Educazione

Come parlare nelle scuole di gravidanze inattese e Centri di aiuto alla Vita?

scuola

di Mariagiovanna e Pierluigi Beretta

Gli amici del Cav mi hanno chiesto di collaborare per realizzare un progetto nelle scuole. Ho risposto di sì senza riflettere a lungo forse, ma dopo essermi inginocchiata davanti a Gesù le idee hanno cominciato a prendere forma.

Parlare di gravidanza inattesa agli adolescenti, durante le ore di scuola… Raccontare loro dei servizi offerti dai Centri di aiuto alla Vita andando ad incontrarli dentro a istituti statali, laici… Come fare per costruire un incontro vero, fecondo, non giudicante, non ideologico? Questi e altri dubbi si affastellavano nella mia mente dopo aver letto, il mese scorso, il messaggio degli amici del CAV della mia città, che mi proponevano di collaborare per realizzare un progetto nelle scuole.

Avevo risposto “sì” senza troppa esitazione ma sapevo di non avere strategie pronte per affrontare questa richiesta che, indubbiamente, rappresentava anche una sfida.

Faccio una breve premessa per inquadrare la mia professione: ho scelto ormai da alcuni anni di lavorare nelle scuole, a servizio dell’educazione affettiva e sessuale dei giovani perché penso che l’adolescenza sia un’età ricca di potenzialità, di promesse, di bellezza che ha bisogno di punti fermi, dati con amore e per amore ma pur sempre “fermi”. Ho stima degli adolescenti e credo che molti di loro non siano consapevoli del tesoro che sono per sé stessi e per la società. Mi sono chiesta tante volte come fare ad aiutarli a scoprire questo tesoro. In generale noto che il mondo degli adulti non permette loro di sperimentarsi davvero in modo fecondo, ma tende a schiacciarli su un orizzonte limitato alla consumazione sempre più rapida di prodotti ed emozioni. Per questo motivo sono fermamente convinta della necessità di una educazione all’amore vero, che li aiuti a stanare in modo critico e autonomo le trappole di coloro che li vorrebbero massa omologata da manipolare, sotto lo stimolo della gratificazione immediata.

Leggi anche: Cosa significa per noi giovani “dacci oggi il nostro pane quotidiano”?

Una proposta inattesa

In questo caso, però, gli amici del CAV mi chiedevano qualcosa di diverso rispetto ai soliti progetti: incontrare i ragazzi e le ragazze per portarli a conoscenza del lavoro dei Centri di aiuto alla Vita. Per trovare le parole giuste da dire mi sono messa, come spesso accade, in ginocchio davanti al tabernacolo a chiedere luce a Colui che dell’amore è la fonte. E la luce è arrivata al momento opportuno, sotto forma di intuizioni, di incontri, di parole.

Vorrei qui condividere l’esperienza vissuta, con particolare riguardo per le risonanze degli adolescenti incontrati: ho avuto la conferma che spesso un inaspettato atto di fiducia è in grado di smuovere il cuore umano. Nel progettare l’incontro, ho escluso dalle modalità di intervento sia la lezione frontale che il dibattito: temevo il rischio di uno sforzo infruttuoso al termine del quale ognuno sarebbe rimasto nel proprio convincimento. Volevo invece costruire uno spazio esperienziale per fare assaporare ai giovani la bellezza del lavoro di squadra soprattutto nell’ambito del volontariato sociale. Una parola fondamentale che oggi usiamo poco è “fecondità”. Tutti noi abbiamo bisogno di essere fecondi, di veder fruttificare la nostra vita, di vedere i nostri sforzi creare qualcosa di buono e duraturo. Era questo che avrei desiderato trasmettere: mostrare alle ragazze e ai ragazzi che esiste un’alternativa migliore all’edonismo consumista che oggi si pone come principale via di realizzazione personale.

Così è nato un breve percorso per la scuola superiore ad indirizzo professionale, allo scopo di condividere un punto di vista alternativo sulla gravidanza in adolescenza. Questo cammino propone ai ragazzi di calarsi nei panni di volontari e professionisti, mettendosi in ascolto di una storia vera in cui una baby mamma intervistata racconta i suoi bisogni, le sue paure, sogni, desideri e difficoltà. I ragazzi sono invitati ad ascoltare attentamente il racconto di questa giovane donna e successivamente, in modo guidato, individuano tutti gli ambiti in cui è necessario fornire aiuto. Ed ecco che la classe, divisa in squadre, è chiamata ad impersonare varie figure coinvolte nella relazione di sostegno. Per un’ora soltanto, ragazzi e ragazze, come in un gioco di ruolo, immaginano di essere volontari, psicologi, medici, formatori, educatori a servizio di una giovane e inaspettata maternità.

