A chi mi accusa spesso di difendere la maternità perché cattolica, oggi vorrei raccontare la storia di Clarisse Crémer, una velista oceanica francese che al Vendée Globe 2020/21, una maratona dei mari ritenuta una delle regate più dure, si era piazzata 12a, combattendo contro il mare, le onde, il vento per 87 giorni 2 ore, un tempo che le ha dato il primato dell’edizione più veloce mai compiuta da una donna.
I giornali la osannano, gli sponsor sono contenti, la “tasca” è salva. Fino al giorno in cui Clarisse diventa mamma della piccola Mathilda lo scorso novembre. Un sogno carezzato da tempo. Ma lo sponsor Banque Populaire non condivide la felicità della notizia e scarica letteralmente l’atleta, perché “non vuole correre il rischio che io non riesca a qualificarmi per l’edizione 2024 del Vendée Globe” dichiara la stessa Crémer.
“È singolare che siano pronti ad assumersi il rischio di (sponsorizzare) un trimarano gigante e di tutti i pericoli naturali, tecnici e umani associati alle regate d’altura, ma non quello della maternità” dice Clarisse in un lungo post pieno di amarezza”. E aggiunge: “Oggi è chiaro che le regole scelte dal Vendée Globe vietano a una donna di avere un figlio, anche se è una sportiva riconosciuta, già finisher nella precedente edizione. Nel 21° secolo, chi vuoi credere che tali regole siano giuste? Facile rammaricarsi, poi, dello scarso numero di donne ai nastri di partenza”.
Fatti di cronaca come questi sono l’emblema della contraddizione e anche della menzogna che culturalmente avvolge la questione femminile e soprattutto la maternità. Cosa significa uguaglianza per le donne? Comportarsi in tutto e per tutto da uomini e quindi soprattutto non essere incinte? E noi donne come abbiamo potuto lasciarci ingannare fino a questo punto credendo che acquistando un po’ di potere avremmo realizzato noi stesse?
La questione femminile non può essere scissa dalla dimensione della maternità. E la maternità ha le sue regole che non possono essere disconosciute da una società che ci vuole efficienti e in forma ad un’ora dal parto. Come se eliminata la pancia gravidica dovessimo ri-indossare i pantaloni da uomo e dimostrare a tutto e a tutti che siamo capaci di essere delle donne multitasking. Io personalmente sono stanca di questa narrazione che trovo essere la più misogina di tutti i tempi. Alla donna va restituito il valore della sua presenza nel mondo. A partire dalla maternità: biologica, psicologica, sociale ed ecclesiale. Allora sì che possiamo rendere questo mondo un posto migliore.
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