Il Vangelo letto in famiglia

XXXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – Anno C – 13 NOVEMBRE 2022

Gesù era una persona “perbene”?

Pur di mantenere le nostre posizioni, le nostre idee, le nostre cose, sentiamo sempre il bisogno di attuare “il politicamente corretto”; ma questo non è cristianesimo, è ipocrisia. Nel messaggio cristiano non c’è niente di politicamente corretto, perché noi crediamo in un uomo che ha gridato la verità dai tetti, che si è fatto ammazzare come un malfattore, che quando si è trattato di prendere le sue decisioni ha intrecciato una frusta di cordicelle e ha cacciato via i venditori dal tempio.

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 17,26-37)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come avvenne nei giorni di Noè, così sarà nei giorni del Figlio dell’uomo: mangiavano, bevevano, prendevano moglie, prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca e venne il diluvio e li fece morire tutti. Come avvenne anche nei giorni di Lot: mangiavano, bevevano, compravano, vendevano, piantavano, costruivano; ma, nel giorno in cui Lot uscì da Sòdoma, piovve fuoco e zolfo dal cielo e li fece morire tutti. Così accadrà nel giorno in cui il Figlio dell’uomo si manifesterà. In quel giorno, chi si troverà sulla terrazza e avrà lasciato le sue cose in casa, non scenda a prenderle; così, chi si troverà nel campo, non torni indietro. Ricordatevi della moglie di Lot. Chi cercherà di salvare la propria vita, la perderà; ma chi la perderà, la manterrà viva. Io vi dico: in quella notte, due si troveranno nello stesso letto: l’uno verrà portato via e l’altro lasciato; due donne staranno a macinare nello stesso luogo: l’una verrà portata via e l’altra lasciata». Allora gli chiesero: «Dove, Signore?». Ed egli disse loro: «Dove sarà il cadavere, lì si raduneranno insieme anche gli avvoltoi».

IL COMMENTO

di don Gianluca Coppola

Siamo giunti alla trentatreesima domenica del Tempo Ordinario, cioè l’ultima dell’anno liturgico, a cui seguirà, prima dell’inizio dell’Avvento, la domenica della Solennità del Cristo Re. Ma che cos’è un anno liturgico? È un anno in cui abbiamo meditato una parte della Sacra Scrittura. La Chiesa Cattolica, infatti, divide il suo percorso nella Bibbia in tre anni: l’anno A, B e C; il ciclo di letture che abbiamo meditato durante tutto quest’anno si conclude in questa domenica. Questo è l’anno liturgico C, termina oggi e, con la prima domenica di Avvento, avrà inizio l’anno A. Si tratta di un’ottima suddivisione perché, vedete, se un cattolico leggesse sempre le letture del giorno, in tre anni e in maniera molto lenta, meditata e tranquilla, avrebbe letto tutta la Bibbia. Il mio invito, dunque, è quello di cominciare, con l’inizio dell’anno A, a meditare le letture ogni giorno, in modo tale da intraprendere questo viaggio che in tre anni ci permetterà di aver attraversato tutta la Scrittura, dalla Genesi fino all’Apocalisse, fatta eccezione per qualche capitolo.

Nel Vangelo proposto in questa ultima domenica del Tempo Ordinario, Gesù ci parla della sorte finale. Gli apostoli erano intenti a guardare il tempio che «era ornato di belle pietre e di doni votivi»; era il tempio di Salomone, era una delle sette meraviglie del mondo, tutti lo conoscevano e la gente veniva da ogni dove per visitarlo. Gesù osserva quella meraviglia, vede gli apostoli contemplare quella struttura abbellita da pietre preziose e dice: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta». Con queste parole, Gesù sta innanzitutto preparando gli apostoli a ciò che avverrà: nel 70 d.C., i romani raderanno completamente al suolo il tempio di Gerusalemme, questa è storia. Ma possiamo immaginare la delusione degli apostoli in seguito a quelle parole: il tempio era per loro il luogo della presenza di Dio, il luogo dove, da sempre, avevano cercato un contatto con Dio, e Gesù sostiene che sarà distrutto. In realtà, ciò che Gesù intende sottolineare è che, pur contemplando quella meraviglia architettonica, gli apostoli non vedevano l’essenziale, non avevano compreso che in realtà la roccia vera, il Tempio vero era davanti a loro e gli parlava: era Cristo stesso. Anche noi, spesso, lasciamo che il nostro cuore si aggrappi a tante cose, umane e materiali, senza accorgerci che la gioia è altrove. Nelle sue parole, Gesù dice: «di quello che vedete»; fa appello alla vista, ovvero a uno dei cinque sensi, e lo fa per affermare che di tutto ciò che riusciamo ad assimilare attraverso i sensi, di tutto quello che è storico, materiale e concreto, «non sarà lasciata pietra su pietra». E allora, cosa rimarrà? Cristo e l’amore che, in Cristo, siamo riusciti a sviluppare, verso Cristo stesso, verso la Chiesa, verso i fratelli e chi ci sta intorno.

