DIGNITÀ DELLA VITA

Suicidio assistito in Emilia-Romagna: ce ne parla Antonella Diegoli, di Federvita

Quarantadue giorni per suicidarsi. È l’ultima “conquista” della Regione Emilia-Romagna che, con un atto amministrativo (neppure una legge) decide della vita e della morte di persone in situazioni di sofferenza. Abbiamo parlato di questo con Antonella Diegoli, presidente di Federvita Emilia-Romagna.

Vuoi suicidarti? Bene! Anzi, se aspetti 42 giorni ti aiuto io! Quarantadue giorni è il tempo che potrà intercorrere, in Emilia-Romagna, tra l’espressione del desiderio di ricorrere al suicidio assistito e la sua esecuzione. È frutto di una delibera di giunta regionale, pensata da Stefano Bonaccini, per evitare che con il voto e la discussione in aula si ripetesse il “Veneto bis”, cioè che non passasse il suicidio assistito. 

Antonella Diegoli, presidente di Federvita Emilia-Romagna ed insegnante, da anni impegnata nella difesa e nella cura della vita umana nascente, sofferente, morente, racconta la fatica di fronte a questo attacco alla vita, e la voglia di prendersi cura sempre più e sempre meglio di chi è in difficoltà.

L’Emilia Romagna con una delibera regionale della giunta Bonaccini ha introdotto il suicidio assistito. Che cosa sta succedendo?

Di fatto la delibera di giunta ha introdotto il suicidio assistito con la semplice aggiunta di due parole ai compiti dei comitati etici, ma soprattutto con un protocollo per le Asl. La giunta Bonaccini salta la discussione della proposta di legge Cappato, in programma in questi giorni, e introduce il suicidio assistito tra le pratiche mediche della Regione. Un colpo di mano senza precedenti.

Come si è passati dalla cura della persona alla sua eliminazione in una regione come l’Emilia- Romagna, che è famosa per la sua capacità di accoglienza?

L’Emilia Romagna ha vantato in questi anni percorsi di cura e di accoglienza, ma non sempre sono stati attuati secondo l’interesse delle persone. Prendiamo ad esempio le cure palliative: l’Emilia Romagna ha presentato nel 2023 un Piano di potenziamento con una proposta di riorganizzazione del servizio e una implementazione specifica dedicata alla rete pediatrica, peraltro secondo le direttive del Pnrr che ha disposto un finanziamento cospicuo (2.720 miliardi di euro) e un target da raggiungere entro il 2026. Ma di delibere attuative neppure l’ombra!

Leggi anche: Le conquiste di in-civiltà: l’eutanasia al di sotto dei 12 anni (puntofamiglia.net)

Federvita Emilia-Romagna aiuta bambini, donne con gravidanza difficile, famiglie migranti e rifugiate, che significato ha per il vostro volontariato e forse per il volontariato in generale questa delibera che sembra annichilire la cultura della cura?

Certamente l’introduzione di questa pratica cambia la visione della difficoltà per tutti: se prima il nostro volontariato, e più in generale il volontariato alla persona, operava per un sostegno e un affiancamento per la risoluzione della difficoltà o almeno per una gestione migliore della propria condizione a fronte della difficoltà, oggi ci si trova una strada più facile per abbandonare la lotta.

Ci si potrebbe suicidare in 42 giorni grazie ad un parere di una commissione ed un comitato…

È così, oggi è possibile, in Emilia Romagna suicidarsi in 42 giorni. Il protocollo consegnato alle Asl lo consente. Resta da vedere se questo percorso, azzardato sul piano politico e amministrativo, non sia anche incauto su un piano prettamente giuridico.

Un parere da insegnante: che messaggio educativo dà questa delibera, che dice sì al suicidio assistito?

Ovviamente non c’è messaggio educativo in questa scelta della Regione, c’è un abbandono a sé stessi. Il messaggio è il medesimo che passa già nel protocollo di richiesta della interruzione volontaria di gravidanza. “È un problema tuo, vuoi risolverlo così? Fallo, ti agevolo il percorso”.

Il cardinal Zuppi ha ribadito che la sofferenza si affronta spegnendo il dolore, quindi attraverso le cure adeguate e le cure palliative, ma anche dando un senso al dolore e alla sofferenza…

La sofferenza e il dolore sono parte integrante della vita di ciascuno. La dimensione umana della condivisione e della vicinanza viene disintegrata da quella proposta dalla nostra Regione: “Soffri? Puoi spegnere questa sofferenza”. Questo non sta bene a tanti medici in primis, che ben vedono come basta, spesso, ascoltare i pazienti, stare loro a fianco, ridurre la solitudine nella quale si sentono confinati per vedere il risveglio del desiderio di vivere e di lottare. Ma non sta bene a tante persone comuni, che vedono il terribile inganno che si nasconde in questo atto di falsa democrazia.

Pensate di fare qualcosa come Federazione di fronte a questo attacco alla vita e alla dignità dell’uomo della donna?

Come Federazione, come volontari, prima ancora come persone che credono nella vita e nella dignità della persona è nostro compito valutare la dimensione del problema, discernere rispetto alle varie situazioni, informare chi ha bisogno di comprendere, contrastare scelte che lasciano nella solitudine e nella disperazione, indicare strade percorribili di vicinanza e sostegno.




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