Il Vangelo letto in famiglia

II DOMENICA DI QUARESIMA – Anno A – 5 MARZO 2023

«Sul monte, Dio provvede»

Dio non ha fatto promesse perché fossero fissate in un libro, la Bibbia, non ha fatto promesse perché restassero parole vuote. Le ha fatte concretamente per te. Quelle promesse di bene, di salvezza, di guarigione, di risurrezione sono per te. Anche se ora non hai più niente, a livello personale, familiare, lavorativo, sociale, Dio ha pronunciato delle promesse sulla tua vita.

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 17,1-9)
In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo». All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete». Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo. Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti».

IL COMMENTO

di don Gianluca Coppola

Nel bel mezzo di questa fredda Quaresima, ci troviamo di fronte al racconto della Trasfigurazione. Come ben sappiamo, questa è una solennità che ricorre ad agosto, precisamente il 6 agosto, data che ovviamente ci riporta al mare, alla spiaggia, alla libertà delle vacanze. Eppure, non è da sottovalutare il fatto che questa pagina di Vangelo ci venga proposta durante la Quaresima, che è un tempo in cui tutto assume un valore più profondo, più intenso, e anche per questo racconto vale lo stesso.  

La Liturgia della Parola ci introduce perfettamente al passo di questa domenica, perché presenta la vicenda di Abramo, che poi si svilupperà nei capitoli successivi di Genesi. Conosciamo tutti la storia di Abramo: Dio gli chiede di sacrificare suo figlio, Isacco, figlio che, tra l’altro, è proprio frutto di una promessa di Dio. È noto ormai che il popolo da cui proveniva Abramo contemplava anche la possibilità di praticare sacrifici umani, usanza che, ovviamente, per noi contemporanei è un’aberrazione. La vicenda di Isacco, è chiaro, serve biblicamente per creare un ponte tra il popolo antico e quello nuovo, in cui non saranno effettuati sacrifici umani. Con il racconto di Abramo e Isacco, è come se Dio avesse voluto far cominciare un’era nuova, è come se Dio avesse detto di non aver bisogno del sangue degli uomini, perché soltanto un sangue sarà richiesto, quello di suo figlio Gesù.

Dunque, possiamo usare la vicenda di Isacco come chiave di lettura per la Trasfigurazione di questa domenica. Per sacrificare suo figlio, Abramo sale su un monte. Abbiamo dunque, insieme al Vangelo, due monti, due salite. La prima viene fatta da Abramo sulla base di una fede incrollabile; sfido chiunque a ubbidire alla voce di Dio che ordina di andare su un monte a uccidere il proprio figlio. Se queste sono le richieste di Dio, forse saremmo addirittura disposti a cambiare religione, perché si tratta di qualcosa di inaccettabile. Eppure, Abramo prende il suo unico figlio e sale sul monte. Il passo nella sua interezza è di una bellezza disarmante, leggere lo sviluppo dell’intera vicenda, dalla richiesta di Dio fino al mancato sacrificio di Isacco, potrebbe essere un buon impegno quaresimale per la settimana. In particolare, i dialoghi tra Abramo e suo figlio lasciano trapelare l’immenso dolore della situazione. Isacco, dopo essersi guardato intorno, chiede a suo padre: «Ecco qui il fuoco e la legna, ma dov’è l’agnello per l’olocausto?». Immaginiamo il cuore di Abramo davanti a una domanda simile; avrebbe potuto dire la verità e invece risponde: «Sul monte, Dio provvede». Eccola qui, la chiave di lettura del Vangelo di questa domenica: sul monte, Dio provvede. È una frase che forse sembra non pertinente fuori contesto, perché in realtà veniva usata nelle antiche liturgie; eppure, ha una valenza anche per noi, ancora oggi, come a dire “Tu sali sulla montagna, perché lì qualcosa avverrà”.

Così introdotti, arriviamo alla Trasfigurazione. Gesù prende Pietro, Giacomo e Giovanni e, insieme, salgono sul monte Tabor. Proviamo a immaginare per un attimo la Galilea davanti ai nostri occhi, questa enorme pianura bellissima, dove vige una primavera perenne. Al centro di questa pianura c’è un enorme montagna, il Tabor, luogo che oggi è perlopiù abitato da musulmani intorno alla base e sulla cui cima campeggia la grande basilica della Trasfigurazione in stile crociato. Per salire questo monte, le automobili stesse vanno parecchio sotto sforzo, perché c’è una pendenza davvero notevole, sembra quasi di stare su un aereo in fase di decollo. Da tutto ciò, comprendiamo che si tratta di una salita molto faticosa, una salita che toglie il fiato. Gesù e gli apostoli la percorrono a piedi: una considerazione simpatica da fare è quella che Gesù e gli altri avevano gambe muscolose; un’altra considerazione, più spirituale, è che l’intimità con Cristo passa sempre attraverso una salita. Non è possibile arrivare alle cose belle, non è possibile incontrare il Dio Altissimo se non attraverso le salite della nostra umanità, perché è innegabile, la nostra vita è fatta di salite e tutt’oggi sembra di essere nel mezzo di una salita che coinvolge tutta l’umanità, una salita planetaria, direi anche molto difficile da sostenere. Sul monte, Dio provvede, verissimo, ma prima c’è bisogno di arrivare in cima.

