CORRISPONDENZA FAMILIARE

Amare e servire. Testimonianze dal fronte domestico

16 Gennaio 2023

pregare con i figli

Uno sposo scrive a don Silvio raccontando la quotidianità familiare che si dispiega tra il lavoro, tre figli e gli impegni ecclesiali. Emerge la fatica ma anche lo slancio ideale a voler servire e amare Dio con tutto il cuore. La risposta conferma e apre ancora di più l’orizzonte invitando questa coppia a perseverare nel bene contrastando una cultura che mette il benessere personale al di sopra di tutto. 

Caro padre,

permettimi di farti entrare nel vissuto della nostra famiglia, tu sai che il nostro stile è quello del servizio ma ti assicuro che negli ultimi tempi impegni e responsabilità sono aumentati fino ad occupare tutto lo spazio della giornata. 

In questo momento mia moglie è in collegamento con la comunità sposi del Burkina Faso, io sono sceso per andare a prendere mia figlia che tra poco termina la lezione in palestra, la porto a casa e subito dopo corro in parrocchia per partecipare al consiglio pastorale. Quando tornerò a casa avrò la possibilità di condividere con mia moglie questa giornata. Come sempre, a notte fonda chiudiamo con la preghiera del Rosario e la Compieta che mi capita spesso di recitare quando il corpo è avvolto dalla stanchezza. Non ti nascondo che l’altra sera, mentre pregavo, mi sono addormentato pur stando ancora in piedi. Solo il Signore sa la fatica che ho fatto per restare sveglio. 

La vita è davvero piena, fino all’orlo: tre figli da accudire con età ed esigenze diverse, il lavoro che occupa buona parte della giornata, gli impegni ecclesiali… non è raro che riusciamo a metterci a letto quando le lancette dell’orologio hanno già superato mezzanotte. Mi pare di fare tutto il possibile. Parlo al singolare ma ovviamente tutto ha l’impronta della coniugalità. E tuttavia, a volte mi capita di pensare se davvero vale la pena di fare tutte queste cose. Riusciamo a dare ai nostri figli testimonianza della fede? Cosa pensano i colleghi di lavoro con i quali mi trovo a condividere frammenti della mia vita? Qualche volta ho la netta impressione che mi guardano come un marziano e forse pensano che sono esagerato e potrei evitare di fare tante cose. Ti dico la verità, qualche volta, quando sono più stanco del solito, lo penso anch’io. Ma quando verifico e cerco di capire cosa potrei togliere, mi pare che tutto sia necessario e non vorrei togliere agli altri il bene di cui hanno bisogno.

Gli impegni non mancano e quelli che ci sono potrebbero già bastare. Anzi, sono certamente tali da riempire ogni spazio della giornata. E tuttavia, quando abbiamo ricevuto l’invito a dare il nostro piccolo contributo per sostenere una famiglia di immigrati, non abbiamo avuto il coraggio di rifiutare. Da qualche giorno due pomeriggi a settimana vengono a casa due bambini, Isabelle e Joshua, vengono dalla Nigeria e vivono una situazione molto particolare: sono arrivati in Italia attraverso la Libia e purtroppo durante questo pellegrinaggio della speranza hanno perso il papà. Sono arrivati con il barcone, soli con la mamma. A volte si fermano a pranzo, li aiutiamo a fare i compiti, cerchiamo di dare loro il calore di una famiglia. Il bambino più grande ha un leggero ritardo e incontra più difficoltà nello studio. Stiamo provando a vivere anche questa esperienza e siamo certi che serve, non solo a questa famiglia assai disagiata, ma anche alla nostra famiglia e ai nostri figli. Tutto questo si aggiunge alle altre cose. Non posso negare che a volte sento il peso ma ti assicuro che tutto è fatto con il sorriso perché una carità senza gioia non vale niente. 

Caro padre, ho voluto raccontarti questi frammenti di vita familiare per darti una carezza e dirti che il carisma che il buon Dio ci ha consegnato attraverso di te ci fa stare bene ed è una sorgente di bene per tanti altri. Consegna al Signore il desiderio di restare al suo servizio. Ti abbracciamo con affetto. 

G. & A. 

Cari amici,

scrivo ad entrambi perché vivete ogni cosa nella luce della coniugalità, in questo modo ogni scelta scaturisce dalla comunione e rafforza la vostra unità. È questa la prima consolazione perché risponde fedelmente al carisma che abbiamo ricevuto. 

Quello che scrivi non mi stupisce affatto, so bene che la vostra vita ha un marcato stile ministeriale; e sono contento di sapere che il passare degli anni, invece di affievolire lo slancio ideale, vi rende ancora più generosi. È il segno più concreto della presenza di Dio. È Lui, infatti, come scrive il profeta Isaia che “dà forza allo stanco e moltiplica il vigore allo spossato”. E aggiunge:

“Anche i giovani faticano e si stancano, gli adulti inciampano e cadono; ma quanti sperano nel Signore riacquistano forza, mettono ali come aquile, corrono senza affannarsi, camminano senza stancarsi” (Is 40,29-31). 

Questo stile oggi rischia di essere sostituito da una mentalità che fa del benessere psico-fisico l’unità di misura della vita. Tanti adulti sembrano adolescenti sempre in cerca di gratificazioni emotive e bisognosi di attenzioni. È la cultura che fa dell’ego individuale un vero e proprio idolo al quale sacrificare tutto il resto. 

Qualche giorno fa, predicando un ritiro ad un gruppo di sacerdoti, ho ricordato che siamo chiamati a ad essere padri per manifestare la tenerezza di Dio. Questa paternità attraversa tutta la vita in ogni suo ambito. La gente delle nostre comunità, e ancora di più quelle persone che non frequentano la vita ecclesiale, ha bisogno di incontrare padri, cioè uomini che non sono ripiegati su stessi ma vivono con il desiderio e la responsabilità di fare della vita un dono. Siamo chiamati a generare, accompagnare, nutrire e sostenere i figli che Dio ci ha affidato. Una vita così non s’improvvisa ma è il frutto maturo di un’attenta pedagogia che inizia dai tempi del seminario. Ho sottolineato questo aspetto perché ho l’impressione che anche nella vita sacerdotale la ricerca di sé stessi prende il sopravvento sulla responsabilità verso gli altri. È una deriva pericolosa. 

La luminosa vicenda di fratel Biagio dovrebbe farci riflettere, è la manifestazione di una vita donata, anzi consumata senza risparmio per restituire ai poveri la loro dignità. La vostra esperienza non diventerà mai cronaca ma, siatene certi, è una bellissima pagina nel libro della vita, quello che gli angeli scrivono gelosamente lungo i secoli e che apparirà solo alla fine, giorno ultimo della storia. 

Leggi anche: Biagio Conte: il missionario che ha incontrato Gesù

Grazie per la vostra testimonianza, umile e nascosta. Il Signore ha fatto di voi una benedizione e continuerà a darvi le energie necessarie per camminare nell’amore. Vi abbraccio di cuore. 

Don Silvio 




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Silvio Longobardi

Silvio Longobardi, presbitero della Diocesi di Nocera Inferiore-Sarno, è l’ispiratore del movimento ecclesiale Fraternità di Emmaus. Esperto di pastorale familiare, da più di trent’anni accompagna coppie di sposi a vivere in pienezza la loro vocazione. Autore di numerose pubblicazioni di spiritualità coniugale, cura per il magazine Punto Famiglia la rubrica “Corrispondenza familiare”.

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