BENEDETTO XVI E LA FAMIGLIA

“L’amore mira all’eternità”: Benedetto XVI e l’insegnamento sulla famiglia

Benedetto XVI: “L’eros ha bisogno di disciplina, di purificazione per donare all’uomo non il piacere di un istante, ma un certo pregustamento del vertice dell’esistenza, di quella beatitudine a cui tutto il nostro essere tende”. Se san Giovanni Paolo II è stato il papa della famiglia, il suo successore ne ha raccolto il testimone. Ecco cosa insegnava sul matrimonio. 

San Giovanni Paolo II è universalmente riconosciuto come il papa della famiglia. Un’analisi più attenta al magistero degli ultimi decenni ci permette di dire che non è stato l’unico. Il suo successore Benedetto XVI, ad esempio, ne ha raccolto il testimone fornendo ulteriori conferme di tipo teologico al lavoro meraviglioso del papa polacco. Vogliamo ripercorrere alcune delle profetiche parole che il Papa tedesco ha prodotto riguardo al matrimonio cristiano.

La sua prima enciclica, Deus Caritas est, si apre con le parole della prima lettera di san Giovanni apostolo 4,16: «Dio è amore; chi sta nell’amore dimora in Dio e Dio dimora in lui». Queste parole esprimono, con chiarezza, che si tratta di una lettera “sull’amore cristiano” strutturata in due parti: nella prima, il tema viene affrontato a partire dall’esperienza ed essenza dell’amore umano in rapporto a quello divino, che viene donato in maniera particolare in Cristo; nella seconda si analizzano la carità e l’impegno per la giustizia messi in atto dalla Chiesa sin dai primi secoli, quali forme concrete e comunitarie di risposta al comandamento di Gesù di amare tutti come fratelli. «Nella mia prima Enciclica – scrive il Papa – desidero parlare dell’amore, del quale Dio ci ricolma e che da noi deve essere comunicato agli altri». 

Egli, quindi, ricorda ai fedeli e a tutti i suoi lettori la molteplicità di significati e quindi la ricchezza semantica della parola amore

Cita così l’amor di patria, l’amore tra amici, l’amore per il lavoro, quello tra genitori e figli, l’amore per il prossimo fino all’amore per Dio. Si sofferma, in particolare ed è di questo che vogliamo parlare qui, sull’amore tra uomo e donna: «In tutta questa molteplicità di significati, però, l’amore tra uomo e donna, nel quale corpo e anima concorrono inscindibilmente e all’essere umano si schiude una promessa di felicità che sembra irresistibile, emerge come archetipo di amore per eccellenza, al cui confronto, a prima vista, tutti gli altri tipi di amore sbiadiscono». 

Su questo aspetto il mondo intero, anche i detrattori della Chiesa, sono concordi. Su alcuni aspetti, però, il mondo non segue la Chiesa.

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Il Papa lo sa e, riferendosi tra l’altro anche al filosofo Nietzsche, le ricorda: «La Chiesa con i suoi comandamenti e divieti non ci rende forse amara la cosa più bella della vita? Non innalza forse cartelli di divieto proprio là dove la gioia, predisposta per noi dal Creatore, ci offre una felicità che ci fa pregustare qualcosa del Divino?» 

Quante volte, soprattutto dai più giovani, ci giungono queste critiche? Per Benedetto XVI, la risposta è molto profonda e va oltre una limitata visione emozionale ed egoistica del sentimento umano più diffuso: «L’eros ebbro ed indisciplinato non è ascesa, estasi verso il Divino ma caduta, degradazione dell’uomo. Così diventa evidente che l’eros ha bisogno di disciplina, di purificazione per donare all’uomo non il piacere di un istante, ma un certo pregustamento del vertice dell’esistenza, di quella beatitudine a cui tutto il nostro essere tende». 

Contrariamente a quanto viene attribuito al pensiero della Chiesa, l’eros, come si vede, non è negativo in sé. È, invece, una forza predisposta da Dio per mettere in moto un cammino vocazionale. Va condannato, invece, l’erotismo, cioè, l’uso dell’eros fine a sé stesso.

