Cannabis

Don Patriciello: “Ho visto troppi giovani morire per droga. Tutti avevano iniziato con lo spinello”

“A chi dice che di droga leggera non si muore posso rispondere – con assoluta certezza – che tutti i drogati che conosco più quelli che ho dovuto accompagnare al camposanto hanno cominciato con l’inganno delle cosiddette droghe leggere”. Così don Maurizio Patriciello commenta in un post, la possibile legalizzazione della cannabis. 

Il Parlamento è chiamato ad esprimersi su una delle tante questioni annose del nostro tempo: legalizzazione della cannabis. Inutile dire che da questi microfoni abbiamo lanciato l’allarme in ogni modo possibile. Lo abbiamo fatto indicando le evidenze scientifiche sul danno che comporta. Lo abbiamo fatto evidenziando le ricadute sociali che potrebbe avere. Insomma lo abbiamo in tutti i modi eppure la legalizzazione di una droga, (perché di questo si tratta) è sul tavolo della discussione. 

Come succede sempre la questione sta diventando un fatto di politica, chi tira di qua chi di là, la storia di sempre: i senatori si accapigliano accusandosi a vicenda, i giornalisti rimbalzano le loro parole e… la gente comune muore. Semplicemente muore.

Leggi anche: La cannabis è pericolosa e crea dipendenza lo sappiamo tutti. Perché legalizzarla?

Lo sottolinea benissimo uno degli uomini che definirei “in prima linea” nella guerra al crimine. Un uomo di Dio che lotta per i più deboli in quella che è stata tristemente soprannominata “la terra dei fuochi” e non ha paura di denunciare la verità anche contro le minacce di morte. Sto parlando di don Maurizio Patriciello. In un post su Facebook don Maurizio dopo essersi definito “un povero prete di periferia” aggiunge ciò che solo un testimone del dramma può aggiungere: Sono “un prete che ha celebrato decine di funerali a giovani morti per droga. Un dolore immenso. Tanta rabbia e la voglia di prendere a sberle coloro che prima li hanno ingannati e poi li hanno abbandonati”.

“Tutti – tutti! – iniziarono con l’innocuo spinello. Tutti all’inizio pensavano di giocare. «Tanto, quando voglio, la smetto» ripetevano. A chi dice che di droga leggera non si muore posso rispondere – con assoluta certezza – che tutti i drogati che conosco più quelli che ho dovuto accompagnare al camposanto hanno cominciato con l’inganno delle cosiddette droghe leggere. La domanda è una sola: Perché un giovane che ha tutti i motivi e i requisiti per vivere, impegnarsi, amare, essere felice, deve rovinarsi la salute e procurare problemi alla società con le droghe? Il Signore benedica i giovani e gli adulti che non sempre gli sono di esempio”. 




Aiutaci a continuare la nostra missione: contagiare la famiglia della buona notizia

Cari lettori di Punto Famiglia,
stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).

CONTINUA A LEGGERE



Ida Giangrande

Ida Giangrande, 1979, è nata a Palestrina (RM) e attualmente vive a Napoli. Sposata e madre di due figlie, è laureata in Lettere Moderne presso l’Università degli Studi di Napoli, Federico II. Ha iniziato a scrivere per il giornale locale del paese in cui vive e attualmente collabora con la rivista Punto Famiglia. Appassionata di storia, letteratura e teatro, è specializzata in Studi Italianistici e Glottodidattici. Ha pubblicato il romanzo Sangue indiano (Edizioni Il Filo, 2010) e Ti ho visto nel buio (Editrice Punto famiglia, 2014).

ANNUNCIO

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Per commentare bisogna accettare l'informativa sulla privacy.