“Il fidanzamento non si improvvisa”: parola di Francesco ed Alessandra

Foto: https://www.facebook.com/5pani2pesci/

Quanto spazio c’è per il fidanzamento nella prassi pastorale? Lo abbiamo chiesto a Francesco e Alessandra di “5pani2pesci”, un progetto di evangelizzazione che attraverso articoli, video e testimonianze si rivolge direttamente alle coppie e alle famiglie. “Il fidanzamento? – dicono – è decisamente una corsa a ostacoli che non si improvvisa. Ci serve per rispondere a due domande da cui dipende il nostro futuro: la prima è se siamo chiamati al matrimonio, e la seconda è se siamo chiamati al matrimonio insieme”.

Alessandra, tu e il tuo sposo Francesco siete una coppia giovane, motivata e soprattutto piena di grandi ideali… Il primo fra tutti?

Aiutare le persone ad incontrare il Signore e a capire qual è il Suo progetto per loro. È da qui che nasce il progetto di “5pani2pesci”. Ci siamo sposati nel 2005 e abbiamo tre magnifici figli. Abbiamo girato diverse nazioni, dal 2010 al 2016 abbiamo vissuto a Freiburg in Germania, dove si è sviluppato “5pani2pesci”.

Partiamo subito da una domanda che può sembrare scontata: cos’è il fidanzamento?

Un tempo di prova e di discernimento pieno di buche e trabocchetti. È decisamente una corsa a ostacoli che non si improvvisa. Ci serve per rispondere a due domande da cui dipende il nostro futuro: la prima è se siamo chiamati al matrimonio, e la seconda è se siamo chiamati al matrimonio insieme.

E se non mi pongo queste domande?

Allora ci si dovrebbe domandare che senso ha stare insieme ad una persona. Il fidanzamento può essere dettato da una serie di ragioni diverse, la paura della solitudine ad esempio. Il problema è che oggi, purtroppo, nascono tante storie ma molte non hanno senso, non c’è un progetto di vita un orientamento, uno scopo. Da qui dipendono molti problemi.

Dicevi prima che il fidanzamento non si improvvisa…

Nel nostro percorso abbiamo individuato sette punti di forza su cui costruire e fortificare la relazione: tempo e spazio, rapporto prioritario, avere chiara la meta, lasciarsi illuminare dalla Parola di Dio, pregare insieme, avere una guida spirituale, ed essere puri.

Leggi anche: Castità e fidanzamento: possiamo ancora parlarne?

Quello della purezza è un tema scottante…

Il più difficile per i fidanzati.

Perché dovremmo vivere un fidanzamento casto?

Perché toccare il corpo dell’altro vuol dire toccare i luoghi più profondi di una donna o di un uomo. Entrare in una intimità sacra ed esclusiva. Bisogna domandarsi se ne ho il diritto. Se ho il diritto di entrare in un luogo dove non mi è concesso stare visto che la mia vita e il mio cuore non sono (ancora) totalmente dedicati, consacrati, a quella persona. Per questo c’è il matrimonio.

Ma c’è sempre la componente dell’attrazione, come si fa a vivere un fidanzamento nella castità quando sono giustamente e naturalmente attratto dal corpo dell’altro/a?

Sebbene a molti possa sembrare il contrario, la castità rafforza il rapporto dei fidanzati nell’esercizio della tenerezza e nella prova della continenza (definizione che trovate anche nel Catechismo). Quindi non si tratta di dire “NO” a qualcosa. È piuttosto uno strumento per poter entrare in maniera più profonda nella relazione. È sano provare attrazione sessuale per il partner, sarebbe anormale non provarne. Ma un esercizio casto della tenerezza consiste nel dimostrare l’affetto in un progressivo avvicinamento, evitando di valicare l’intimità sessuale e nel completo rispetto della libertà dell’altro. Le ragioni per questo comportamento sono molteplici. Innanzitutto, un atteggiamento di questo tipo affina enormemente il corteggiamento: dovendo trovare strategie più delicate per avvicinarsi all’altro e dimostrare l’affetto, la relazione si arricchisce di intesa, attenzione e momenti assolutamente straordinari. È incredibile sperimentare come il semplice utilizzo dello sguardo o lo sfiorarsi delle mani può diventare canale di bellezza e profondità, aprendo la strada per una complicità superiore, ingrediente fondamentale per una vera intesa sessuale da sposi.

Ma, diciamocelo, non si nasce con questa naturale tendenza alla castità è più facile cedere alla pulsione del momento…

Infatti ci si educa a questa dote. È un aspetto impegnativo ed eroico che però dà frutti indescrivibili…

La domanda a questo punto sorge spontanea: c’è sufficiente spazio nella prassi ecclesiale per le castità e per il fidanzamento?

Assolutamente no, almeno nella realtà italiana, perché molti sacerdoti hanno spesso paura di affrontare temi come quello della castità. Nell’esperienza mia e di Francesco, abbiamo imparato che non è possibile parlare di castità se non c’è un contesto di annuncio, se non c’è un orientamento verso Dio. Un vuoto pastorale sul fidanzamento in generale e sulla castità nel fidanzamento è un vero e proprio furto che facciamo ai giovani. Nei posti in cui se ne parla e se ne parla in maniera seria, i ragazzi rifioriscono.

Da dove possiamo partire per dare più spazio ad una pastorale del fidanzamento?

Nel Concilio Vaticano II è stato affrontato il tema del fidanzamento ed è stato detto che è utile fare un corso remoto all’affettività. Un corso prossimo che sarebbe un periodo di discernimento vocazionale e poi un corso di preparazione al matrimonio. Tutto questo nella pratica si riduce a una serie di incontri con l’avvocato, la sessuologa e altri. A Roma don Fabio Rosini ha messo in pratica questi suggerimenti del Concilio Vaticano II e ha funzionato. O i sacerdoti capiscono quanto è importante il matrimonio e gli danno importanza almeno quanta ne danno alla vocazione sacerdotale oppure continueremo ad andare avanti così in una realtà che produce poco. Allo stesso tempo sacerdoti e vescovi non possono fare tutto da soli. Bisognerebbe formare coppie che poi lavorino nelle varie realtà.




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Ida Giangrande

Ida Giangrande, 1979, è nata a Palestrina (RM) e attualmente vive a Napoli. Sposata e madre di due figlie, è laureata in Lettere Moderne presso l’Università degli Studi di Napoli, Federico II. Ha iniziato a scrivere per il giornale locale del paese in cui vive e attualmente collabora con la rivista Punto Famiglia. Appassionata di storia, letteratura e teatro, è specializzata in Studi Italianistici e Glottodidattici. Ha pubblicato il romanzo Sangue indiano (Edizioni Il Filo, 2010) e Ti ho visto nel buio (Editrice Punto famiglia, 2014).

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