VITE DEI SANTI

La storia di Edith Stein: una santa nata in una famiglia ebrea (seconda parte)

di Chiara Chiessi

“Mamma, sono cattolica”, confessa Edith Stein. La madre, ebrea, scoppia in lacrime. Tra le due qualcosa si rompe, ma non smetteranno mai di volersi bene. Conosciuta anche come Santa Teresa Benedetta della Croce, filosofa per natura e per vocazione, la Stein, convertita cattolicesimo, decide di offrire la sua vita e le sue sofferenze proprio per il popolo ebraico, martoriato dai nazisti.

Edith ha ventisei anni, è assistente universitaria del brillante filosofo Husserl, si interroga spesso su Dio e sulle sue scelte di vita. Ecco cosa scrive a riguardo: 

“Pur con tutta la mia abnegazione al lavoro, portavo nel cuore la speranza di un grande amore e di un matrimonio felice. Senza avere alcuna conoscenza della dogmatica e della morale cattolica, ero tuttavia impregnata dell’ideale matrimoniale cattolico. Tra i giovani che frequentavo c’era qualcuno che mi piaceva e mi accadeva anche di pensare a lui come al futuro compagno della mia vita. Ma di ciò, quasi nessuno si accorgeva, sicché alla maggior parte delle persone io dovevo apparire fredda e inavvicinabile”.

C’è però da dire che ben prima dell’ingresso nella Chiesa Cattolica, Edith si era posta il problema di cosa fare della propria vita. 

Nella sua autobiografia c’è infatti un passo in cui Edith racconta dell’influenza dello zio David sulla scelta della sorella Erna di iscriversi alla facoltà di medicina. 

Edith aveva commentato dicendo che si è al mondo per servire l’umanità e questo lo si può fare al meglio se si mettono in gioco le doti che per natura si possiedono. 

Indubbiamente qui la prospettiva è quella della scelta lavorativa, ma in realtà questa frase rivela ben di più: la vita deve essere intesa come dono, come servizio, e non come un bene personale da vivere in maniera autoreferenziale ed egoistica. 

Le scelte, perciò, non sono a partire dal proprio tornaconto o dalla gratificazione dei propri desideri, ma dal bene comune. 

Questo è un valore tipicamente evangelico; eppure, quando Edith lo comprende è non solo ancora lontana dalla fede cristiana, ma dalla più generale dimensione religiosa.

Questa semplice frase di Edith evidenzia che ha afferrato una questione molto importante: la realizzazione di sé non sta nel mettersi al centro, ma nel servire, conformemente alla propria struttura naturale, come ha fatto la Madonna in tutta la sua vita. 

Per la Stein, dunque, la scelta dello stato di vita altro non è che il modo più idoneo per amare, a prescindere che ciò si faccia nello stato matrimoniale o religioso.

Chiaramente, una consapevolezza del genere non è frutto di un’intuizione improvvisa, ma, al contrario, ha richiesto un cammino lento e progressivo, che l’ha portata dall’ateismo alla scelta di donazione di sé come monaca carmelitana.

La sua formazione filosofica, i suoi studi sulla fenomenologia (metodo in cui si toglie ogni pregiudizio all’indagine del pensiero e si arriva alle cose stesse), hanno contribuito notevolmente alla scelta della sua futura vocazione: l’atteggiamento filosofico è diventato un suo tratto esistenziale.

Quando la santa chiese di essere battezzata e di ricevere l’Eucaristia, non aveva detto nulla alla famiglia e la madre si commosse molto.

Leggi anche: La storia di Edith Stein: una santa nata in una famiglia ebrea (prima parte) (puntofamiglia.net)

Edith affrontò direttamente la situazione ed un giorno, in ginocchio davanti a lei, le disse: “Mamma, sono cattolica”. 

Il dolore della madre non ebbe reazioni violente: si sciolse in pianto. Restarono a lungo abbracciate, confondendo le loro lacrime.

Su consiglio di due padri spirituali, nonostante il suo anelito alla consacrazione religiosa, rimase ancora a lungo nel mondo ad insegnare, dedicandosi all’apostolato cattolico.

Ma un giorno, in viaggio, si fermò a Colonia. 

Alle otto di sera si trovò al Carmelo della città, per passarvi l’Ora Santa. 

“Mi rivolsi al Redentore – ella ricorda – e gli dissi che sapevo bene come fosse la sua Croce che veniva posta in quel momento sulle spalle del popolo ebraico… quelli che avevano la grazia di intenderlo avrebbero dovuto accettarla a nome di tutti… Mi sentivo pronta, e domandavo soltanto al Signore che mi facesse vedere come dovevo farlo. Terminata l’Ora Santa, ebbi l’intima certezza di essere stata esaudita…”.

Si presentò dunque alla grata del Carmelo e disse alle Madri: 

“Non è l’attività umana che ci può salvare, ma soltanto la Passione di Cristo: partecipare ad essa, ecco la mia aspirazione”.

Le Madri furono soddisfatte.

Soggiornò per un mese nella foresteria del Monastero di Colonia e ne fu felice. 

Si spostò poi a Breslavia, per avvisare i suoi: la separazione da loro fu molto dolorosa, specialmente quella dalla mamma. 

Fu per entrambe un vero martirio.

L’ultima volta che la Stein accompagnò la madre alla sinagoga, lei le chiese:

“Non era bella la predica?” 

“Sì” replicò la figlia. 

“Anche nella fede ebraica si può essere religiosi, non ti pare?” 

“Certamente, quando non si è conosciuto altro”. 

Allora la madre replicò, desolata: 

“E tu, perché l’hai conosciuto? Non voglio dir niente contro di lui, sarà stato certamente un uomo molto buono, ma perché si è fatto Dio?”. 

Madre e figlia soffrirono terribilmente, al punto che Edith, riferendosi al periodo precedente alla sua entrata al Carmelo, scrisse: 

“Ho dovuto compiere il passo da sola e totalmente immersa nella notte della fede. Spesso, nel corso di quelle settimane così dure, mi sono chiesta quale di noi due, mamma o io, ci avrebbe rimesso la salute. Ma siamo rimaste ferme sulle nostre posizioni fino all’ultimo giorno”

Eppure, Edith conserverà sempre ammirazione e rispetto per la fede della mamma, e di lei dirà:

“Mia madre è rimasta fino all’ultimo fedele alla sua fede. Ma dato che questa sua fede e il completo abbandono nel suo Dio l’hanno accompagnata dall’infanzia fino all’87° anno di età, e sono rimasti accesi in lei fino all’ultimo, anche mentre lottava con la morte, sono convinta che abbia trovato un giudice molto generoso ed ora aiuterà anche me ad arrivare alla meta”.

Il cammino di Santa Teresa Benedetta della Croce non è stato un cammino di vita semplice, ma ella, con uno sguardo contemplativo e profondamente interiore, l’ha portato a compimento con la scelta della vocazione religiosa claustrale ed infine con il martirio nelle camere a gas, offerto tutto per la salvezza del popolo ebraico.




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