ALLUVIONE EMILIA-ROMAGNA

Natura violenta ci mette in ginocchio: dov’è Dio? In chi si sacrifica per salvare gli altri

L’alluvione devasta il centro-Italia. Dov’è Dio? Può sembrare assente. Lontano. E invece è nei gesti di solidarietà che si compiono in queste ore, nella forza dei soccorritori, nelle porte che si aprono per chi è rimasto senza una casa. La vita umana è precaria, eppure c’è qualcosa che trascende la fragilità: la capacità di amarci gli uni gli altri. 

L’Italia vive ore di grande apprensione per ciò che sta accadendo agli abitanti dell’Emilia-Romagna in particolare, e del centro-nord in generale.

Migliaia di persone, tante famiglie, tanti anziani, malati e bambini, stanno assistendo impotenti al manifestarsi della natura che ci ricorda con dirompenza tutta la sua forza.

L’acqua mescolata alla terra e ai detriti avanza infiltrandosi ovunque e raggiungendo le case, molti cercano di salvare il salvabile di ciò che si custodisce di più caro prima che sia tardi, tanti corrono ai piani alti e addirittura sui tetti, aspettando i soccorsi, chiedendo aiuto a voce alta da lì sopra, anche se scende la notte e fa freddo: questa è la realtà che molte persone stanno affrontando, e solo a parlarne la pena è grande.

Chi vi scrive ha la sicurezza di duecento chilometri di separazione da ciò che le immagini diffuse in queste ore descrivono. Posso dunque solo immaginare, come molti, la paura e lo sconcerto vissuti da amici e conoscenti che abitano le zone colpite dalla forte alluvione.

Sono stata di recente ospite di una stupenda parrocchia nel quartiere Cava di Forlì, in occasione del decennale dell’adorazione perpetua che viene portata avanti da molti abitanti di quella zona con grande spirito di servizio e amore al Santissimo Sacramento, e sentire che proprio in quel quartiere che ho attraversato con la gioia nel cuore i sommozzatori hanno da poco rinvenuto i corpi di due vittime mi rattrista profondamente.

I fiumi sono tracimati, le frane bloccano le strade, i ponti crollano, gli elicotteri fanno rumore avvicinandosi ai punti dove è richiesto soccorso urgente. Questo è ciò che davvero si chiama emergenza, una situazione totalmente fuori dall’ordinario, fuori da ogni previsione e emotivamente prostrante, che sconvolge e dissesta i cuori ancora prima delle colline.

Come in ogni occasione di questo tipo, come in ogni evento naturale tale da mettere democraticamente in ginocchio l’essere umano senza fare distinzione tra uomini e donne, giovani e vecchi, buoni e cattivi, viene la tentazione di chiedersi perché.

Dov’è il senso, dov’è il potere del bene, e infine dov’è Dio in tutta questa devastazione?

Perché Dio sta zitto, nei pianti dei bambini bagnati e degli sposi che perdono la loro casa comprata con tanti sacrifici? E di fronte alla tristezza delle madri che perdono una dimora accudita con cura e dei padri impotenti nel tentativo di proteggere i propri cari, o degli anziani che perdono i ricordi di una vita? O davanti alle lacrime di chi scopre il decesso di un proprio caro, un proprio amico, sapendolo morto di una morte sconsolante?

Dov’è Dio, con la sua potenza, nelle prove che fanno male lasciandoci inermi?

Leggi anche: La mia terra devastata dall’alluvione: “Come fai, Dio, a sopportare tutto questo dolore?” (puntofamiglia.net)

So che questa è la tentazione. Ma è, appunto, una tentazione, che, seppure apparentemente legittima, non porta purtroppo benefici, non aiuta a restituire un senso che dia forza, sostegno all’anima, coraggio e soprattutto speranza nel domani. E senza coraggio e speranza, la disperazione arriva veloce a un tiro di schioppo.

Coraggio dunque. Proviamo a cercare immediatamente consolazione contro il male che infiltra tutto e perfino il cuore. Proviamo a stanare tracce di bene e riemergerle da tanta cronaca disperante.

Forse il bene in queste ore si nasconde nelle braccia dei carabinieri che nuotando nel fango con l’urgenza di chi deve compiere la salvezza del prossimo hanno raggiunto e messo al sicuro una coppia di anziani.

Forse è nelle gambe di quegli uomini che guardando una strada invasa dall’acqua si sono adoperati per la donna che chiedeva aiuto col suo bimbo in braccio.

Forse si trova tra i gesti rapidi di chi, senza avvertire stanchezze, sta approntando pasti e letti per quelli costretti a trovare rifugio nei luoghi sicuri.

Forse potrebbe essere in chi apre la porta di casa alla famiglia di un amico, di un vicino, di un parente, accogliendo nel bisogno senza chiedere tornaconti sulla faccenda, ma con l’istinto di dare aiuto il prima possibile.


Forse il bene potrebbe nascondersi in queste ore nei posti più impensati, nei momenti meno opportuni e ragionevoli, nei cuori di chi vivendo il tangibile riscopre dentro di sé l’intangibile, e aiutando gli altri riscopre la misericordia e la carità che abitano dall’origine ognuno di noi.

Questa terra fangosa così violenta e aggressiva, forse, viene a ricordarci che siamo frutto di quella stessa terra, impastati di umanità e precarietà, e però anche di una bellezza che trascende il fango e ricorda il cielo.

Nella viva speranza che il sole torni presto a restituire una serena normalità a tutti quelli che in questo momento l’hanno persa, asciugando ogni lacrima, ci stringiamo in particolare ai più deboli, ai poveri, ai bambini, agli anziani e agli ammalati.

Il nostro più profondo affetto e la nostra preghiera sia per questi fratelli, che non si sentano abbandonati nella loro richiesta di salvezza.

E a tutti quelli che stanno mettendo le loro braccia e le loro energie a servizio del prossimo, grazie di cuore. Siete voi gli strumenti della salvezza, e il segno che Dio non ci abbandona, ma ci è vicino sempre, anche nella prova, attraverso chi meno sospettiamo.




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Lisa Zuccarini

Lisa Zuccarini, classe '83, è una moglie e mamma che ha studiato medicina per poi capire alla fine di essere fatta per la parannanza più che per il camice. Vive col marito e i loro due bambini. Dal 2021 ha scoperto che scrivere le piace, al punto da pubblicare un libro edito da Berica Editrice, "Doc a chi?!", dove racconta la sua vita temeraria di mamma h24 e spiega che dire sì alla vocazione alla famiglia nel ventunesimo secolo si può, ed è anche molto bello.

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