L’uomo, infatti, diventa «veramente sé stesso, quando corpo e anima si ritrovano in intima unità». 

Da ciò – per Benedetto XVI – deriva che «l’eros degradato a puro sesso diventa merce, una semplice cosa che si può comprare e vendere, anzi, l’uomo stesso diventa merce». 

L’amore vero ha, quindi, necessità di «un cammino di ascesa, di purificazione e guarigione». «L’amore comprende la totalità dell’esistenza in ogni sua dimensione, anche in quella del tempo. Non potrebbe essere diversamente, perché la sua promessa mira al definitivo: l’amore mira all’eternità». 

«L’eros rimanda l’uomo al matrimonio, a un legame caratterizzato da unicità e definitività (…) all’immagine del Dio monoteistico corrisponde il matrimonio monogamico. Il matrimonio basato su un amore esclusivo e definitivo diventa l’icona del rapporto di Dio con il suo popolo e viceversa». Il Papa ci conduce a vedere, quindi, l’amore come «estasi», intesa non come un momento di ebbrezza ma «cammino, come esodo permanente dall’io chiuso in sé stesso verso la sua liberazione nel dono di sé». 

Da questa dimensione di agape, l’amore può poi scalare le vette dell’offerta totale e assoluta non solo a una persona, come è nella normalità del rapporto di coppia, ma a più persone fino all’intera umanità, come avviene nelle famiglie aperte alla vita e all’accoglienza e anche, in altro ambito, nella vocazione presbiterale o religiosa, facendosi “tutto a tutti”. L’amore esige un’intima compenetrazione e un profondo equilibrio tra corpo e anima, tra l’eros e l’agape, tra l’umano e il divino. 

Scrive il Papa: «L’uomo non può sempre soltanto donare, deve anche ricevere. Chi vuol donare amore, deve egli stesso riceverlo in dono». E la sorgente primordiale dell’amore è Dio. Benedetto ricorre all’immagine della visione del patriarca Giacobbe a riguardo della scala che collegava cielo e terra: «I Padri hanno visto simboleggiata in vari modi, nella narrazione della scala di Giacobbe, questa connessione inscindibile tra ascesa e discesa, tra l’eros che cerca Dio e l’agape che trasmette il dono ricevuto». «L’«amore» è un’unica realtà, seppur con diverse dimensioni; di volta in volta, l’una o l’altra dimensione può emergere maggiormente. Dove però le due dimensioni si distaccano completamente l’una dall’altra, si profila una caricatura o in ogni caso una forma riduttiva dell’amore».Due considerazioni emergono da queste brevi citazioni. La prima riguarda il fatto che, come si vede, il santo padre attinge a piene mani nel magistero di Giovanni Paolo II con particolare riferimento alla sua teologia del corpo soprattutto laddove ci si riferisce all’ermeneutica del dono iscritta nell’uomo. Benedetto, veniamo così alla seconda considerazione, si spinge in questo documento fino a presentarci il cuore della spiritualità coniugale: l’amore come ascesi, estasi che conduce la coppia ad essere una sola carne e, come una caro, ad essere un tutt’uno con Dio. Questo discorso è stato poi ripreso e straordinariamente ampliato da papa Francesco nell’ultimo capitolo della sua lettera Amoris Laetitia nel quale si arriva a parlare anche di mistica coniugale.




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Assunta Scialdone

Assunta Scialdone, sposa e madre, docente presso l’ISSR santi Apostoli Pietro e Paolo - area casertana - in Capua e di I.R.C nella scuola secondaria di Primo Grado. Dottore in Sacra Teologia in vita cristiana indirizzo spiritualità. Ha conseguito il Master in Scienze del Matrimonio e della Famiglia presso l’Istituto Giovanni Paolo II della Pontificia Università Lateranense. Da anni impegnata nella pastorale familiare diocesana, serve lo Sposo servendo gli sposi.

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