Un ruolo speciale

Nella fase di preparazione mi sono confrontata con il mio sposo, il quale mi ha fatto notare quella che a suo parere è una lacuna di molte iniziative per la vita: si sottolinea spesso l’importanza del sostegno alla donna da parte delle istituzioni, dei medici, dei volontari, etc…  ma quasi mai viene considerata la figura del padre. Ci è sembrato quindi necessario non tralasciare, in un percorso sulla gravidanza in adolescenza, la figura maschile: un papà che non “scappa in Messico” alla vista del test di gravidanza, ma che, pur nella sua fragilità, raccoglie la sfida e si fa compagno di cammino della baby mamma e, con umiltà e coraggio, non disdegna di affrettare il suo cammino verso l’età adulta. Come coinvolgere i maschi, dunque, nel farli riflettere su una circostanza in cui potrebbero inaspettatamente trovarsi? La soluzione migliore ci è sembrata quella di affidare loro un compito materiale. Nel gioco proposto in classe, il neo-papà ritorna sui suoi passi dopo un primo momento di smarrimento, ed è chiamato a costruire, per la mamma ed il figlio, una casa solida e bella. Qualche scatola di cartone, forbici e colla hanno permesso alle squadre operative di liberare la creatività, con entusiasmo, passione, ed un pizzico di sana competitività, per realizzare case vivaci, robuste ed accoglienti.

Il destino dell’adolescenza 

I risultati di questo percorso, applicato in diverse classi, mi hanno profondamente sorpreso.

Nella sua semplicità, il lavoro ha attivato in profondità gli adolescenti. Dai loro commenti, lasciati a fine incontro, emergono la ricchezza, l’entusiasmo, la disponibilità dei loro giovani cuori. Quante parole di ringraziamento, quanta gioia ci hanno comunicato nello scoprire che esistono realtà che hanno a cuore il destino delle persone, senza giudicare e senza chiedere nulla in cambio. In più di una classe qualcuno si è reso disponibile per fare del volontariato al Centro di aiuto alla Vita, anche tra i maschi. Tanti hanno ringraziato perché si sono sentiti protagonisti, perché hanno capito qualche cosa di più sulla vita, sul mondo del lavoro. Insieme con le altre volontarie, abbiamo sperimentato che gli adolescenti sono ben disposti ad entusiasmarsi, oggi come in ogni epoca, quando trovano dei veri adulti, che li aiutano a crescere verso il loro destino di autonomia, responsabilità e fecondità.

Non sei sola

Con grande sorpresa, e altrettanta amarezza, abbiamo constatato che le ragazze non erano a conoscenza di possibili alternative all’interruzione volontaria di gravidanza. Quest’ultima è di norma proposta come l’unica strada percorribile, anche dalla maggior parte dei corsi di educazione sessuale, in caso di gravidanza inattesa. Una volta, una giovane mamma faceva notare che l’insistenza sulla IVG, senza che vengano presentate alternative possibili di accoglienza della vita, sottende un atteggiamento di sfiducia nei confronti degli adolescenti: è come dire “tu non ce la puoi proprio fare”, un giudizio che pesa come una lapide su una ragazza che spesso è sola e confusa. Altra cosa invece è mettersi accanto alla giovane mamma e attivare una compagnia di persone che la accolga, senza giudicare, e che sia disponibile a promuovere i suoi veri desideri, anche attraverso il sostegno concreto.

Una questione di fiducia

Concludo con una domanda: quanta fiducia abbiamo negli adolescenti? Abbiamo la certezza che il cuore dell’uomo, redento da Cristo, è sempre educabile? Quanto siamo disposti a spenderci per vedere i nostri giovani, le nostre speranze, crescere e germogliare “come cedri del Libano” (Os 15,6)? Lascio la risposta a San Giovanni Paolo II che agli annunciatori della Buona Notizia chiedeva di custodire, su modello del Maestro, “una profonda stima per l’uomo, per il suo intelletto, la sua volontà, la sua coscienza e la sua libertà. In tal modo, la stessa dignità della persona umana diventa contenuto di quell’annuncio, anche se privo di parole, mediante il comportamento nei suoi riguardi.” (Redemptor Hominis, 12). E così sia.




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1 risposta su “Come parlare nelle scuole di gravidanze inattese e Centri di aiuto alla Vita?”

SOLUZIONE STUPENDA ,arricchente,per la singola persona,
per la COPPIA, per la SOCIETA’ TUTTA. Responsabilizza
i giovani, li rende consapevoli, informati , attivi.
ASCOLTIAMO i consigli di GESU’ e MARIA ,
la PREGHIERA di ASCOLTO è INFALLIBILE!

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