Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 12,14-21)
In quel tempo, i farisei uscirono e tennero consiglio contro Gesù per farlo morire. Gesù però, avendolo saputo, si allontanò di là. Molti lo seguirono ed egli li guarì tutti e impose loro di non divulgarlo, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaìa:
«Ecco il mio servo, che io ho scelto;
il mio amato, nel quale ho posto il mio compiacimento.
Porrò il mio spirito sopra di lui
e annuncerà alle nazioni la giustizia.
Non contesterà né griderà
né si udrà nelle piazze la sua voce.
Non spezzerà una canna già incrinata,
non spegnerà una fiamma smorta,
finché non abbia fatto trionfare la giustizia;
nel suo nome spereranno le nazioni».
Il commento
“Ecco il mio servo che io ho scelto, il mio amato nel quale ho posto il mio compiacimento” (12,18). L’evangelista interpreta la missione di Gesù alla luce delle parole profetiche di Isaia (Is 42,1). Faccio notare che questa citazione ripropone le stesse parole che hanno incorniciato il battesimo di Gesù: “Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento” (Mt 3,17). I due testi evangelici sono complementari: nel racconto del battesimo il vocabolo servo [país] viene sostituito con quello di Figlio [hyiós]; nel brano che oggi meditiamo il Figlio viene presentato con il titolo di servo. In questo modo l’evangelista invita a intrecciare i due vocaboli: l’eterno Figlio, quello che il Padre ama incondizionatamente (“il mio amato”), viene inviato nel mondo con la veste di servo. Essere figlio ed essere servo sono la stessa cosa. Anzi, possiamo dire che l’identità filiale si rivela proprio mediante il servizio. È questo l’annuncio che rivoluziona radicalmente il modo di vivere la fede: “Il Figlio dell’uomo, non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti” (Mt 20,28).
Questa parola ha un’immediata risonanza nella vita di tutti coloro che desiderano camminare sulle orme di Cristo. Diventare figli di Dio (Gv 1,12) è certamente una grazia inestimabile ma non è un titolo onorifico, anzi ci carica di responsabilità. Il Vangelo oggi ricorda che diventiamo figli nella misura in cui viviamo da servi, cioè impariamo a vivere ogni cosa in obbedienza a Dio. Quanto più siamo servi tanto più manifestiamo la nostra figliolanza divina. Servi ad immagine di Cristo e, come Lui, chiamati a testimoniare la mitezza e la misericordia di Dio (12, 18-21). Il servo non chiede la forza né la capacità di convincere tutti, chiede solo il potere di amare e servire con l’intima certezza che, quello che oggi viene seminato con fatica in un terreno apparentemente refrattario, potrà germogliare e portare frutto. Dio solo conosce i tempi, Lui è il Signore della storia. Noi siamo e restiamo servi.
Briciole di Vangelo
di don Silvio Longobardi
s.longobardi@puntofamiglia.net
“Tutti da Te aspettano che tu dia loro il cibo in tempo opportuno”, dice il salmista. Il buon Dio non fa mancare il pane ai suoi figli. La Parola accompagna e sostiene il cammino della Chiesa, dona luce e forza a coloro che cercano la verità, indica la via della fedeltà. Ogni giorno risuona questa Parola. Ho voluto raccogliere qualche briciola di questo banchetto che rallegra il cuore per condividere con i fratelli la gioia della fede e la speranza del Vangelo.
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stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).
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