Adozione

Crescere con due papà o due mamme: per il bambino è la stessa cosa?

La tesi di una psicologa e psicoterapeuta: “L’unica condizione a cui potrei acconsentire all’adozione da parte di coppie omosessuali è che, nel caso siano due uomini, per esempio, la coppia sia costantemente affiancata da una nonna o da una zia che faccia le veci della mamma mancante”. Quindi una mamma “mancante” c’è.

Da anni conosco una psicologa e psicoterapeuta, è amica di amici e non abbiamo molte occasioni di vederci, però mi è capitato di parlare con lei di tematiche che mi stanno a cuore, come il rapporto genitori-figli e la famiglia. Lo scambio è sempre molto interessante, sebbene lei parta da una visione della vita diversa dalla mia. Si dichiara, infatti, “agnostica”.

È una persona molto riservata (per questo non faccio il suo nome pubblicamente). 

Difficilmente racconta fatti privati e ho saputo solo dopo anni di conoscenza che sua sorella aveva una tendenza omosessuale ed era anche accompagnata ad una ragazza.

Una volta, prima che sapessi questo, parlammo di cosa pensavamo riguardo l’adozione di bambini da parte di coppie formate da persone dello stesso. Mi chiese cosa ne pensassi, poi le domandai io cosa pensasse lei. 

Mi disse: “Io ho dei dubbi rispetto all’adozione da parte di coppie omosessuali. Ti spiego: il bambino, per il suo sviluppo ha bisogno di avere adulti di riferimento sia di sesso maschile che di sesso femminile. L’unica condizione a cui potrei acconsentire all’adozione da parte di queste coppie è che, nel caso siano due uomini, per esempio, la coppia sia costantemente affiancata da una nonna o da una zia che faccia le veci della mamma mancante”. 

Della “mamma mancante”. 

Quindi una mamma che manca c’è. Così come nel caso di due donne, ovviamente, a mancare è il padre.

Quando scoprii la sua situazione famigliare, ripensai a queste parole e ne rimasi ancora più colpita. 

La sua opinione, di certo, non è legge universale (sebbene per me conti, perché, al contrario di tanti che parlano sulla scia dell’emotività, lei ha cinque anni di psicologia e quattro di psicoterapia alle spalle). Però, quello che più mi fece pensare è il fatto che ha avuto il coraggio di dire questo avendo una sorella fidanzata con un’altra donna.

Ha espresso perplessità e dubbi, a indicare che la questione è molto più complessa di quanto la propaganda non faccia sembrare.

Di recente mi hanno inoltrato un articolo dal titolo: Lgbt, psicoanalisti: “Figli arcobaleno come quelli delle famiglie ‘conformi'”.

La tesi dell’articolo ruotava attorno al fatto che le capacità genitoriali non dipendono dall’orientamento sessuale. E che se un bambino viene accudito – ovvero le sue necessità sono soddisfatte – non importa se a farlo siano un uomo e una donna, due donne o due uomini.

Di certo due persone dello stesso sesso possono rispettare il bambino e volergli bene, interessarsi a lui, non fargli mancare il necessario per vivere.

Così come possono farlo due sorelle, per esempio.

Leggi anche: “Credevo che la maternità surrogata fosse un gesto di altruismo, invece…”: la storia di Elisa (puntofamiglia.net)

Ricordo di aver conosciuto una volta, in treno, in uno dei miei viaggi, una ragazza che abitava con la sorella più grande e con il figlio di lei. Il padre del bambino si era dileguato, i genitori delle due ragazze erano poco presenti. Così, queste due sorelle, mamma e zia, erano diventate i due punti di riferimento principali del bambino

La sorella minore – appena quindicenne quando la grande è rimasta incinta – convinse la ragazza (poco più che ventenne) a non interrompere la gravidanza, nonostante il papà del piccolo non ne volesse sapere: “Ti aiuterò io, sarò una zia super presente!”. E così è stato. Ora il piccolo ha sei anni. E adora la zia: sono inseparabili.   

Mi commosse il suo racconto. E sono certa che ci siano situazioni in cui le persone dimostrano di essere davvero capaci di resilienza. La vita di questo bambino è sacra e lodiamo Dio per la generosità di un’adolescente, che, senza farsi troppe domande, ha offerto il suo aiuto alla neomamma affinché, nonostante delle paure comprensibili, custodisse la vita che aveva in grembo.

Tuttavia, che il padre mancherà è inevitabile. Che ci sarà un vuoto, una ferita, nel cuore di questo piccolo è indiscutibile. 

Il bambino, che sta crescendo senza una figura maschile di riferimento importante, dovrà davvero tirar fuori tutta la resilienza che è in lui per diventare uomo senza aver visto un uomo, per sapersi assumere tutte le responsabilità che il papà non si è assunto con lui. 

Dovrà trovare un padre spirituale, o avere come modello un insegnante di quelli che ti prendono per mano davvero. 

Però, è certo: cercherà un padre. Ed è normale che sia così.

Così come Giada, la mia compagna di scuola orfana di madre a soli sei anni, cercava una mamma nella nonna e faceva telefonate interminabili con le mamme delle sue migliori amiche per chiedere consigli. 

Si cercherà per sempre in qualcun altro il genitore che manca, proprio come ha detto la mia conoscente psicologa e psicoterapeuta.

La vita è complicata e può portare a queste situazioni (come nel caso della morte e dell’abbandono), ma mentre riflettiamo sulla possibilità di fare leggi che definiscono auspicabili – e addirittura da ricercare – simili realtà, pensiamo bene a quello che stiamo facendo.

Nell’articolo sopracitato, dove si diceva che nelle famiglie arcobaleno “non manca nulla”, si parlava di “resilienza”: il bambino, in sostanza, è capace di adattarsi anche a situazioni famigliari non conformi alla natura delle cose. Quindi, implicitamente, si dice che se è così, se il bambino “si adatta” all’assenza di una delle due figure, perché non concedere a delle coppie omosessuali di avere dei figli?

La mia domanda però, guardando la questione a partire dai diritti del bambino, è un’altra: se possiamo evitargli di cercare per tutta la vita al di fuori della sua famiglia un genitore che manca (facendo in modo, dove possibile, che abbia sia un padre che una madre), perché creargli la necessità di tirarla fuori, questa sua resilienza? 

Perché invece di occuparci del “bisogno di famiglia” di un bambino, pensiamo prima – e forse soprattutto – al “bisogno di genitorialità” di due adulti?




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Cecilia Galatolo

Cecilia Galatolo, nata ad Ancona il 17 aprile 1992, è sposata e madre di due bambini. Collabora con l'editore Mimep Docete. È autrice di vari libri, tra cui "Sei nato originale non vivere da fotocopia" (dedicato al Beato Carlo Acutis). In particolare, si occupa di raccontare attraverso dei romanzi le storie dei santi. L'ultimo è "Amando scoprirai la tua strada", in cui emerge la storia della futura beata Sandra Sabattini. Ricercatrice per il gruppo di ricerca internazionale Family and Media, collabora anche con il settimanale della Diocesi di Jesi, col portale Korazym e Radio Giovani Arcobaleno. Attualmente cura per Punto Famiglia una rubrica sulla sessualità innestata nella vocazione cristiana del matrimonio.

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