Il Vangelo letto in famiglia

XXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO C – 21 agosto 2022

Qual è lo scopo di un cristiano? Essere felice

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 13,22-30)
In quel tempo, Gesù passava insegnando per città e villaggi, mentre era in cammino verso Gerusalemme.
Un tale gli chiese: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?».
Disse loro: «Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno.
Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: “Signore, aprici!”. Ma egli vi risponderà: “Non so di dove siete”. Allora comincerete a dire: “Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze”. Ma egli vi dichiarerà: “Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!”.
Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio, voi invece cacciati fuori.
Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio. Ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi».

IL COMMENTO

di don Gianluca Coppola

Molti cristiani vivono da frustrati, vivono la loro religione come una condanna, sostengono che prima di conoscere Gesù vivevano in maniera più spensierata, bevendo e divertendosi. Ma chi ragiona in questo modo non ha capito nulla, perché quando incontriamo Gesù, anzi quando ci scontriamo con Gesù, perché l’incontro vero con Lui è uno scontro, ti scombussola i pensieri, ti cambia la vita, ti stravolge, quando lo conosciamo davvero siamo sulla strada che ci conduce alla nostra felicità. 

È molto probabile che alla maggior parte di noi sia capitato di dover progettare una vacanza o una gita. Quando programmiamo un viaggio, dobbiamo necessariamente organizzare tutti gli spostamenti. Facciamo un esempio: se desideriamo visitare a Parigi, dobbiamo prima attraversare tutta l’Italia e metà della Francia per poi arrivare finalmente a destinazione. Sicuramente, per giungere a Parigi c’è bisogno di attraversare molte città, molte regioni, e senza dubbio ciascuna di queste nasconde delle ricchezze, dei tesori, delle cose belle da vedere, da mangiare, tradizioni nuove da conoscere, persone da ricordare; eppure, se abbiamo deciso di andare a Parigi, la nostra destinazione finale resta sempre Parigi. Quindi, poco importa se per arrivare a Parigi dobbiamo passare per Roma, o per Milano, o per una qualsiasi altra città: ciò che conta è arrivare a Parigi. Anche nel Vangelo di questa domenica Gesù attraversa città e villaggi, incontra persone, ma il suo scopo è quello di arrivare a Gerusalemme. È proprio in quella città che si apre la pagina più drammatica della sua vita, è lì che comincia la Passione che, attraverso l’esperienza dolorosissima della croce, lo condurrà prima alla morte e poi alla resurrezione. Nonostante ciò, Gesù ha una meta, uno scopo. 

Cosa dà veramente speranza al cuore dell’uomo? Cosa ci fa essere cristiani? Cosa ci fa andare a Messa ogni settimana? Tutti noi siamo credenti perché nella vita, come cristiani, abbiamo uno scopo; e sapete qual è lo scopo di un cristiano? Essere felice. Cosa vuole Dio da te? Ti vuole felice, non desidera altro. Per poter essere felici, proprio in questo Vangelo Gesù ci dà un’indicazione importante, che parte da una domanda, forse stupida, che un uomo gli rivolge: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?». È una domanda che nasce dalla curiosità, è una domanda sui numeri, una domanda statistica, di cui Gesù non sa che farsene. E a dirla tutta, in questa domanda c’è una realtà drammatica, perché ci fa comprendere che ci saranno alcuni che si salveranno e altri che purtroppo non si salveranno. Ma a noi non interessa quanti sono quelli che si salvano. Molti cristiani vivono da frustrati, vivono la loro religione come una condanna, sostengono che prima di conoscere Gesù vivevano in maniera più spensierata, bevendo e divertendosi. Ma chi ragiona in questo modo non ha capito nulla, perché quando incontriamo Gesù, anzi quando ci scontriamo con Gesù, perché l’incontro vero con Lui è uno scontro, ti scombussola i pensieri, ti cambia la vita, ti stravolge, quando lo conosciamo davvero siamo sulla strada che ci conduce alla nostra felicità. 

