24 Novembre 2022

Saman: la vita di una figlia appartiene a se stessa o alla sua famiglia?

Saman Abbas, è di origini pakistane, ma vive in un casolare agricolo a Novellara, non lontano da Reggio Emilia. È arrivata in Italia con la sua famiglia quando era ancora una bambina. Nell’adolescenza si ribella al metodo educativo imposto, abbandona l’hijab nero, ascolta solo musica rap, adora i jeans strappati.

Per i genitori quel comportamento è inaccettabile, la loro cultura, la loro religione non lo tollera e quando si accorgono che Saman ha un ragazzo italiano prevedono per lei un matrimonio combinato con un cugino in Pakistan. Saman non può accettare tutto questo, sa che può chiedere aiuto e lo fa. Si rivolge ai carabinieri, chiede allo Stato italiano di difenderla e i giudici rispondono mandandola in una struttura protetta. Riconoscono cioè che c’è un pericolo ma non basta a salvarla.

Intanto Saman su Tik Tok conosce un nuovo ragazzo e comincia a frequentarlo. Posta anche sui social una foto di un bacio tra lei e il nuovo fidanzato. Non sa che sta firmando la sua condanna a morte. Quando la madre le invia un messaggio scongiurandola di tornare: “Stiamo morendo, facciamo come vuoi tu”, l’amore per la sua famiglia prende il sopravvento nel suo cuore. Saman si illude che tutto possa andare nel verso giusto e che i genitori pur di non perderla sono disposti ad accettare il suo nuovo stile di vita e invece…

Quel bacio, reso pubblico dai social, è un disonore inaccettabile. Il messaggio è solo una trappola. Tornata a casa la famiglia studia il momento migliore. Saman comincia a sospettare che l’amore non c’entrava nulla con la supplica della madre, avverte il fidanzato che qualcosa di brutta sta per accadere … Dopo appena due giorni da quell’avvertimento le videocamere di sorveglianza la riprendono mentre esce di casa poco dopo la mezzanotte, scortata dai genitori. C’è un litigio sul vialetto. Poi i tre spariscono dall’obiettivo. È l’ultima immagine di Saman viva.

La denuncia di scomparsa arriva cinque giorni dopo, quando tutti sono già partiti per il Pakistan. I carabinieri per mesi la cercano. Domenica in un casolare a poche centinaia di metri dalla casa della vittima, la Scientifica scava due metri sottoterra e trova un sacco con dentro i resti di un essere umano. Quasi certamente è Saman, anche se solo gli esami del Dna lo potranno confermare.

La domanda che emerge da questa tragica vicenda è: la vita di una figlia appartiene a se stessa o alla sua famiglia? La vita appartiene a Dio. La vita è un dono. La vita personale e quella degli altri ci viene affidata, non è nostra e non appartiene a nessun essere umano. Una religione o una cultura che riconosce questo principio al di sopra di tutto può vivere civilmente e nel rispetto e nella crescita di ciascuno altrimenti parliamo di aria fritta. L’istanza di femminicidio è secondaria anche se molto importante. È chiaro che ci sono culture assurde che considerano la donna ancora un essere umano di serie B, una cosa da gestire a proprio piacimento, una proprietà privata ma non è possibile lottare, ribellarsi per i diritti umani evitando di rispondere alla domanda su come quel credo influisce sui comportamenti e le scelte.

Una seconda riflessione riguarda il suo Paese. Il Pakistan detiene il primato dei delitti d’onore commessi sul suo territorio, generalmente contro donne accusate di adulterio o che si sposano senza il consenso della famiglia: più di mille all’anno, un quinto di quelli perpetrati a livello mondiale. Ora in quel Paese questa fattispecie è stata criminalizzata con alcuni interventi legislativi, ma continua a verificarsi e a essere approvata socialmente soprattutto nelle zone tribali del Paese. Perché? Essenzialmente perché da un lato si condanna il delitto d’onore, affermando che l’innocenza o la colpevolezza di una persona vanno accertati da un tribunale e non possono essere affidati a procedimenti extra-giudiziali; dall’altro non sono state adottate misure tese a impedire la violenza contro le donne. Direi una lavata di faccia davanti al mondo perché si condanna l’atto finale ma non tutto il cammino che conduce al delitto d’onore. Tutto questo chi lo dice? Di chi o cosa si ha timore?


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Giovanna Abbagnara

Giovanna Abbagnara, è sposata con Gerardo dal 1999 e ha un figlio, Luca. Giornalista e scrittrice, dal 2008 è direttore responsabile di Punto Famiglia, rivista di tematiche familiari. Con Editrice Punto Famiglia ha pubblicato: Il mio Giubileo della Misericordia. (2016), Benvenuti a Casa Martin (2017), Abbiamo visto la Mamma del Cielo (2016), Il mio presepe in famiglia (2017), #Trova la perla preziosa (2018), Vivere la Prima Eucaristia in famiglia (2018), La Prima Comunione di nostro figlio (2018), Voi siete l'adesso di Dio (2019), Ai piedi del suo Amore (2020), Le avventure di Emanuele e del suo amico Gesù (2020), In vacanza con Dio (2022).

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