Gesù, ancora una volta capovolge il modo di pensare e di vedere degli apostoli, e anche il nostro: il cristiano, contrariamente a quanto siamo soliti pensare, non è semplicemente una persona perbene. Infatti, Gesù non è mai stato una persona perbene, e non sto dicendo che era una cattiva persona, ma Cristo, in nome della verità, si è fatto frustare, si è fatto mettere in croce. Agli occhi del suo popolo, Gesù è morto come un malfattore, non come una persona perbene. Al contrario noi, pur di mantenere le nostre posizioni, le nostre idee, le nostre cose, sentiamo sempre il bisogno di attuare “il politicamente corretto”; ma questo non è cristianesimo, è ipocrisia. Fratelli miei, nel messaggio cristiano non c’è niente di politicamente corretto, perché noi crediamo in un uomo che ha gridato la verità dai tetti, che si è fatto ammazzare come un malfattore, che quando si è trattato di prendere le sue decisioni ha intrecciato una frusta di cordicelle e ha cacciato via i venditori dal tempio. Nel corso degli anni, la figura di Gesù è stata fortemente depotenziata, lo abbiamo fatto diventare impotente, lo abbiamo descritto come un figlio dei fiori, un buonista e pacifista, ma Gesù non è cosi. E soltanto le persone che vogliono fare sul serio possono seguire Gesù, non quelle che si preoccupano di fare sempre bella figura o che si interessano del giudizio della gente. Se vogliamo vivere da perbenisti, che non è la stessa cosa di essere persone perbene, allora non possiamo seguire Gesù, né il Vangelo.

Nella seconda parte di questo passo, sembra proprio che Gesù stia alludendo ai nostri giorni: parla di enormi sconvolgimenti, di malattie, di terremoti, di guerre, e la mia mente va inevitabilmente alla martoriata terra dell’Ucraina. Eppure, nonostante tutto questo ci sembri terribile, calamitoso, invivibile, Cristo ci tranquillizza dicendoci che non è la fine, perché la fine sarà un’altra cosa, sarà il momento in cui tornerà nella nostra vita, per giudicarci secondo amore e misericordia, senza paura, senza rancori. Menomale che Dio non è un essere umano, perché se noi dovessimo essere giudicati da un essere umano, andremmo tutti all’inferno. E invece, Dio ci ama, di un amore che noi non riusciamo nemmeno a immaginare, e il suo giudizio, perché sì, saremo giudicati, e questo è innegabile perché è la verità del Vangelo, il suo giudizio sarà basato sull’amore, non su altro. San Giovanni della croce afferma: «Nella notte dei tempi saremo giudicati sull’amore». Sul finire del Vangelo, Gesù sostiene: «Sarete odiati da tutti a causa del mio nome». Diffidiamo di una Chiesa troppo popolare, di una Chiesa che sceglie il politicamente corretto, perché con questo atteggiamento perbenista rischiamo di non fare più la differenza rispetto al mondo. Gesù non sta preparando soltanto gli apostoli alle persecuzioni che verranno e ai fiumi di sangue versati sulla Chiesa, ma sta preparando anche me e te, perché il Vangelo è attuale. Gesù ci invita a non avere paura della persecuzione, perché chi fa la volontà di Dio inevitabilmente è perseguitato, si sente un pesce fuor d’acqua; ci dice di non preoccuparci perché la nostra gioia sarà un’altra, la nostra consolazione sarà un’altra. Conclude dicendo: «Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita», bellissimo! Io posso davvero contribuire alla mia salvezza? Certo, con la perseveranza! Ma che significa perseverare? Significa insistere, insistere nel bene, insistere nelle cose belle della vita, nell’amore, nell’ascolto, nell’accoglienza, nel fare del bene a tutti. Allora, perseveriamo, anche quando saremo odiati, umiliati, abbattuti, perché soltanto perseverando nel bene avremo la certezza di essere salvi.




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Gianluca Coppola

Gianluca Coppola (1982) è presbitero della Diocesi di Napoli. Ha la passione per i giovani e l’evangelizzazione. È stato ordinato sacerdote il 29 aprile 2012 dopo aver conseguito il baccellierato in Sacra Teologia nel giugno del 2011. Dopo il primo incarico da vicario parrocchiale nella Chiesa di Maria Santissima della Salute in Portici (NA), è attualmente parroco dell’Immacolata Concezione in Portici. Con Editrice Punto Famiglia ha pubblicato Dalla sopravvivenza alla vita. Lettere di un prete ai giovani sulle domande essenziali (2019) e Sono venuto a portare il fuoco sulla terra (2020).

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