CATASTROFI NATURALI E FEDE IN DIO

Terremoto in Siria e Turchia: “Dio, aiutami, faccio fatica a credere nel tuo amore”

preghiera

Sono entrata in chiesa. Ero scossa per il terremoto. Ho detto a Dio che simili notizie mi tolgono la speranza. Mi è difficile credere che ci ama davvero, quando vedo bambini schiacciati dalle proprie case. “Sono madre, Gesù, cerca di capirmi…”. Poi mi sono alzata per leggere la parola di Dio. Il salmo recitava: “Cattive notizie non avrà da temere, saldo è il suo cuore, confida nel Signore”.  

Quando vediamo crollare tutto, come succede ad esempio con un terremoto, anche la nostra fiducia in Dio può crollare. 

Certo, Dio non è un architetto, né un ingegnere, non ha costruito lui quei palazzi: li abbiamo realizzati noi uomini. 

Certo, ha posto tutto nelle nostre mani e non si può vivere come se Dio non ci fosse, per poi chiamarlo in causa solo quando non interviene a nostro piacimento. 

Però, lo smarrimento di fronte a tanto dolore rimane. E allora (lo facciamo da millenni) ci chiediamo: “Dov’è Dio? Perché permette che vite innocenti periscano per un tremore della terra, quella stessa terra che Lui ha creato, che ci ha donato?”. 

Può sorgere in noi qualche dubbio: “Perché in questa grande casa comune ci sono così tanti pericoli? Perché il male?”, alla fine è questa la grande domanda.

E, diciamocelo, nessun terremoto, nessuna frana ci farebbe paura se non mettesse a rischio la nostra vita. Ecco l’altra grande domanda che rimbomba in noi davanti a immagini terrificanti: “Perché la morte?”.

Le vittime del terremoto in Siria e Turchia continuano a salire. Il numero è incerto, si sta ancora scavando, ma ciò che è sicuro è che troppe persone sono state portate via in un soffio, altrettante sono rimaste senza nulla. E poi c’è lo strazio del lutto, di chi ha perso famigliari, amici.

Ieri sono entrata in chiesa e ho guardato con sfida il tabernacolo. Lo so, non è proprio da brava cristiana, ma a volte mi capita. Mi perdonerà, sono umana, guardo le cose da qui. Mi consola che anche Marta, nel Vangelo, pur essendogli amica, lo rimproverava: “Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto”. 

Tutti, a volte, ci fermiamo a quello sguardo di sfiducia verso Dio che la morte suscita, senza ricordare ciò che Gesù fa dopo: risuscita Lazzaro.

Anche io, ieri, sono entrata in Chiesa così. Come Marta, sgomenta e incredula. Gli ho detto che simili notizie mi tolgono la fiducia in Lui, che fatico a credere che ci ama davvero, quando vedo bambini schiacciati dalle proprie case. “Sono madre, Gesù, cerca di capirmi…”

La chiesa era deserta. Mi sono alzata per andare a leggere la Parola di Dio. Il salmo diceva: 

Felice l’uomo pietoso che dà in prestito, amministra i suoi beni con giustizia. Egli non vacillerà in eterno: eterno sarà il ricordo del giusto. Cattive notizie non avrà da temere, saldo è il suo cuore, confida nel Signore.  

Leggi anche: Terremoto in Turchia: la neonata uscita viva dalle macerie ci insegna… (puntofamiglia.net)

Il Signore mi stava ancora una volta aiutando ad alzare la testa e a guardare verso l’eternità. 

Mi ricordava che dovevo abbandonarmi a Lui: solo così si può restare saldi nella fede. 

Pure se col cuore stretto in gola, ho sentito che nessuna brutta notizia deve toglierci una certezza: siamo amati tutti – ma proprio tutti – di un amore che va oltre la morte

La morte è la più brutta delle notizie che possiamo ricevere, ma in Dio possiamo avere la sfacciataggine di non temerla: anche i capelli del nostro capo sono contati. 

Questo illogico avvenimento che contraddice la nostra sete di eterno non avrà l’ultima parola. Esiste la Risurrezione.

Dobbiamo gridarlo al mondo, se siamo cristiani. Gesù è la porta passando per la quale non si procede dalla vita alla morte, ma dalla morte alla Vita.   

E già qui, in mezzo a quelle macerie, la Vita sfida la morte.

Lo dimostrano le mani dei soccorritori, che scavano senza sosta. Giorno e notte. 

Lo dimostra la storia della neonata partorita proprio sotto alle macerie e soccorsa con tutti i mezzi possibili, perché potesse sopravvivere. 

Lo dimostrano quei bambini portati in braccio come trofei, quando dalle macerie escono vivi. 

Non credo a chi afferma che i terremoti siano castighi divini. Gesù è venuto in mezzo a noi per guarire, accogliere, alleviare il dolore. Il male è conseguenza del peccato, ma nessun male è di per sé voluto da Dio. 

Però, una cosa è certa: mentre respiriamo una cultura di morte, mentre difendiamo il presunto diritto ad uccidere vite inermi, mentre ci accartocciamo sul nostro egoismo ed esibizionismo, storie come queste forse possono scuotere le coscienze.

Quei bambini baciati, abbracciati, tenuti in braccio come la cosa più preziosa del mondo, mentre intorno non esiste più nulla, ci ricordano che nulla vale di più di ogni singola vita umana. 

Magari lo tenessimo sempre a mente, anche prima che un terremoto venga a ricordarcelo.




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Cecilia Galatolo

Cecilia Galatolo, nata ad Ancona il 17 aprile 1992, è sposata e madre di due bambini. Collabora con l'editore Mimep Docete. È autrice di vari libri, tra cui "Sei nato originale non vivere da fotocopia" (dedicato al Beato Carlo Acutis). In particolare, si occupa di raccontare attraverso dei romanzi le storie dei santi. L'ultimo è "Amando scoprirai la tua strada", in cui emerge la storia della futura beata Sandra Sabattini. Ricercatrice per il gruppo di ricerca internazionale Family and Media, collabora anche con il settimanale della Diocesi di Jesi, col portale Korazym e Radio Giovani Arcobaleno. Attualmente cura per Punto Famiglia una rubrica sulla sessualità innestata nella vocazione cristiana del matrimonio.

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