Aborto e legge 194

Per Luciana Littizzetto l’aborto non toglie nulla a nessuno. Ma è proprio così?

Luciana Littizzetto

Foto: MITO SettembreMusica, CC BY 2.0 , via Wikimedia Commons

Domenica 23 ottobre, Luciana Littizzetto, ha parlato in questo modo: “La 194 è una legge che allarga i diritti e non li restringe, che non toglie nulla a chi l’aborto non lo vuole fare e concede la possibilità a chi invece non vede altra strada. Chi siamo noi per giudicare una scelta così dolorosa? Come posso sapere io come si sente una donna violentata che porta in grembo il frutto di quello strazio? Come posso sapere io come si sente una donna alla quale il medico ha detto che il bambino che sta crescendo dentro di lei dovrà vivere una vita intera di sofferenza? Come posso sapere io come si sente una ragazzetta di 15 anni che cercava amore e si è ritrovata mamma per errore? Come posso sapere io come si sente una donna sola, senza soldi, magari con altri figli che già non riesce a sfamare. E come posso sapere io come si sentono un sacco di altre donne che scelgono di non essere mamme per chissà quali motivi. Non lo so. Ma una cosa la so. So che basta un attimo Gaspy per tornare indietro di anni e ricominciare con i ferri da calza”.

Mentre leggo queste parole, lo ammetto, il mio cuore si riempie di tristezza. Vedo (voglio vedere) la buona fede con cui questa donna le pronuncia. Lei sì, al contrario di Gasparri, può sapere benissimo cosa si prova a rinunciare ad una vita che ti nasce dentro. Provo tristezza perché dice che l’aborto “non toglie nulla a nessuno”, ma è una bugia. Edulcorare la realtà non la modifica: l’aborto toglie la vita a un essere umano. E non lo dico pensando ad un passo della Bibbia. Penso al dott. Segato, ginecologo che ha procurato oltre 4000 aborti e che dice, in un libro dal titolo L’ho fatto per le donne (edito da Mondadori): “Ogni volta devo otturarmi il naso: è brutto come uccidere in guerra”.

Provo tristezza perché si dice che l’aborto va concesso a chi non vede altra strada: ma perché non impegnarci anche affinché altre strade ci siano?

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Chi siamo noi per giudicare? NESSUNO, ha perfettamente ragione. Ma quella figlia, quel figlio in grembo, non è già anche nostra sorella, nostro fratello? La sua vita non vale quanto la nostra? Perché non occuparci di lei, di lui, non fare di tutto perché possa venire tra noi, ad arricchire con i suoi doni unici la nostra famiglia umana? 

È vero, non sappiamo come possa sentirsi una ragazzetta di 15 anni, incinta di un uomo che in realtà è un bambino come lei, ma possiamo immaginare cosa le abbiano detto ai vari corsi di educazione sessuale. Quello che hanno detto a me, suppongo: “Usa un preservativo e non ti succederà nulla”.

Ho amiche che sono rimaste incinte così, vedendo nella contraccezione un dio e senza interrogarsi sui gesti, sul significato di quella unione. E i preservativi non sono infallibili come si legge su Internet.

Invece di promuovere l’aborto in ogni spazio televisivo possibile, perché non dedichiamo una puntata – una sola! – a spiegare ai ragazzi che il loro corpo è sacro, che l’amore ha bisogno di tempo e che se non si è pronti a diventare una sola carne, a diventare genitori, si può anche aspettare per vivere l’intimità sessuale?

Certo che non possiamo sapere come si sente la mamma di un bambino malato, ma possiamo immaginare quanto sola si possa sentire ora, quando invece di vedere una comunità che si stringe attorno alla famiglia e le fa forza, si sente dire –in prima serata Rai – che ha tutto il diritto di rifiutarlo, se non se la sente di sobbarcarsi tutta quella fatica (che riguarda lei, appunto. Non ci interpella come comunità!).

Quanto allo stupro… davvero quel bambino – generato non certo perché lo ha chiesto – può essere identificato con l’orrore della violenza da cui è nato? Non è forse la prima vittima? Deve davvero pagare lui per quello schifo, per l’errore di suo padre?

Come posso sapere io come si sentono un sacco di altre donne che scelgono di non essere mamme per chissà quali motivi? È vero, forse non lo so. Ma una cosa la so. So che basta un attimo, cara Lucy, per far credere che la soluzione ad una maternità indesiderata sia l’aborto. Quando la soluzione è promuovere ad ogni livello – anche in tv! – il rispetto di sé, del proprio corpo, di quello altrui, aiuti economici e sostegno concreto. 
Proviamo a sfruttare la visibilità che viene dall’essere personaggi famosi per promuovere un amore vero. A 360°. Perché la 194 non la toccherà nessuno, alla fine. Ma tante vite potrebbero essere risparmiate da un dolore immenso, quello che tu stessa dici di non voler giudicare.




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Cecilia Galatolo

Cecilia Galatolo, nata ad Ancona il 17 aprile 1992, è sposata e madre di due bambini. Collabora con l'editore Mimep Docete. È autrice di vari libri, tra cui "Sei nato originale non vivere da fotocopia" (dedicato al Beato Carlo Acutis). In particolare, si occupa di raccontare attraverso dei romanzi le storie dei santi. L'ultimo è "Amando scoprirai la tua strada", in cui emerge la storia della futura beata Sandra Sabattini. Ricercatrice per il gruppo di ricerca internazionale Family and Media, collabora anche con il settimanale della Diocesi di Jesi, col portale Korazym e Radio Giovani Arcobaleno. Attualmente cura per Punto Famiglia una rubrica sulla sessualità innestata nella vocazione cristiana del matrimonio.

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