Gesù allora prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e si recò sul monte, perché c’era bisogno di insegnare loro ciò che vuole insegnare anche a noi: dietro ogni salita c’è un incontro reale con Dio. Questo però accade solo se affronto la salita senza trasformarla in un momento di imprecazione, di bestemmia, di rabbia verso Dio. Pertanto, devo affrontare la salita insieme a Gesù, proprio come Pietro, Giacomo e Giovanni, e riconoscere che è Lui che conduce. Mi viene in mente un’altra salita, quella che contempleremo il venerdì santo, ovvero il Calvario: Gesù viene aiutato a portare la croce dal Cireneo, ma in realtà è Gesù che porta la croce del Cireneo. In quel gesto, sta dimostrando come, a ben guardare, non affrontiamo mai da soli le nostre salite, le nostre croci. Comprendere ciò significa giungere al fulcro della Quaresima, al mistero profondo della nostra fede. È facile, infatti, stare con Dio quando tutto procede per il verso giusto, quando tutto è lineare, quando abbiamo la grazia di non commettere particolari peccati, quando la vita va bene e non affrontiamo grandi difficoltà; è bello stare con il Signore quando la vita non è compromessa, non è scalfita da niente. Ma i veri credenti sanno che il momento più significativo della vita cristiana consiste proprio nella salita. Ritorniamo ancora sulla vicenda di Abramo: quest’uomo era pronto a sacrificare suo figlio, stava andando ad ucciderlo; non può esistere cosa più tragica. Nonostante questo, lui sale per fede, come leggiamo nella Lettera agli Ebrei: «Per fede, Abramo, messo alla prova, offrì Isacco». Abramo sale perché ha una fede incrollabile e confida nel fatto che sul monte, Dio provvede.

Ecco dunque che, dopo la fatica immane della salita, Pietro, Giacomo e Giovanni assistono alla più grande rivelazione della potenza della divinità di Cristo. Questa è la Trasfigurazione, voler dimostrare a chi lo ha seguito sul monte che non ha faticato invano, che non si è sforzato per nulla. E lo stesso vale per noi: non stai vivendo questa Quaresima inutilmente, non hai deciso di mettere da parte quel peccato che ti fa tanto male per niente, non hai rinunciato a quella passione, a quel sentimento, a quel vizio per niente. Lo hai fatto perché in cima a quel monte, in cima a quel tuo sacrificio, a quella tua scelta di aderire al Signore ti aspetta la più rivelazione più bella: Gesù di Nazareth. E non solo: «Apparvero loro Mosè ed Elia», dice il Vangelo. Mosè rappresenta la legge e i comandamenti; Elia simboleggia la profezia, la potenza di Dio. Al centro, c’è Gesù, che è la sintesi di tutto ciò. Questa Trasfigurazione, dunque, giunge proprio per te, per te che sei stremato e senza forze, che stai salendo con sofferenza la montagna e non ce la fai più. Questa Trasfigurazione giunge per dirti di non arrenderti, di continuare a salire, perché insieme a te c’è Gesù che ti tende la mano; questa Trasfigurazione giunge per dirti che la vetta è vicina, che puoi farcela. E, una volta giunto sulla cima del monte, vedrai anche tu Mosè, la legge di Dio, una legge che non ha come scopo quello di non farti sentire abbastanza, ma anzi, al contrario, desidera la tua felicità, il tuo bene, la realizzazione della tua bellezza vera. E dall’altro lato, vedrai Elia, la profezia. Hai mai pensato che le promesse di Dio siano per te? Amico mio, amica mia, Dio non ha fatto promesse perché fossero fissate in un libro, la Bibbia, non ha fatto promesse perché restassero parole vuote. Le ha fatte concretamente per te. Quelle promesse di bene, di salvezza, di guarigione, di risurrezione sono per te. Anche se ora non hai più niente, a livello personale, familiare, lavorativo, sociale, Dio ha pronunciato delle promesse sulla tua vita. Sei battezzato, sei stato trasfigurato, per cui le promesse della Bibbia sono tue. Tutto ciò che ti resta da fare è andare avanti, continuare a salire. È normale chiedere “Ma come faccio, Signore? Non riesco ad affrontare questa salita, è più grande di me”. Gesù ti risponderà, ti darà la forza di affrontare tutto perché c’è Lui con te, è Lui a muovere i tuoi passi, tu devi soltanto continuare a camminare. Non arrenderti: l’inverno è quasi giunto al termine, la primavera è alle porte, la Pasqua è vicina, così come vicino è il tempo della trasfigurazione e della liberazione del tuo cuore.




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Gianluca Coppola

Gianluca Coppola (1982) è presbitero della Diocesi di Napoli. Ha la passione per i giovani e l’evangelizzazione. È stato ordinato sacerdote il 29 aprile 2012 dopo aver conseguito il baccellierato in Sacra Teologia nel giugno del 2011. Dopo il primo incarico da vicario parrocchiale nella Chiesa di Maria Santissima della Salute in Portici (NA), è attualmente parroco dell’Immacolata Concezione in Portici. Con Editrice Punto Famiglia ha pubblicato Dalla sopravvivenza alla vita. Lettere di un prete ai giovani sulle domande essenziali (2019) e Sono venuto a portare il fuoco sulla terra (2020).

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