LAVORO E FAMIGLIA

Come vincere la svogliatezza nel luogo di lavoro e in famiglia?

di Francesco Arnaldi

La svogliatezza in ufficio diventa svogliatezza in casa, con lo stesso atteggiamento del massimo risultato col minimo sforzo. Peccato che, applicato alle relazioni familiari, questo concetto faccia solo danni. Ecco allora l’errore opposto: chi mette il lavoro al centro della propria vita. La famiglia non esiste più. Si può trovare un sano equilibrio, vivendo bene sia a lavoro che a casa?

Vi siete mai chiesti come il vostro lavoro influenzi la vostra famiglia? Probabilmente sì. E magari vi siete anche posti la domanda opposta, ovvero come la vostra vita familiare influenzi il vostro lavoro. 

Oggi volevo condividere con voi le difficoltà che un padre di famiglia lavoratore può trovare nel cercare questo delicato equilibrio. Iniziamo con l’analizzare i due errori opposti, per poi arrivare a cercare quel “giusto mezzo” di cui tanto Aristotele parlava ma che è sempre così difficile raggiungere.

Primo errore che possiamo fare: il lassismo sul posto di lavoro. In questo caso, il lavoro viene visto solo come il mezzo per raggiungere un fine, che in questo caso è lo stipendio. Si trovano tante vignette su Internet che esemplificano bene questo atteggiamento: “Perché vorrebbe questo lavoro?” “Beh, potermi permettere il cibo è sempre stato un mio grande obiettivo!”, recita un meme diventato virale. 

Ciò che fai viene visto solo in funzione dello stipendio, e ogni scappatoia che si possa prendere per lavorare di meno e guadagnare di più diventa la panacea di tutti i mali. Sul lungo periodo, il risultato è che si lavora male, lo si fa controvoglia; il lavoro diventa pian piano un obbligo sempre più pesante da assolvere, e in men che non si dica ci si ritrova frustrati. E a cosa porta la frustrazione sul luogo di lavoro? Alla frustrazione a casa. Perché, per quanto cerchiamo di vivere a compartimenti stagni, non ci riusciremo mai: tutto è collegato. La svogliatezza in ufficio diventa svogliatezza in casa, con lo stesso atteggiamento del massimo risultato col minimo sforzo. Peccato che, applicato alle relazioni familiari, questo concetto faccia solo danni.

Ecco allora l’errore opposto: chi mette il lavoro al centro della propria vita. Si fatica, si entra mezz’ora prima e si esce un’ora dopo. Il lavoro diventa il fulcro, e anche la vita familiare deve adattarsi ad esso. Lavorare bene diventa sinonimo di lavorare tanto, ed è un miracolo se torni a casa in tempo per dare il bacio della buonanotte ai tuoi figli.

Al netto di lavori particolari (medici con i turni, guardie giurate che lavorano di notte) è importante capire come il lavoro influenzi la nostra vita familiare. E viceversa. Quando c’è uno scontro fra doveri, andiamo tutti un po’ in crisi. È facile capire che quando il calcetto con gli amici cozza con la vita familiare quest’ultima debba avere la meglio. Ma cosa succede quando un dovere di stato – il lavoro – cozza con un altro dovere, la famiglia?

Leggi anche: “Tra figli e lavoro non ho tempo di pregare”: che fare? (puntofamiglia.net)

Siamo sempre incastrati in una dicotomia che ci tormenta: vorremmo dare più tempo alla famiglia, ma il lavoro ci serve per sostenere la famiglia e ciò che ci permette di sostenerla è ciò che non ci fa stare con essa. Un cortocircuito.

Sapete di cosa abbiamo parlato fino ad ora? Di efficienza. Forse, se leggessimo tutto quanto secondo la logica dell’amore, risulterebbe tutto più semplice. 

Ricominciamo.

Vado al lavoro. E lo amo. Non lo amo perché mi dà uno stipendio, non lo amo perché mi permette di sfamare i miei figli, lo amo e basta. Perché so che quello che faccio è lode a Dio, e che anche il lavoro più umile se fatto bene è fatto per la Sua gloria. Passo ore e ore al giorno su cose di cui magari non capisco l’impatto sociale, ma le faccio bene perché so che Dio vuole che io le faccia bene. E quindi invece di farle per il cliente sconosciuto che chissà se e quando le vedrà, le faccio per Dio. Il mio lavoro è una lode a Lui, come le guglie del Duomo di Milano. Siete mai saliti in cima al Duomo? È un’esperienza pazzesca. Non solo per la vista, ma per le guglie. Salendo sulla terrazza più alta del Duomo, si possono notare guglie scolpite in modo eccelso, che non si notato minimamente da giù. Ci sono scultori che hanno dedicato anni a scolpire guglie che non sarebbero mai state viste da nessuno, per il solo fatto di adornare meglio una Cattedrale. Quante volte abbiamo legato il nostro lavoro al risultato? Quante volte abbiamo lavorato bene solo per essere visti? Ebbene, sappiate che esistono guglie del Duomo di Milano che non si vedono neanche dalla terrazza più alta. Esistono bellezze che non saranno mai viste da nessuno. Ma che hanno valore in sé.

Ecco quindi l’unico modo possibile per conciliare lavoro e famiglia. La risposta, come sempre, è l’amore. Se ami ciò che fai, amerai anche ciò per cui lo fai. E tutto diventerà una catena di amore che farà sì che il tuo lavoro non sia di ostacolo alla tua famiglia. E viceversa. Se ami davvero la tua famiglia, il lavoro che ti serve per mantenerla non sarà un peso, ma ciò che Dio ti chiede affinché tu possa compiere la tua missione nel mondo.
[Per approfondire il tema vi consiglio questo libro: “Il tuo lavoro ha un senso?” di Stefano Parenti, psicoterapeuta cattolico milanese]




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