CORRISPONDENZA FAMILIARE

I cecchini delle idee altrui. Prove di dittatura ideologica

22 Maggio 2023

Può essere derubricato a semplice fatto di cronaca. Versione minimalista. Altri possono presentarlo come una coraggiosa forma di protesta. Versione epica. A mio parere quello che è accaduto a Eugenia Roccella, ministra della Famiglia e della Natalità, è solo un frammento di una strategia ben più ampia e scrupolosamente organizzata che ha l’obiettivo far parlare di sé togliendo agli altri il diritto della parola. E tutto questo grazie alla complice benevolenza dei mezzi di informazione che non hanno il coraggio di chiamare le cose con il proprio nome. Una vicenda triste ed emblematica. 

La cronaca dei fatti non può essere manomessa da commenti e interpretazioni chiaramente faziose. Siamo a Torino, il Salone del Libro è un importante appuntamento letterario, il simbolo di una società che fa del confronto aperto e leale il mezzo ordinario della convivenza e della comune progettualità, malgrado le inevitabili differenze tra le diverse anime del Paese. Insomma, il luogo ideale per vivere esperienze di incontro e di reciproca accoglienza. Ogni vero incontro nasce dal mettersi in ascolto dell’altro, dal desiderio di ascoltare le sue ragioni e contestarle con passione, se necessario. Quand’è così avviene l’incontro, malgrado le distanze. 

Non è andata così. La Ministra Roccella non ha avuto la possibilità di presentare il suo libro, un’appassionata autobiografia che rilegge il suo cammino esistenziale e politico. Una trentina di manifestanti di diverse sigle (quelle che oggi vanno di moda) hanno innalzato uno striscione dal sapore poco letterario: “Fuori lo Stato dalle mie mutande”. Tecnica consolidata per attirare l’attenzione dei media compiacenti. E subito dopo hanno iniziato a urlare i loro slogan, impedendo di fatto alla Ministra di parlare. Una giovane del gruppo è stata invitata a salire sul palco per rappresentare le sue ragioni. Poteva essere l’inizio di un dialogo. Così non è stato. Subito dopo la lettura di un documento, è ricominciata la gazzarra. 

Nicola Lagioia, direttore del Salone del Libro, ha scelto di non intervenire perché, a suo dire, si trattava di una “protesta non violenta”. E dunque legittima. Un concetto molto discutibile. Impedire ad un altro di parlare è una plateale forma di violenza, quella esercitata da tutte le dittature, di ieri e di oggi. È quello che accade in Cina, in Russia, in Iran e in tanti altri Paesi dove il Potere non permette alcuna forma di dissenso. È una violenza più grave perché imprigiona le idee, costringe l’altro al silenzio e gli impedisce di manifestare la propria umanità. E se per caso le forze dell’ordine fossero intervenute per far rispettare le leggi della democrazia, avrebbero avuto buon gioco ad accusare il Potere di impedire la libera manifestazione del pensiero. 

Questi giovani sono i cecchini delle idee altrui, Si radunano appositamente nei luoghi dove passa il “nemico” per minare il suo percorso. Per evitare l’inquinamento delle idee, cercano di zittire tutti gli altri. Non c’è alcuna volontà di aprire un dialogo, loro sanno già tutto e non vogliono sentire altro. Un’immagine drammatica e carica di inquietudine. Se questi giovani avessero il potere, come tratterebbero tutti coloro che non la pensano come loro? È bene aggiungere che questi movimenti sono ben ammanigliati con il potere culturale e politico, hanno sponsor e finanziatori di rilievo. Non sono gruppi nati spontaneamente dal basso ma aggregazioni che vengono fabbricate nei raffinati laboratori del Pensiero e si diffondono rapidamente grazie ad una precisa strategia di comunicazione. In apparenza lottano contro il potere, in realtà sono figli quell’ideologia che di fatto domina incontrastata nel mondo occidentale. 

Leggi anche: Quanto fa paura un libro? Il caso Roccella al Salone di Torino…

In un mondo segnato dalla migrazione di massa l’incontro tra culture e civiltà è un obbligo al quale nessuno può sottrarsi, a meno di non immaginare conflitti devastanti. La società diventa sempre più complessa, le idee si confrontano e si mescolano. Non è una novità di questo tempo ma una modalità che accompagna i passaggi più significativi della storia. Imparare a convivere significa apprendere l’arte dell’incontro. Un incontro è veramente umano quando le persone si riconoscono e si rispettano. Quando ciascuno ascolta e accoglie l’altro, parla e lascia parlare, consegna le sue ragioni e si lascia interpellare da quelle altrui. Tutto il contrario di quello che è avvenuto a Torino. Quel frammento di cronaca dovrebbe inquietare chiunque desidera costruire un futuro in cui l’ideologia non cancella l’umanità. 




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Silvio Longobardi

Silvio Longobardi, presbitero della Diocesi di Nocera Inferiore-Sarno, è l’ispiratore del movimento ecclesiale Fraternità di Emmaus. Esperto di pastorale familiare, da più di trent’anni accompagna coppie di sposi a vivere in pienezza la loro vocazione. Autore di numerose pubblicazioni di spiritualità coniugale, cura per il magazine Punto Famiglia la rubrica “Corrispondenza familiare”.

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1 risposta su “I cecchini delle idee altrui. Prove di dittatura ideologica”

Condivido in pieno il pezzo e condanno fermamente l’impedimento a confrontarsi per esternare il proprio pensiero. La libertà di esprimere il proprio pensiero infatti è il fondamento di ogni società democratica ed è garantito dall’art. 21 della nostra Costituzione. Tutti i cittadini debbono sostenere questo diritto esprimendo il dissenso verso chi lo impedisce. Il silenzio o la giustificazione è grave, si è correi !

Salvatore Campitiello presidente dell’Assostampa Campania Valle Sarno

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