Come conciliare i diritti del concepito e quelli della donna? La risposta del giurista Rafael Santa Maria D’Angelo

Carlo Casini

Domani, giovedì 24 novembre, si svolgerà un convegno dal titolo “Carlo Casini: un giurista integrale”, presso l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum. Abbiamo intervistato uno dei relatori, il Prof. Rafael Santa Maria D’Angelo, decano della Facoltà di Diritto presso l’Università Cattolica San Pablo (Perù), che interverrà sul tema del riconoscimento giuridico del concepito.

Professore, perché al concepito dovrebbe essere riconosciuta capacità giuridica?

La capacità giuridica è un attributo che appartiene a qualsiasi essere umano e ha un presupposto: il riconoscimento dell’essere umano stesso. È uno dei primi diritti che abbiamo, per questo riguarda anche il concepito. Egli è “soggetto di diritto”, ha già una capacità giuridica. Non è che lo Stato regalerebbe qualcosa al concepito, si tratta di riconoscere qualcosa che già gli appartiene per la stessa natura dell’essere umano.

Nell’ambito del diritto internazionale, in merito ai diritti umani, oggi si parla di un principio molto importante: principio pro homine. Significa che in qualsiasi situazione si deve favorire sempre il soggetto più debole: è lui che ha diritto a maggior protezione giuridica, a maggior tutela.

Carlo Casini si è speso a favore della vita nascente. Che eredità ci ha lasciato?

Penso che ci abbia lasciato l’integrità. In un doppio senso: il primo è che, riguardo a questa tematica giuridica, legata alla vita e alla famiglia, si è adoperato per favorire una conoscenza interdisciplinare. Non si è limitato ad approfondire il diritto. Penso ad esempio alla bioetica, che conosceva molto bene (è stato parte del Comitato Nazionale della Bioetica Italia, nella Pontificia Accademia per la vita, e ha collaborato tanto con altri centri di bioetica, in Italia e nel mondo). Ecco, ha saputo integrare una riflessione interdisciplinare, riguardo a questa tematica, perché le argomentazioni potessero essere più forti, più scientifiche

Con integrità, però, intendo anche dire che è stato un uomo giusto. Un vero professionista, una grande persona.

Come conciliare il diritto del concepito a nascere con la fatica di una donna a dire “sì” a quella vita?

Domanda molto interessante. Il concetto di conciliazione qui è molto importante. Conciliazione, a livello giuridico, significa che non si accontenta solo una delle due posizioni in causa: si cerca una soluzione che tenga conto di entrambi gli interessi. In una situazione di difficoltà nei rapporti umani si devono conciliare i diritti di entrambe le parti. È molto importante capire questo: oltre agli interessi del concepito di nascere, c’è la vita della donna, che magari si trova in una situazione di difficoltà, però è importante tenere presente che ci sono due esseri umani e si dovrebbero salvare entrambe le vite, mantenendo come punto fermo il concetto della “coesistenza”. Questa è la sfida: favorire la tutela di entrambi i soggetti, come avviene nelle altre situazioni di difficoltà tra due persone. E poi coinvolgere il padre, è molto importante anche la sua presenza.

Leggi anche: In Italia l’aborto è un diritto? Vediamo cosa dice la legge 194 (puntofamiglia.net)

Come si genera la cultura della vita, da dove iniziare?

La sfida è a livello culturale, ha colto il punto. La vita oggi più che “sperata” è “creata”. Abbiamo tanta tecnica, dalla fecondazione assistita ad altre situazioni di manipolazione. Il punto di partenza è non perdere lo sguardo di meraviglia per ogni vita umana. Dobbiamo favorire la capacità di stupore, che ci fa dire che ogni vita vale. Ci meravigliamo davanti a un paesaggio, qui in Italia ne avete tanti di bei paesaggi. Ma come non capire che anche in ogni vita umana c’è tanta bellezza? Ogni vita umana è un dono. Da dove cominciare? Dalla famiglia. La realtà della vita è sempre legata alla realtà della famiglia.

I media promuovono sempre più l’aborto come un diritto. Come valuta questa operazione?

Il dibattito è presente in ogni parte del mondo. Al di là di quello che ci dicono i giornalisti, è importante approfondire a livello giuridico. Qualcuno può leggere la questione solo da un punto di vista formale e dire “Questo o quel paese finalmente ha approvato l’aborto”, ma qualcun altro può dire che la giurisprudenza riflette e spesso cambia, è il caso degli Stati Uniti, con la sentenza Roe vs Wade. Una posizione che si pensava incontrovertibile è cambiata. Non si può dire che l’aborto, nella sua riflessione di fondo, è una questione risolta. Anzi, ci si presenta davanti proprio una sfida: quella di pensare sulla vita. Io credo che per crescere come società dobbiamo riconoscere il primo diritto (quello alla vita) al primo soggetto esistente (il concepito). Se si parla di diritto come riconoscimento dell’altro, non posso pensare all’altro come a qualcuno inferiore rispetto a me. Ci deve essere una posizione di parità. Dal punto di vista giuridico, esistono sempre diritti e doveri. Tu sei la madre, certo che hai diritti, però c’è anche il concepito, che ha i suoi diritti. In una coesistenza armonica dovremmo tenere insieme questi aspetti, sempre.

Poi, va detto che nessuna convenzione dei diritti umani ancora ha mai detto questo sull’aborto, sebbene sia approvato in molti paesi. 

Spesso si associa l’aborto alla misoginia. Perché? Cosa possiamo dire su questo?

Il rischio di etichettare le persone c’è sempre. Ma difendere la vita non è misoginia. La pandemia penso sia stata importante per riconoscere la vulnerabilità e l’importanza di chiedere aiuto agli altri. Se vogliamo andare avanti come società non possiamo accettare il materialismo, dobbiamo essere attenti a come crescere insieme all’altro, a partire dai più deboli. Non si tratta di essere contro le donne.

I giovani sono il futuro, anzi il presente. C’è qualche storia che le dona speranza?

Mi viene in mente una storia che mi ha raccontato una professoressa argentina. Un signore, sposato da cinquant’anni di matrimonio, ha affermato di conoscere così bene la moglie che ormai poteva prevedere le parole di lei e che a volte, pur restando in silenzio, si dicevano già tutto. C’erano tanti giovani presenti, che sono rimasti colpiti da un rapporto così intimo e profondo. I giovani vogliono questo e hanno bisogno di queste testimonianze. 

Cosa vorrebbe dire a chi ci legge in vista del convegno?

Su questo convegno di domani in cui parleremo di Carlo Casini, vorrei dire che dobbiamo avere speranza. Speranza che c’è del buono nella persona vicino a noi. E soprattutto dobbiamo essere noi segno di speranza per gli altri.




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Cecilia Galatolo

Cecilia Galatolo, nata ad Ancona il 17 aprile 1992, è sposata e madre di due bambini. Collabora con l'editore Mimep Docete. È autrice di vari libri, tra cui "Sei nato originale non vivere da fotocopia" (dedicato al Beato Carlo Acutis). In particolare, si occupa di raccontare attraverso dei romanzi le storie dei santi. L'ultimo è "Amando scoprirai la tua strada", in cui emerge la storia della futura beata Sandra Sabattini. Ricercatrice per il gruppo di ricerca internazionale Family and Media, collabora anche con il settimanale della Diocesi di Jesi, col portale Korazym e Radio Giovani Arcobaleno. Attualmente cura per Punto Famiglia una rubrica sulla sessualità innestata nella vocazione cristiana del matrimonio.

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