Le persone vanitose non hanno compreso la chiamata di Dio. Parola di papa Francesco

PAPA FRANCESCO

Korea.net / Korean Culture and Information Service (Photographer name) [CC BY-SA 2.0], via Wikimedia Commons

Papa Francesco all’udienza di mercoledì 15 marzo: “Se tu trovi una persona che nella Chiesa ha una vocazione più alta e tu la vedi vanitosa, tu dirai: ‘Poveretto’; prega per lui, perché non ha capito cosa è la vocazione di Dio. La vocazione di Dio è adorazione al Padre, amore alla comunità e servizio. Questo è essere apostoli, questa è la testimonianza degli apostoli”.

Nella mattina di mercoledì 15 marzo papa Francesco ha proseguito col suo ciclo di catechesi sulla passione di evangelizzare, alla scuola del Concilio Vaticano II, cercando di capire spiegare che cosa significhi essere “apostoli” oggi. 

“La parola apostolo – ha detto Francesco – ci riporta alla mente il gruppo dei Dodici discepoli scelti da Gesù. A volte chiamiamo apostolo qualche santo, o più generalmente i Vescovi: sono apostoli, perché vanno in nome di Gesù. Ma siamo consapevoli che l’essere apostoli riguarda ogni cristiano?” 

Secondo il Santo Padre, infatti, tutti siamo chiamati ad essere apostoli, il che significa essere inviati per una missione. Ed è Gesù stesso a mandarci: “Leggiamo nel Vangelo di Giovanni: «Gesù disse loro di nuovo: “Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi”. Detto questo, soffiò e disse loro: “Ricevete lo Spirito Santo”» (20,21-22)”. “Un altro aspetto fondamentale dell’essere apostolo è la vocazione, cioè la chiamata”.

Secondo il papa, “L’esperienza dei Dodici apostoli e la testimonianza di Paolo interpellano anche noi oggi. Ci invitano a verificare i nostri atteggiamenti, a verificare le nostre scelte, le nostre decisioni, sulla base di questi punti fermi: tutto dipende da una chiamata gratuita di Dio; Dio ci sceglie anche per servizi che a volte sembrano sovrastare le nostre capacità o non corrispondere alle nostre aspettative; alla chiamata ricevuta come dono gratuito bisogna rispondere gratuitamente”.

A questo punto, il pontefice cita il Concilio, dove si esprime in questo modo: “La vocazione cristiana […] è per sua natura anche vocazione all’apostolato” (Decr. Apostolicam actuositatem [AA], 2).

La chiamata è, dunque, comune, “come comune è la dignità dei membri per la loro rigenerazione in Cristo, comune la grazia di adozione filiale, comune la vocazione alla perfezione; non c’è che una sola salvezza, una sola speranza e una carità senza divisioni” (LG, 32).

È una chiamata che riguarda sia coloro che hanno ricevuto il sacramento dell’Ordine, sia le persone consacrate, sia ciascun fedele laico, uomo o donna, è una chiamata a tutti. “Tu, il tesoro che hai ricevuto con la tua vocazione cristiana, sei costretto a darlo: – afferma Francesco – è la dinamicità della vocazione, è la dinamicità della vita. È una chiamata che abilita a svolgere in modo attivo e creativo il proprio compito apostolico”.

Leggi anche: Papa Francesco, nel Mercoledì delle Ceneri: “La chiesa non è un parlamento” (puntofamiglia.net)

In questo quadro, come il Concilio intende la collaborazione del laicato con la gerarchia? Come lo intende? Si tratta di un mero adattamento strategico alle nuove situazioni che vengono? “Niente affatto, niente: – è la risposta di Francesco – c’è qualcosa di più, che supera le contingenze del momento e che mantiene un suo proprio valore anche per noi”.

Ne è certo il Santo Padre: nel quadro dell’unità della missione, la diversità di carismi e di ministeri non deve dar luogo, all’interno del corpo ecclesiale, a categorie privilegiate: “qui non c’è una promozione, e quando tu concepisci la vita cristiana come una promozione, che quello che è di sopra comanda gli altri perché è riuscito ad arrampicarsi, questo non è cristianesimo. Questo è paganesimo puro. La vocazione cristiana non è una promozione per andare in su, no!”.

È chiaro che alcuni, per volontà di Cristo, si trovano in un “posto forse più importante” (dottori, dispensatori dei misteri e pastori per gli altri), tuttavia “vige fra tutti una vera uguaglianza riguardo alla dignità e all’azione comune a tutti i fedeli nell’edificare il corpo di Cristo” (LG, 32). 

Il pontefice ci tiene a sfatare un mito: “Chi ha più dignità, nella Chiesa: il vescovo, il sacerdote? No … tutti siamo cristiani al servizio degli altri. Chi è più importante, nella Chiesa: la suora o la persona comune, battezzata, il bambino, il vescovo …? Tutti sono uguali, siamo uguali e quando una delle parti si crede più importante degli altri e un po’ alza il naso, sbaglia”. “Se tu trovi una persona che nella Chiesa ha una vocazione più alta e tu la vedi vanitosa, tu dirai: ‘Poveretto’; prega per lui, perché non ha capito cosa è la vocazione di Dio. La vocazione di Dio è adorazione al Padre, amore alla comunità e servizio. Questo è essere apostoli, questa è la testimonianza degli apostoli”.




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