
CORRISPONDENZA FAMILIARE
Quando non possiamo ricevere la Santa Comunione…
18 Settembre 2023

Quando le condizioni di vita non permettono di ricevere la Santa Eucaristia, invece di cercare comode scorciatoie e rivendicare diritti inesistenti, il credente si pone nella condizione dell’umile che, pur sapendo di non meritare nulla, non si stanca di invocare la salvezza.
Durante la prima fase della pandemia, quella in cui non era possibile celebrare Messa alla presenza del popolo, Papa Francesco ha riproposto un’antica tradizione, “una pratica molto raccomandata quando non è possibile ricevere il Sacramento” (15 marzo 2020), quella cioè di recitare una preghiera con la quale, al momento della comunione eucaristica, i battezzati potevano unirsi spiritualmente al Signore:
Gesù mio, credo che Tu sei nel Santissimo Sacramento. Ti amo sopra ogni cosa e Ti desidero nell’anima mia. Poiché ora non posso riceverti sacramentalmente, vieni almeno spiritualmente nel mio cuore. Come già venuto, io Ti abbraccio e tutto mi unisco a Te; non permettere che io mi abbia mai a separare da Te.
Questa preghiera, conosciuta come Comunione spirituale – è nata dall’amore eucaristico di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori che invitava i cristiani a manifestare più spesso il desiderio di ricevere la grazia sacramentale.
Durante una prolungata esperienza in Francia – per due anni ho svolto il ministero sacerdotale a Lisieux presso il santuario di santa Teresa di Gesù Bambino – ho notato una tradizione molto interessante: coloro che, partecipando a Messa, non possono ricevere la santa Comunione, non restano nei banchi ma si mettono in fila, come tutti gli altri, e quando si trovano dinanzi al sacerdote incrociano le braccia sul petto in attesa di ricevere la benedizione da parete del ministro. Pur sapendo di non poter ricevere la Santa comunione, partecipano come tutti al cammino che conduce all’incontro eucaristico. Il gesto con il quale si presentano, le braccia incrociate, è una muta preghiera, un’umile invocazione di salvezza. Il gesto di benedizione è la carezza di Dio.
Una prassi significativa perché ricorda ad ogni battezzato – non importa quale sia la sua condizione dal punto di vista canonico – che fa parte del popolo di Dio. È quello che chiedeva Benedetto XVI:
“I divorziati risposati nonostante la loro situazione, continuano ad appartenere alla Chiesa, che li segue con speciale attenzione, nel desiderio che coltivino, per quanto possibile, uno stile cristiano di vita attraverso la partecipazione alla santa Messa, pur senza ricevere la Comunione, l’ascolto della Parola di Dio, l’Adorazione eucaristica, la preghiera, la partecipazione alla vita comunitaria, il dialogo confidente con un sacerdote o un maestro di vita spirituale, la dedizione alla carità vissuta, le opere di penitenza, l’impegno educativo verso i figl” (Sacramentum Caritatis, 29).
Recarsi all’altare con la coscienza di non poter ricevere il Pane della vita non è una sorta di masochismo spirituale ma un gesto di autentica fede, esprime infatti il votum Eucharistiae, cioè quel desiderio ardente che deve – forse è meglio dire “dovrebbe” – animare la vita di tutti i battezzati, anche di quelli che possono accedere alla grazia sacramentale. Quando le condizioni di vita non permettono di ricevere la Santa Eucaristia, invece di cercare comode scorciatoie e rivendicare diritti inesistenti, il credente si pone nella condizione dell’umile che, pur sapendo di non meritare nulla, non si stanca di invocare la salvezza. Come il pubblicano del Vangelo che, “fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: O Dio, abbi pietà di me peccatore” (Luca 18,13). L’arroganza allontana Dio e allontana da Dio, l’umiltà invece è garanzia di salvezza, ci fa stare nell’abbraccio di Dio.
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Questa prassi ricorda a tutti i battezzati che non possiamo fare a meno di partecipare alla vita sacramentale della Chiesa. La Messa resta un appuntamento essenziale e assolutamente indispensabile per vivere la fede. La grazia, cioè l’amore che Dio dona con abbondanza, non è legata solo al Pane eucaristico, ma viene comunicata, goccia a goccia, attraverso i vari momenti della liturgia. Tutta la liturgia, in ogni sua parte, è incontro con Dio. Se siamo presenti come spettatori distratti, non riceviamo nulla. Se invece partecipiamo con umiltà, veniamo guariti e fortificati, anche se non possiamo ricevere il Pane della vita. Questa prassi diventa perciò una feconda provocazione per tutti quei credenti – siamo tutti coinvolti, nessuno escluso – che spesso si recano all’altare con una buona dose di superficialità, senza avere piena coscienza del dono straordinario che stanno per ricevere.
Nella mia esperienza in Francia vedevo anche tanti genitori venire all’altare con i loro figli più piccoli, anche questi ultimi incrociavano le braccia sul petto: avevano iniziato il cammino di preparazione alla Prima Comunione e manifestavano il desiderio di ricevere Gesù. Un’immagine efficace e commovente di quella fede che trova nell’Eucaristia il suo centro vitale. Mi sembra un buon punto di partenza per tutte le comunità ecclesiali che in queste prime settimane dell’anno pastorale si ritrovano per accordare gli strumenti e ridare nuovo slancio al Vangelo.
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stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).
1 risposta su “Quando non possiamo ricevere la Santa Comunione…”
Trovo anche molto interessante e illuminante la catechesi al link allegato, del sacerdote francescano dell’Immacolata Padre Serafino Maria Lanzetta sulle condizioni per accedere alla Comunione spirituale così come precisamente indicate da Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, citato dallo stesso Don Silvio, le quali in realtà non sono assolutamente diverse da quelle necessarie per ricevere l’Eucaristia. Quindi si conclude che un divorziato risposato che vive in peccato mortale non può accedere alla comunione spirituale così come è sempre stata intesa dalla Chiesa Cattolica.
https://www.youtube.com/live/jmw6k3Y0RWA?feature=shared
Sia lodato Gesù Cristo!