APERTURA ALLA VITA

“Apertura alla vita? Non decidiamo a priori quanti figli avere, ne parliamo con Dio”

di Marina Scarrone Arnaldi

In occasione della Giornata Nazionale della Vita, che si celebrerà domenica 5 febbraio, stiamo raccogliendo dei contributi preziosi. Oggi lasciamo la parola a Marina, madre di famiglia, che si interroga su cosa significhi accogliere un altro figlio quando già si è genitori di tre bambini e su come vivere una paternità e una maternità responsabile.

Io e Francesco siamo sposati da quasi sette anni: ci siamo subito aperti alla vita e abbiamo avuto tre figli. Certo, non senza difficoltà. Anche se il quarto non è ancora in arrivo, siamo aperti alla vita e ascoltiamo ciò che il Signore ci propone… con responsabilità! Ma che cosa vuol dire quello che ho appena scritto?

Si è può parlare in mille salse dell’apertura alla vita. Spesso nei due estremi opposti: o si parla di come devi fare centomila figli in pochi anni, o di come devi goderti la vita e farne il numero che desideri tu. Ma l’apertura alla vita non è in nessuna di queste due strade: né fare figli uno dopo l’altro senza tenere conto di alcune questioni importanti, né utilizzare i metodi naturali come contraccettivo e fare il numero di figli che ti sei sempre prefissato.

Nella mia vita ora ci sono due tipi di amici: quelli che mi dicono con una leggera risatina “No, ma adesso basta, state un po’ calmi…”; oppure, dall’altra parte, quelli che ogni volta che li vedo mi chiedono con aria saccente “Allora, quando arriva il quarto?”. Solo per essere chiara: entrambe le categorie sono molto fastidiose. E nessuna delle due ha ragione!

Qual è dunque l’atteggiamento giusto davanti a questa patata bollente, che prima o poi tutte le coppie di sposi cristiani si trovano a tenere in mano? Cosa vuol dire veramente “apertura alla vita”?

Qualsiasi atto matrimoniale deve rimanere aperto alla trasmissione della vita”, ci insegna l’enciclica Humanae Vitae al n.11; e poi prosegue ricordando che “l’atto coniugale, mentre unisce con profondissimo vincolo gli sposi, li rende atti alla generazione di nuove vite, secondo leggi iscritte nell’essere stesso dell’uomo e della donna”. Fino a qui possiamo tranquillamente constatare che sì, siamo chiamati alla procreazione e quindi non possiamo dividere l’atto unitivo dall’atto procreativo (cosa che invece avviene quando si utilizzano i metodi contraccettivi).

Ma la Chiesa dice anche che “se dunque per distanziare le nascite esistono seri motivi, derivanti dalle condizioni fisiche o psicologiche dei coniugi, o da circostanze esteriori, la chiesa insegna essere allora lecito tener conto dei ritmi naturali immanenti alle funzioni generative per l’uso del matrimonio nei soli periodi infecondi” (Humanae Vitae n.16). Di conseguenza, se sussistono questi “seri motivi” è lecito l’utilizzo dei metodi naturali

[Piccola precisazione: “eh ma con me i metodi naturali non funzionano”; beh in realtà, statistiche alla mano, i metodi naturali sono più efficaci di qualsiasi altro metodo contraccettivo… Se utilizzati bene. Per essere utilizzati bene vanno imparati bene, con una brava insegnante, con impegno e costanza.]

Leggi anche: Perché non soddisfa pienamente fare sesso senza l’apertura alla vita? (puntofamiglia.net)

Ora, noi sposi sappiamo perfettamente come dobbiamo comportarci riguardo la nostra apertura alla vita. Giusto? Beh, no. Anche se abbiamo appreso le “regole”, trasportare tutto questo nella nostra esperienza personale è davvero difficilissimo!

Un’espressione bellissima che utilizza la Chiesa è che gli sposi sono “collaboratori di Dio creatore”. Si decide insieme, in maniera libera e responsabile. Ecco allora come io e Francesco mettiamo in atto questa collaborazione: si tratta di un metodo infallibile per imparare a capire che cosa fare. L’abbiamo chiamato “verifica con Gesù”. Consiste nel verificare attraverso la preghiera e il dialogo col Signore, se Dio ci sta chiamando ad un’apertura alla vita in ‘modalità concepimento’ o ad un’apertura alla vita in ‘modalità metodi naturali per distanziare le nascite’ (perdonate la semplificazione).

Si tratta di verificare ogni tot settimane o mesi a che punto siamo: ci fermiamo, ci mettiamo in preghiera invocando l’aiuto dello Spirito Santo, facciamo il punto della situazione e guardiamo la realtà. Per esempio, se stiamo utilizzando i metodi naturali per evitare una gravidanza, ci chiediamo e ragioniamo se i motivi seri che abbiamo visto mesi fa sussistono ancora, o se non ci sono più. Infine, prima della decisione, invitiamo Gesù in questo dialogo e ci mettiamo in preghiera: osserviamo i segni che ci ha mandato in questi mesi, i modi in cui Lui ha fatto parlare la nostra realtà, gli chiediamo una Parola attraverso la Scrittura. 

Mi ha colpito tantissimo una frase della scrittrice, sposa e mamma Susanna Bo: “E se qualcuno mi chiedesse che cos’è per me, oggi, l’apertura alla vita, risponderei: un dono di Dio. Perché l’apertura alla vita non è qualcosa che ci diamo da soli, è sempre frutto di un rapporto con il Signore, anche un rapporto tiepido e scalcinato come il mio, ma pur sempre un rapporto”. 
Amici, la questione è davvero più semplice del previsto! Impariamo a dialogare all’interno della coppia; osserviamo la realtà intorno a noi; invitiamo Gesù in questo dialogo. E verifichiamo spesso le scelte prese. Una volta imparato questo discernimento, potremmo vivere la nostra vita con più serenità, consapevolezza e tanta, tanta gioia.




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