“Essere prete in ospedale? È un dono”: il racconto di un sacerdote in corsia

di fra Carlo Basile, ofm

Cappellano ospedaliero parla della sua missione: “Sono testimone della Risurrezione. Vedo persone che, attraverso la malattia, fanno esperienza di conversione. Molti si accostano alla confessione solo per raccontare i dolori, i traumi e le fatiche che vivono e già questa è un’esperienza pasquale: si passa dal grigiore alla pienezza”. 

Questa riflessione scaturisce dall’esperienza di cappellano ospedaliero, iniziata da alcuni mesi, che mi ha portato a stare accanto alle persone che soffrono e sono toccate dal dolore. 

In realtà, si tratta del riflesso di una storia d’amore che ha attraversato la mia vita sin dal giorno in cui sentii di essere stato toccato dalla parola di un Altro, che mi invitava semplicemente a fidarmi di lui e a seguirlo.  

In questi primi mesi ho sperimentato che «Il bene agisce nel segreto, infatti ho incontrato persone che risorgono, risorgono nel “silenzio del Sabato Santo”. È la Bella notizia del Vangelo». Vivo con gratitudine e gioia questo ministero tra le corsie e i reparti dell’ospedale civile “Luigi Curto di Polla” SA, dove mi trovo dal 1 ottobre 2022.

Mi reco ogni giorno in ortopedia, chirurgia generale, neurologia, medicina generale, pediatria, maternità, geriatria, urologia, fisiopatologia respiratoria, cardiologia, oculistica. Il mio intento è incontrare le persone. C’è ancora la convinzione che dove arriva il prete è prossima la morte: si pensa all’Estrema Unzione. Mentre oggi l’Unzione degli Infermi è un sacramento di vita, di guarigione

L’importante, comunque, è salutare e dialogare, con alcuni è più semplice, con altri meno. I pazienti, in generale, hanno molto piacere di essere visitati dal sacerdote: tutta l’umanità che si può mettere per incontrarli è di aiuto. Ho stretto molte amicizie tra infermieri e medici. Vedo che hanno tutti bisogno del ministero del sacerdote, anche semplicemente per un saluto.  

Sono testimone della “Risurrezione”, perché vedo persone che attraverso la malattia fanno una vera esperienza di conversione. Molti si accostano alla confessione solo per raccontare i dolori, i traumi e le fatiche che vivono e già questa è un’esperienza pasquale, dal grigiore alla pienezza. 

Leggi anche: Un turno in Rianimazione è come trascorrere una giornata sul Calvario… (puntofamiglia.net)

Vedo volti di persone che si commuovono. Ho incontrato anche molte persone lontane dalla Chiesa che, a distanza di tempo, mi hanno chiamato per dirmi che hanno sperimentato una grazia in questa vicinanza. Non è vero che in ospedale si muore e basta: si guarisce soprattutto, in senso fisico, ma anche spirituale. Mi ha colpito molto vedere medici e infermieri consolare le persone nella sofferenza annunciando loro Gesù. Una cosa mi preoccupa però, la paura: è il peggior virus che ci sta contagiando. Se io fossi bloccato dalla paura, chi andrebbe da queste persone? 

Uscire dalla paura è fare Pasqua, è passare al Padre. Fin da subito mi sono sentito accolto e accompagnato in questa nuova realtà. Tante persone impegnate, grazie alla loro professionalità, umanità e fede, dedicano le proprie energie a servizio dei malati, nel reciproco desiderio di collaborare e condividere gioie e fatiche, come in una grande famiglia.

Girando per i reparti, incontro persone bisognose di attenzione e di cura, di ascolto e di comprensione… è per me una ricchezza grande poter stare accanto a loro e ricevere ciò che mi consegnano attraverso le parole e i racconti di vita.

Riconoscere quanta fede, quanto amore per la vita, quanto desiderio hanno di lottare, è per me una continua sorpresa. A volte si è chiamati a dire una parola o a condividere i propri limiti e la propria fragilità, sentendosi solidali anche nell’esperienza dello smarrimento, della rabbia, della solitudine. A volte si condivide la gioia… a volte si rimane in silenzio per condividere fatica e lacrime e, dentro al dolore, raccogliere il forte grido di speranza, di fiducia e affidamento al Dio della vita! 

E tutto questo lo si fa sempre abbracciati e custoditi dall’amore di Dio! Per me essere prete in ospedale è un dono! Mi sta aiutando a maturare in umanità e nella fede, mette in discussione le mie fragilità e i miei limiti, mi fa sentire compagno di viaggio, a volte per brevi, a volte per tratti più lunghi, sentendomi accompagnato. Quanto mi viene consegnato lo affido al Signore!

Desidero condividere con voi una preghiera: “Signore, fa’ che io possa incontrare Te nei fratelli e nelle sorelle che incontro e fa’ che loro possano incontrare Te in me, e fa’ che in questo reciproco incontro possiamo crescere nella fede, nella speranza e nella carità”.

Vi chiedo di accompagnarci e di custodirci nella preghiera… soprattutto gli ammalati, i loro familiari, i medici, gli infermieri, gli operatori sanitari, gli operatori pastorali, i volontari… Grazie di cuore! Dio vi benedica!




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stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).

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1 risposta su ““Essere prete in ospedale? È un dono”: il racconto di un sacerdote in corsia”

Padre Carlo fare il cappellano in ospedale e una vera missione ✨parla una mamma che il figlio soffre di una patologia da 25 anni una vita ✨non lavora ✨non ha potuto studiare ✨appena diplomato è iniziato il suo calvario ✨ho visto la sofferenza nel suo volto✨gli amici scompaiono✨a volte spesso viene giudicato ✨guardato questa è ignoranza di cuore✨forse lei sta a contatto con chi soffre può capirenessuno può capire solo Gesù può capire ✨non giudicate mai Grazie per la sua dolcezza e umiltà di cuore✨al Santuario le sue omelie sono sempre fatte con un cuore puro.

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