Allora, Gesù risponde alla domanda sul “quanti” dando una soluzione, spostando l’attenzione dal “quanti si salveranno” al “come si salveranno”: «Sforzatevi di entrare per la porta stretta», dice. La strettoia di cui parla Gesù è il tempo che abbiamo a disposizione, perché «quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: “Signore, aprici!”». Non sappiamo quando questo avverrà, per cui oggi è l’opportunità per essere felici, per evangelizzare, perché la domanda stupida del tizio del Vangelo ci deve far saltare dalle sedie: ci sono alcuni che non si salveranno, ci sono alcuni che non hanno ancora incontrato Gesù, c’è qualcuno, anche nelle nostre comunità, che ancora non è felice. E allora non possiamo starcene con le mani in mano, sereni tra i banchi delle nostre chiese ad ascoltare il Vangelo, ricevere l’Eucarestia e poi uscire nel mondo come se nulla fosse cambiato. Dobbiamo far sì che la gioia che abbiamo incontrato, se l’abbiamo incontrata davvero, la conoscano anche gli altri. Perché altrimenti «sarà pianto e stridore di denti», e il padrone di casa dirà «non so di dove siete». Signore, ma come? Abbiamo mangiato insieme, siamo andati a messa tutte le domeniche, abbiamo ascoltato innumerevoli catechesi, partecipato a tutti i ritiri. Ma Lui ci risponderà «non so di dove siete» perché, dice il Vangelo, siamo «operatori di ingiustizia». Il senso ebraico di “ingiustizia” è non essere nel giusto: il giusto ha bisogno di Dio, l’ingiusto è colui che ha tagliato Dio fuori dalla propria vita. Sant’Agostino diceva: «Ama e fa ciò che vuoi». Ma che significa? Che quando hai conosciuto l’amore, l’amore vero non quello delle fiction o dei reality show, quando hai conosciuto l’amore della tua vita, che è Cristo Gesù, allora puoi fare quello che vuoi perché hai la certezza di essere nel giusto, e il Giusto è Lui, Lui soltanto. 

In un passo del Vangelo, Pietro si rivolge a Gesù chiedendogli: «Noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne avremo?». Gesù gli risponde: «Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna». La sua è una promessa che comincia già dall’oggi. Ciò che conta è come usciamo dalle nostre chiese ogni volta che partecipiamo a una messa. Preoccupiamoci di arrivare a quanti ancora non conoscono Gesù, a chi ancora ragiona sul “quanti si salveranno” e non sul come, chiediamo a Lui come fare. Chiediamo, allora, al Signore, in questa domenica, innanzitutto di trasformarci in cristiani attivi e non passivi, che non significa fare tantissime cose, ma che vuol dire prima di tutto avere nel cuore la salvezza di chi non ha ancora incontrato la vera gioia. Anche questa domenica, uscendo dalle nostre chiese, troveremo gli stessi guai, gli stessi affanni, gli stessi problemi che avevamo lasciato fuori. Ciò che conta è affrontarli in maniera diversa, con la certezza che non esiste nessuna dimensione della nostra esistenza che Dio non ami e di cui non voglia prendersi cura, perché, qualunque cosa accada, ci vuole felici, felici davvero.



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Gianluca Coppola

Gianluca Coppola (1982) è presbitero della Diocesi di Napoli. Ha la passione per i giovani e l’evangelizzazione. È stato ordinato sacerdote il 29 aprile 2012 dopo aver conseguito il baccellierato in Sacra Teologia nel giugno del 2011. Dopo il primo incarico da vicario parrocchiale nella Chiesa di Maria Santissima della Salute in Portici (NA), è attualmente parroco dell’Immacolata Concezione in Portici. Con Editrice Punto Famiglia ha pubblicato Dalla sopravvivenza alla vita. Lettere di un prete ai giovani sulle domande essenziali (2019) e Sono venuto a portare il fuoco sulla terra (2020).

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