CORRISPONDENZA FAMILIARE

Se la famiglia frana… come vincere la rassegnazione

28 Novembre 2022

Illustrazione: Nikolayenko Yekaterina / Shutterstock.com

Dai colloqui con gli sposi emergono esperienze diverse. C’è chi si lascia travolgere dal peso della delusione e della rassegnazione, chi avanza con gioia, chi ha bisogno di essere sostenuto. Per don Silvio: “Dovremmo mettere in campo una task force di primo livello, investire il meglio delle nostre risorse” in tutti i campi, specie in quello della vita ecclesiale.

Parto da un’esperienza, uno dei tanti colloqui con una coppia di sposi. Nelle parole e negli occhi una stanchezza e una sostanziale sfiducia, il dialogo lascia il posto al monologo, ciascuno difende le sue ragioni. È una conflittualità non esasperata verbalmente ma ben radicata. Si sono sposati con le migliori intenzioni ma a distanza di una manciata di anni si ritrovano a piedi. A dire il vero, non hanno mai volato ma oggi non hanno più nemmeno la forza di camminare, non chiedono più niente, appaiono rassegnati. E tuttavia, malgrado lo sconforto e la stanchezza delle parole, sento che ciascuno chiede all’altro qualcosa, come se volesse sentire che il fuoco non è del tutto spento, c’è ancora una scintilla sotto la cenere. 

Cerco di scuoterli, ricordo loro che il matrimonio non è stato un abbaglio ma una scelta meditata; e ricordo anche che i figli hanno tutto il diritto di crescere in una famiglia unita. L’entusiasmo iniziale, segnato da una forte emotività, lascia il posto ad una relazione in cui l’amore mette radici ma non perde slancio, non perde la passione. Li invito a ridare spazio alla fede, la Messa domenicale non basta, c’è bisogno di una vita di fede più robusta, di catechesi e testimonianze che aprono orizzonti nuovi e vincono l’apatia. C’è bisogno della preghiera per decidere di ripartire, mettendo da parte pregiudizi e orgoglio, attese e rivendicazioni. L’amore non è finito. Tutto può rinascere. 

Non tutti i colloqui hanno questo timbro di amarezza, grazie a Dio. Anzi, ci sono incontri in cui percepisco il fuoco dello Spirito che dona agli sposi l’umile disponibilità di camminare insieme, mano nella mano, vincendo quell’orgoglio istintivo che insidia ogni relazione. Queste esperienze, spesso nascoste, mi danno la forza di accompagnare anche gli sposi più fragili. E tuttavia, quando mi imbatto in sposi rassegnati e delusi che hanno perso la gioia della condivisione, mi chiedo cosa è mancato e quali sono i contrappesi da prevedere per custodire lo slancio dell’amore.

La prima osservazione riguarda la vita ecclesiale. Chi aiuta i giovani a uscire dalle catene dell’io per imparare a vivere nella luce esigente del noi? Chi insegna la grammatica dell’amore umano? Chi aiuta gli sposi a tradurre i sentimenti in una comunione che abbraccia tutta la vita? Chi sostiene e orienta i passi degli sposi nella via della coniugalità? Considerando la crisi attuale della famiglia, dovrebbe essere uno dei temi più urgenti da affrontare, una delle questioni che non possiamo eludere né rimandare, uno dei capitoli più importanti della vita ecclesiale. Non è semplice smottamento del terreno ma una frana che rischia di avere conseguenze gravi sull’intera società. Dovremmo mettere in campo una task force di primo livello, investire il meglio delle nostre risorse. E invece… tutto tace. La vita ordinaria di una parrocchia segue altre priorità. 

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Una seconda osservazione coinvolge gli sposi. La celebrazione nuziale è solo il punto di partenza di un cammino a due. La comunione non appartiene al già detto ma deve essere costantemente perseguita come un bene essenziale. È importante perciò tenere vivo un dialogo per condividere le scelte più significative; ed è necessario comunicare con frequenza la gioia di stare insieme, malgrado i limiti e la fatica. Non è mai inutile dire: “Sono contento di stare con te, è bello affrontare insieme la vita. Anche se spesso litighiamo, non saprei vivere senza di te”. Queste e altre parole simili fanno parte di quella liturgia che deve irrigare e illuminare la vita domestica. Non importa se ripetiamo le stesse parole, fanno sempre bene perché alimentano la coscienza nuziale e aiutano a superare dubbi e perplessità che talvolta nascono all’interno della coppia. 

Il tempo liturgico dell’Avvento è quello in cui amplifichiamo la debole voce della speranza. La consapevolezza delle mancanze s’intreccia con la certezza che viene Colui che può cambiare radicalmente il corso degli eventi. Per questo vi suggerisco di intensificare la preghiera per la famiglia. Se volete, usate queste parole: 

Padre santo,
sei Tu la fonte dell’amore 
che unisce l’uomo e la donna 
in un patto indissolubile 
e fa della comunità domestica
la culla dell’umana società. 

Sostieni gli sposi che vacillano, 
quelli che hanno smarrito la via, 
quelli che Ti hanno dimenticato, 
quelli che non conoscono più la gioia dell’amore, 
quelli che sono schiacciati dal dolore. 

Dona alla tua Chiesa 
apostoli che s’impegnano a promuovere 
la famiglia come un bene essenziale 
la casa in cui il Vangelo s’incarna
e da cui s’irradia nel mondo. 
E dona anche a ciascuno di noi,
di fare la sua parte 
e di seminare con generosità e letizia 
il Vangelo dell’amore e del matrimonio 
con la certezza che ogni fatica 
rende più bella la Chiesa
e più dignitosa la casa comune. 
Amen 




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Silvio Longobardi

Silvio Longobardi, presbitero della Diocesi di Nocera Inferiore-Sarno, è l’ispiratore del movimento ecclesiale Fraternità di Emmaus. Esperto di pastorale familiare, da più di trent’anni accompagna coppie di sposi a vivere in pienezza la loro vocazione. Autore di numerose pubblicazioni di spiritualità coniugale, cura per il magazine Punto Famiglia la rubrica “Corrispondenza familiare”.

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