Che facciamo quando si spegne l’amore?

Parliamo spesso di preparazione al matrimonio e facciamo bene. Con i giovani ci giochiamo tutto e spesso siamo superficiali e poco attenti. Ma per quelle coppie che stanno insieme da anni e si accorgono che dopo tanto tempo le cose in comune sono giusto due o tre? Mangiare insieme, dormire insieme, andare in vacanza insieme…Spose attempate ci riprendiamo un po’ il senso del nostro matrimonio?  

Per tutta la mattina ha piovuto senza sosta. Nuvole gonfie e scure accompagnate da un vento che profumava di mare, una nota frizzante che solleticava le mie narici. Per il resto era tutto cupo e denso come il tempo. Anche il mio cuore e me ne stavo accucciata sul divano sfogliando un libro di cui non comprendevo la trama. Così, approfittando di una tregua della pioggia, sono scesa in giardino a controllare le piantine di barattino (un ortaggio buonissimo che abbiamo scoperto a Matera durante un viaggio e poi piantato nel nostro piccolo orto). Sono apparsi anche i raggi del sole, prima timidamente e poi con sempre più baldanza hanno conquistato la scena scacciando via il grigiore delle nubi. 

Le piantine di barattino sono piccole ma robuste. Hanno resistito ottimamente e la pioggia sembrava aver fatto loro bene. Non così per l’albero di fichi. Grande, bello e maestoso. L’orgoglio del nostro giardino, con foglie larghe e carnose ma con pochissimi frutti. Nonostante le goccioline di pioggia, sono salita su un vecchio sgabello per vedere se riuscivo a cogliere qualche frutto succoso nascosto. Ma ne ho trovati solo tre o quattro, piccoli e senza sapore. Quest’anno niente marmellata, né biscotti settembrini. E neanche i fichi buonissimi che mangiamo a Natale, messi a seccare al sole e poi assembrati con un cuore di noce croccante. Il caldo estivo aveva indebolito la pianta. E il raccolto è stato scarso.

Mentre risalivo le scale di casa con il mio misero bottino, ho ripensato a Daniela e a Giulio, suo marito. Erano stati a cena da noi la sera precedente. Siamo amici da sempre. Entrambi i nostri figli hanno abbandonato il nido di casa per andare a studiare fuori. Così ogni tanto condividiamo la cena e anche la condizione di abbandono. Per quanto vogliamo sembrare forti e genitori moderni, felici perché i nostri figli stanno seriamente concentrando le loro energie sul futuro, noi ci sentiamo “abbandonati”. È strano, è una condizione che appartiene più ai figli quella di essere abbandonati dai propri genitori perché troppo occupati nel lavoro o incapaci di essere un punto di riferimento. Io vorrei fondare l’associazione dei genitori abbandonati dai figli appena maggiorenni. Lo so, parlo spesso di autonomia e di responsabilità nell’educare un figlio ma questo non significa non soffrire il distacco. Io e Daniela siamo certe di una cosa: non scambieremmo una seduta in una SPA con il preparare una cena per un figlio che ritorna dopo mesi a casa. È una gioia che non si può descrivere. 

Leggi anche la prima puntata è in questo Diario…Non restiamo imprigionate nel passato

Ma questa volta non sono stati i nostri figli al centro della nostra cena, ma la loro relazione. Mentre i nostri mariti erano intenti a risistemare la cucina – cioè porre i piatti nella lavastoviglie (per loro questo è il massimo!), io e Daniela ci siamo seduti sul terrazzino a bere una tisana (dopo una certa età il caffè alle 22 di sera è una condanna all’insonnia). Mi ha raccontato che quando anche la terza figlia ha deciso di trasferirsi a Pisa per studiare archeologia, è cominciata per loro una fase discendente. “È normale” le ho detto. “Ora siete rimasti da soli e dovete ritrovare un nuovo equilibrio familiare. Dovete aver pazienza, dedicarvi del tempo”. Ma mentre parlava, mi rendevo conto che più che ritrovare una nuova armonia, avevano scelto di rincorrere, ognuno per conto proprio, una nuova gioventù. Separatamente, non più insieme. Si sono resi conto che erano state le figlie il collante tra loro. Non esisteva un noi. O perlomeno era esistito solo perché vivevano sotto lo stesso tetto, condividevano i pasti e le responsabilità dei figli, facevano quadrare alla perfezione il bilancio familiare, a letto l’intesa sessuale non era poi così male. Un condominio, insomma, non un matrimonio. 

Eppure sono trascorsi 26 anni, non un giorno. Certo l’affetto e il rispetto c’erano ma l’unità è un’altra cosa. Quando si smette di investire energie nella ricerca e nella costruzione di una sana e forte unità coniugale, è facile ritrovarsi insieme ma accorgersi nello stesso tempo di essere distanti. L’unità è fatta di impegno, di tempo, di attenzioni e di sacrifici. Si pensa spesso che il noi coniugale debba coincidere con la compatibilità caratteriale ma non è così anzi, per esperienza dico che la diversità è una ricchezza da valorizzare e da trasformare in opportunità per la coppia. È quella capacità di fare spazio dentro di sé all’altro. E per fare questo, io devo diminuirmi, cioè devo diminuire le mie aspettative sull’altro, i miei piaceri individuali, i miei legittimi desideri per fare posto. Un’azione che se fatta in due crea molto spazio per la nascita della coppia. 

Lo sapevano molto bene i santi Luigi e Zelia Martin, genitori di santa Teresa di Gesù Bambino. Diciassette anni di matrimonio, pochi mesi di fidanzamento e un’unità fondata e radicata in Dio tanto che Celina, una delle figlie attesta che: “Sentivo di frequente mio padre parlare con nostra madre di Cielo e di eternità”. In questo ricordo filiale c’è il segreto della loro unità. Avevano, questi santi sposi, fatto spazio a Dio tra loro. Avevano capito che se si riconosce la sorgente e il principio della vocazione al matrimonio, tutto acquista una luce diversa. In questa luce Luigi e Zelia hanno vissuto la loro amicizia, e tutte le cose della vita familiare: i figli, il lavoro, la sofferenza…E l’unità tra loro era così forte che travalicava anche la morte, vivendo Luigi la presenza della moglie anche dopo la sua dipartita per il Cielo. 

I frutti di un matrimonio non sono solo i figli. Il frutto più bello e succoso è l’unità, il ricercare insieme la volontà di Dio, darsi un’opportunità cioè, dico io, per essere felici davvero. Giulio e Daniela inizieranno un percorso di fede insieme per ritrovarsi. E spero di vederli presto rifiorire come l’albero di fichi del mio giardino. L’anno prossimo vorrei trovare un raccolto abbondante. E così spero anche per loro che il cammino insieme sia l’inizio di un cammino nuovo.

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Giovanna Abbagnara

Giovanna Abbagnara, è sposata con Gerardo dal 1999 e ha un figlio, Luca. Giornalista e scrittrice, dal 2008 è direttore responsabile di Punto Famiglia, rivista di tematiche familiari. Con Editrice Punto Famiglia ha pubblicato: Il mio Giubileo della Misericordia. (2016), Benvenuti a Casa Martin (2017), Abbiamo visto la Mamma del Cielo (2016), Il mio presepe in famiglia (2017), #Trova la perla preziosa (2018), Vivere la Prima Eucaristia in famiglia (2018), La Prima Comunione di nostro figlio (2018), Voi siete l'adesso di Dio (2019), Ai piedi del suo Amore (2020), Le avventure di Emanuele e del suo amico Gesù (2020), In vacanza con Dio (2022).

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