Sesso e omosessualità

I surrogati dell’amore

cuore spezzato

(Foto: zimmytws / Shutterstock.com)

Qualche tempo fa ho ascoltato la storia di una donna americana, Renè, che raccontava di essere stata compagna di vita di un’altra donna per circa vent’anni. Si volevano sinceramente bene, ma dentro di sé sentiva che qualcosa non andava nella loro relazione. Perché non era pienamente felice e soddisfatta se viveva un amore vero e autentico?

Qualcuno dirà che le persone con tendenze omosessuali non sono ancora pienamente accolte, che pagano lo stigma sociale della loro condizione, che non riescono a volersi bene e ad accettarsi così come sono perchè gli altri non le fanno sentire accettate.

È vero che l’omofobia esiste e ferisce, come esistono tantissime altre forme di odio, di violenza e di non accettazione in questo mondo. Ed è vero che talvolta l’orientamento sessuale diventa causa di scherno o persino di rifiuto. Ho impresse dentro di me certe frasi da far orrore: “Meglio un figlio morto che un figlio gay”, oppure: “Se avessi un figlio gay lo metterei in un forno crematorio”.

Quanta cattiveria ingiustificata, quanto odio. 

Eppure, non sempre l’inquietudine di fronte ad una situazione è motivata da fattori esterni, dagli sguardi degli altri. A volte, che qualcosa non va, lo avvertiamo forte e chiaro senza che nessuno ci giudichi o ci dica che stiamo sbagliando.

Una volta, vi avevo riportato la storia di Clelia, una ragazza che racconta di essersi avvicinata all’intimità sessuale in questo modo: 

Quando mi sono fidanzata per la prima volta avevo quindici anni. Senza avere ancora le idee chiare su come vivere concretamente la nostra sessualità nel fidanzamento, io e Federico ci siamo lasciati trasportare dagli eventi: abbiamo iniziato a spogliarci e a “concederci” ogni giorno qualcosa di più, credendo di avvicinarci al sesso, mentre ciò che facevamo ci allontanava soltanto dall’unità che viene da un vero rapporto sessuale! 

La masturbazione, il sesso orale, il sesso anale sono solo dei surrogati: dobbiamo avere il coraggio di dirlo forte e chiaro. Io oggi ce l’ho, quel coraggio, perché sono stata schiava di queste cose, credendo di proteggermi (così ero certa di non rimanere incinta) e di vivere una bella intimità (provavamo entrambi piacere, quindi andava tutto bene, no?), e invece ho capito che sono nata per altro. 

Ho passato un anno e mezzo a compiere questi gesti. Non parlavo di ciò con i miei genitori, per le mie coetanee era tutto normale, ma io mi sentivo “sporca”, anche se non volevo ammetterlo. 

Non mi sentivo a posto, soprattutto quando facevo la comunione, perché in tutto ciò io ero credente e andavo ancora in chiesa. Nessuno mi aveva mai parlato di masturbazione o di sesso orale, nessuno mi aveva mai detto se era sbagliato oppure no, ed eventualmente perché, ma io in fondo al cuore lo sapevo. Mi professavo cristiana e mi confessavo anche. Questo, però, non lo dicevo in confessione. Non lo vedevo come un peccato, o meglio non volevo vedere che stavo facendo uno scempio del mio corpo, anche se dentro avvertivo che qualcosa non andava. 

Oggi posso dire di essere caduta in una menzogna con Federico: quella di usarci a vicenda. Invece, il nostro corpo è un dono, non un arnese da usare per produrre godimento!

Clelia è una ragazza eterosessuale. E ciò che rinnega del suo passato è avere vissuto anni nella masturbazione con il suo fidanzato, invece di comprendere che era fatta per donarsi in un altro modo.

Ci credete se vi dico che Renè, una donna con tendenze omosessuali, oggi, rinnega del suo passato la stessa cosa?

Non rinnega l’affetto per l’altra donna, il bene che in vent’anni si sono fatte, il sostegno reciproco che si sono scambiate. Rinnega il fatto che “non hanno rispettato l’una il corpo dell’altra”, che l’hanno guardato con malizia, che si sono usate, fisicamente parlando, chiedendosi degli “scambi di favori”.

Quando Renè ha vissuto una conversione profonda a Cristo ha deciso di abbracciare la castità… che non significa solo “astinenza dal sesso”, significa riconoscere la natura e la finalità del sesso. Ha iniziato a vederlo come gesto di profonda unione, come fulcro dell’intimità sponsale, e come veicolo per la vita. 

Ha parlato con la sua compagna, le ha detto che non voleva più vivere il sesso, non potendolo vivere come gesto di vera unione, e l’altra ha compreso le ragioni di Renè; ha accettato. Poco tempo dopo, la compagna si è ammalata di cancro, un brutto male che l’ha poi portata alla morte. Renè le è rimasta accanto fino alla fine, era al suo fianco quando ha esalato il suo ultimo respiro. 

Oggi Renè racconta di quell’ultimo periodo vissuto nell’amicizia e nella gratuità come un dono. Renè oggi testimonia con forza che Lei ha trovato pace e libertà quando ha capito che l’atto sessuale ha una sua grammatica e che stravolgerla non ci fa bene, anche quando abbiamo delle pulsioni che ci fanno credere il contrario. È una grande bugia del nostro tempo pensare che si ama solo facendo sesso.




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Cecilia Galatolo

Cecilia Galatolo, nata ad Ancona il 17 aprile 1992, è sposata e madre di due bambini. Collabora con l'editore Mimep Docete. È autrice di vari libri, tra cui "Sei nato originale non vivere da fotocopia" (dedicato al Beato Carlo Acutis). In particolare, si occupa di raccontare attraverso dei romanzi le storie dei santi. L'ultimo è "Amando scoprirai la tua strada", in cui emerge la storia della futura beata Sandra Sabattini. Ricercatrice per il gruppo di ricerca internazionale Family and Media, collabora anche con il settimanale della Diocesi di Jesi, col portale Korazym e Radio Giovani Arcobaleno. Attualmente cura per Punto Famiglia una rubrica sulla sessualità innestata nella vocazione cristiana del matrimonio.

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