternità oltre la caducità; l’onnipotenza del Creatore oltre la mia impotenza di creatura. In quel momento ho ritrovato mio figlio. Ho avuto il dono di vederlo, con il cuore, nelle braccia di un Padre, di saperlo eternamente beato. In quel momento ho capito che non mi era stato tolto, semplicemente era giunto a termine il mio compito e ora si trovava con chi lo aveva chiamato alla vita ancor prima di me. Un bambino non deve morire. Una mamma non deve vedere morire suo figlio. È assurdo. Ma Dio è più grande di ciò che non riusciamo a capire. E ci dona pace, quando la risposta umana può essere solo disperazione. L’ho sperimentato sulla mia pelle, anche se non ho vissuto la guerra.

Preghiamo perché quelle donne, divenute cieche e sorde per un dolore che non può essere umanamente consolato, trovino il coraggio di guardare verso Dio. Perché possano sentire che non sono meno madri per aver perso i loro figli: li hanno generati per l’eternità. Perché sappiano che li ritroveranno, più belli che mai. Perché sentano la carezza della Madonna e il conforto degli angeli. Perché si fidino di Cristo: no, non ci toglie la croce, ma ci promette la Pasqua. Preghiamo che queste mamme risorgano, vedendo i loro figli risorti.




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Cecilia Galatolo

Cecilia Galatolo, nata ad Ancona il 17 aprile 1992, è sposata e madre di due bambini. Collabora con l'editore Mimep Docete. È autrice di vari libri, tra cui "Sei nato originale non vivere da fotocopia" (dedicato al Beato Carlo Acutis). In particolare, si occupa di raccontare attraverso dei romanzi le storie dei santi. L'ultimo è "Amando scoprirai la tua strada", in cui emerge la storia della futura beata Sandra Sabattini. Ricercatrice per il gruppo di ricerca internazionale Family and Media, collabora anche con il settimanale della Diocesi di Jesi, col portale Korazym e Radio Giovani Arcobaleno. Attualmente cura per Punto Famiglia una rubrica sulla sessualità innestata nella vocazione cristiana del matrimonio.

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