DARE LA VITA

Il dono estremo di nonna Carla e l’infermiera che non esita: l’amore vero esiste

ambulanza

Ieri, mercoledì 11 gennaio, nella chiesa parrocchiale di Campofiorenzo si sono svolti i funerali di Carla Viganò, la 73enne investita da un camion mentre stava accompagnando il nipote di 8 anni a scuola. È morta per salvare suo nipote. Subito dopo, Carla è stata soccorsa da un’infermiera, che ha tentato di tutto per tenerla in vita. Eventi drammatici, che però ci ricordano una verità fondamentale: siamo nati per amare.

Archiviate da poche ore le festività natalizie, tra mucchi di addobbi da metter via e altre settanta cose che mi ingolfano i pensieri, dopo aver accompagnato i figli a scuola mi imbatto distrattamente in una notizia di cronaca mentre preparo un caffè. La leggo veloce, visualizzando mentalmente la lavatrice che tracima di panni da stendere.

Poi però torno su con gli occhi. E rileggo, stavolta lentamente, perché qualcosa, mentre digerisco le parole che descrivono i fatti, mi si contrae dentro.

Poche righe scarne per circoscrivere un incidente stradale avvenuto alle porte di Lecco.
Carla sta accompagnando il suo nipotino a scuola, è il primo giorno di lezione dopo le vacanze di Natale. Lei ha 73 anni, il bimbo ne ha 8. Attraversano la strada, un camion svolta verso di loro, la nonna spinge via il nipotino e viene travolta. Ferita gravemente muore poco dopo, il bambino resta illeso.
Una manciata di parole per descrivere un fatto di quelli su cui soprassediamo giornalmente dicendo poverina, e andando oltre.

E invece no. Ci sono diversi elementi di questa storia che mi provocano personalmente.

C’è una nonna. Che nel pieno esercizio delle sue facoltà applica una sana abitudine sociale, quella di aiutare nella gestione familiare i propri figli accudendo il nipote. Pare scontato, o facile. A me no. Mai come in questi ultimi anni, anche grazie alle storie ascoltate da molte madri come me, ho capito quanto il ruolo dei nonni per la sussistenza delle famiglie con figli sia indispensabile. Non tutti i nonni sono disponibili, o abili e in forze, o pronti a dare il loro contributo. Questa donna dunque era lì, era presente, stava facendo una cosa buona nella sua apparente ordinarietà. Immagino Carla che dà la mano al suo nipotino mentre camminano in fretta e parlano di Babbo Natale che tornerà fra un anno, di Gesù Bambino da metter via con la capanna per il prossimo presepe, e già le voglio bene. Il prossimo Natale lei lo festeggerà altrove, ma ancora non lo sa.

D’improvviso l’imponderabile, vede il camion, spinge via il bimbo.

Cosa avrà detto, cosa avrà pensato in quel momento nonna Carla, non lo so. So solo il suo ultimo gesto su questa terra, forse fatto senza nemmeno riflettere, guidata da un moto del cuore che produce azioni impellenti perché è giusto fare così e basta.

Carla non sta lì a ponderare. Salva suo nipote, rimanendo indietro nel posto che le è assegnato dalle sue gambe anziane poco scattanti, e dal suo cuore che prima che a sé ha pensato ad un’altra creatura.

A questo punto mi frullano forti in testa le parole evangeliche: non c’è amore più grande di questo, dare la vita per i propri amici.

Leggi anche: La nonna che ha dato la sua vita per salvare il nipotino (puntofamiglia.net)

E più ci penso più questa affermazione mi pare vera, forte, sensatissima. Non c’è davvero amore più grande di questo, dare la vita per coloro che ci vengono affidati sul nostro cammino. Che sia per ore o per anni. Dando la vita a piccole gocce quotidiane o tutta insieme e irrevocabilmente.
La carità fa questo, ci fa uscire da noi stessi, ci salva da noi stessi, dalle nostre bassezze e piccolezze, per metterci al servizio dell’altro, rendendo indispensabile il nostro esserci, lì, in quell’esatto momento.
La carità ha operato questo in Carla.

Ma anche nell’infermiera, altra protagonista discreta di questa storia, citata appena dai giornali. Che vedendo il corpo di Carla a terra e intuendo gli eventi, ferma l’auto, scende e si precipita sul corpo della donna ferita adoperandosi nelle manovre di rianimazione. Aveva appena finito il turno di notte quest’infermiera di cui non conosciamo il nome, aveva parecchie ore di sonno incompiuto sulle spalle e il desiderio sensato di andare a riposare, e invece fa anche lei un atto di amore senza tornaconto, una resa incondizionata alla realtà che la chiama a spendersi per qualcuno che non conosce ma che gli diventa prossimo nei fatti, e di cui decide di prendersi cura.

Ecco che questa vicenda risponde in modo inequivocabile ai miei dubbi, alle mie perplessità, ai miei egoismi. Alle domande che ti fai quando hai voglia di stendere le gambe sulla poltrona che non saggi col sedere da tre giorni, e invece tocca preparare la cena o lavare i bambini.
Ma chi me lo fa fare? Di essere buona, brava, migliore? C’è talmente tanto menefreghismo nell’aria, che viene facile accodarsi e fare spallucce. Che poi San Paolo era tanto bravo a parlare di carità, eh, ma alla fine oggi dove sta la carità? E i Santi, quelli che sanno metterla in pratica, esisteranno ancora? E dove starebbero, sentiamo?

Grazie alla storia di nonna Carla oggi so darmi le risposte che mi servono.
Il bene esiste,  vive in mezzo a noi, attraverso persone che fanno scelte silenziose, e che se vengono chiamate ad amare come Cristo, dando la vita, sono pronte a farlo, sul serio.
Capisco che l’amore se ce l’hai dentro, se l’hai coltivato, assecondato, se lo hai accolto rispondendogli sì, sarà lui a farti capire come dare la vita, al momento giusto.

Non c’è amore più grande di questo, dare la vita per chi ci viene affidato, per chi ci viene messo davanti dalla realtà coi suoi bisogni.

Fare esperienza della carità, oggi, dunque è possibile.

Ringrazio Carla per il suo esempio di luce. E prego che suo nipote, quel bimbo tanto amato, conservi nel cuore il ricordo di un gesto che nel dramma intimo e violento contiene il significato di tutta la vita, di ogni vita.

Non c’è amore più grande che dare la vita, non c’è cosa più grande da fare nella vita che amare.




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Lisa Zuccarini

Lisa Zuccarini, classe '83, è una moglie e mamma che ha studiato medicina per poi capire alla fine di essere fatta per la parannanza più che per il camice. Vive col marito e i loro due bambini. Dal 2021 ha scoperto che scrivere le piace, al punto da pubblicare un libro edito da Berica Editrice, "Doc a chi?!", dove racconta la sua vita temeraria di mamma h24 e spiega che dire sì alla vocazione alla famiglia nel ventunesimo secolo si può, ed è anche molto bello.

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