Datori di lavoro e gravidanze: “e ora come ti rimpiazzo”?

Come reagiscono i datori di lavoro di fronte all’annuncio di una gravidanza da parte di una dipendente? Non è un mistero che, in un paese dalla mentalità antinatalista come il nostro, troviamo reazioni sgraziate di ogni tipo. 

Oggi vorrei che Vera, una donna che lavora nel mondo della scuola con una cooperativa, vi raccontasse ciò che le è accaduto di recente.

Mi chiamo Vera, ho 29 anni appena compiuti e sono in attesa del secondo figlio, o figlia, perché ancora non conosciamo il sesso.

Giusto pochi giorni fa ho fatto la prima visita: che emozione vedere il piccoletto o la piccoletta muoversi nella mia pancia, ho sentito battere il cuore, ho visto la testa. 

D’un tratto, quella gravidanza è diventata profondamente reale. La striscia in più su un test ha preso forma, la forma di una vita umana a tutti gli effetti. 

Uscita dallo studio della ginecologa mi sentivo al settimo cielo. Ero così felice di aver conosciuto il mio bebè, anche se solo attraverso ad uno schermo, che avrei voluto dirlo al mondo intero.

Peccato che per qualcuno, però, il fatto che mettiamo al mondo dei figli è solo un problema.

Premetto che avevo firmato un contratto da poco con una cooperativa e avrei dovuto riprendere a lavorare tra una settimana. 

Poiché sono una persona trasparente e onesta, subito dopo la visita ho pensato di avvisare i miei coordinatori… ma mai avrei pensato che mi avrebbero trattata in quel modo!

Non mi aspetto baci, abbracci e brindisi da una persona che mi conosce appena e con cui ho una relazione solo per capire quale nuovo caso mi è assegnato e dove, ma nemmeno mi aspetto che la prima cosa che mi si dica è: “Ecco, brava, dimmelo subito… adesso, essendo questo un lavoro a rischio (infatti ho a che fare con ragazzi difficili e a volte violenti) io non posso più farti lavorare. Dovevi stare zitta! Così non lo sapevo e tu lavoravi. Ora che lo so, non posso fare finta di nulla…”

Insomma, avrei dovuto tenere nascosta la gravidanza, così, anche se per legge non si può, avrei lavorato comunque. 

Magari – potete supporre – lo diceva per me, pensando che forse avevo piacere a lavorare invece di stare a casa fin dal terzo mese… E invece no, lo diceva per lei: “Come ti rimpiazzo io adesso? – ha aggiunto – A una settimana esatta dall’inizio della scuola?”

Poi ha chiuso la telefonata sbuffando, come se, con la mia gravidanza, le avessi rovinato la giornata.

Ma io mi chiedo: come siamo arrivati a questo punto?

Da quando la maternità è diventata un impiccio invece che una benedizione?

Da quando bisogna sentirsi in colpa per essere rimaste incinte?

Mi hanno detto in tanti che la gravidanza è uno stato di grazia… ma chiusa quella telefonata per me è stato come sprofondare. So che non dovrei dare peso a quelle parole, ma mi hanno fatto male.

Non pretendo il tappeto rosso, non pretendo le congratulazioni forzate, ma se non cambia la mentalità in questo paese, se le donne vengono viste come truffaldine, irresponsabili, o portatrici di grane perché fanno la cosa più bella del mondo (ovvero mandare avanti il mondo…) non andremo avanti bene.

Mi rivolgo a tutti i datori di lavoro che mi leggono: state attenti alle espressioni, alle parole che usate. Magari quella gravidanza inattesa per voi è un problema (e ci sta, per carità), ma non avete alcun diritto di farlo pesare alla donna. Perché dentro di lei, in quel momento, c’è il futuro dell’umanità.

E perché dentro ad una pancia, un tempo, ci siete stati anche voi. Pensateci, prima di sputare veleno e di far passare ad altre donne la voglia di vivere questa meravigliosa impresa.




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Cecilia Galatolo

Cecilia Galatolo, nata ad Ancona il 17 aprile 1992, è sposata e madre di due bambini. Collabora con l'editore Mimep Docete. È autrice di vari libri, tra cui "Sei nato originale non vivere da fotocopia" (dedicato al Beato Carlo Acutis). In particolare, si occupa di raccontare attraverso dei romanzi le storie dei santi. L'ultimo è "Amando scoprirai la tua strada", in cui emerge la storia della futura beata Sandra Sabattini. Ricercatrice per il gruppo di ricerca internazionale Family and Media, collabora anche con il settimanale della Diocesi di Jesi, col portale Korazym e Radio Giovani Arcobaleno. Attualmente cura per Punto Famiglia una rubrica sulla sessualità innestata nella vocazione cristiana del matrimonio.

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