STORIE DELLA BIBBIA

Giona: un profeta testardo, che vuole insegnare a Dio “come si fanno le cose”

Foto derivata da: Jonah Cast Out by the Whale onto the Shore of Nineveh (particolare), 1566. Maarten van Heemskerck (Dutch, 1498–1574). Pen and brown ink over indications in black chalk, within brown ink framing lines; indented for transfer; sheet: 19.6 x 25 cm (7 11/16 x 9 13/16 in.). The Cleveland Museum of Art, Leonard C. Hanna Jr. Fund 2024.28

Userò le parole di papa Francesco per introdurre il personaggio di cui sto per parlarvi: «Un testardo che vuole insegnare a Dio come si devono fare le cose. Infatti, quando il Signore lo invia a predicare la conversione alla città di Ninive, egli se ne va con una nave in direzione opposta. Cioè, scappa dalla missione che Dio gli aveva confidato e gli aveva affidato». Stiamo parlando di Giona.

Oggi sarà bellissimo parlarvi di un personaggio della Bibbia decisamente sopra le righe. Se penso a Noè, Abramo o Mosè, mi vengono in mente uomini scelti da Dio che, pur non sentendosi all’altezza della missione che Lui vuol affidare loro, dopo un po’ di combattimento interiore, accettano sfide enormi affidando le loro debolezze a Dio.

Userò le parole di papa Francesco per introdurre il personaggio di cui sto per parlarvi: «Un testardo che vuole insegnare a Dio come si devono fare le cose. Infatti, quando il Signore lo invia a predicare la conversione alla città di Ninive, egli se ne va con una nave in direzione opposta. Cioè, scappa dalla missione che Dio gli aveva confidato e gli aveva affidato».

Stiamo parlando di Giona, un ribelle a cui sicuramente sentiremo di somigliare molto ripensando a vari momenti della nostra vita.

A Giona non sta bene che Dio perdoni gli abitanti di Ninive per la loro condotta malvagia. Vuole dire lui a Dio cosa è giusto o non è giusto fare. Ma qui davvero tocchiamo con mano la figura di Dio come Padre, perché piuttosto che infuriarsi e decidere di non accettare il suo comportamento abbandonandolo al proprio destino, ha misericordia di lui, nutre pazienza infinita per questo figlio così testardo.

Se immagino la scena (cosa che adoro fare), penso a Dio come un papà che di fronte al figlio che sbuffa, si gira e va via dicendogli: “Tu non capisci un bel niente!”, lo osserva andar via e con un sorriso buono, dopo l’arrabbiatura iniziale, sa già che dovrà accoglierlo quando il figlio avrà capito il suo errore.

E così Dio, quando Giona si imbarca su una nave pur di non dirigersi a Ninive, scatena una tempesta come non se ne erano mai viste e Giona finisce nel mare, inghiottito da una grande balena. Per tre giorni e tre notti vive nella pancia del pesce pregando nell’oscurità.

Dopo tre giorni, il pesce lo rigetterà sulla spiaggia.

L’immagine di Giona nel ventre del pesce è simbolica e indica, anzitutto, che Dio, ponendo il profeta in una situazione impossibile, lo costringe a capire che solo da Lui può ottenere salvezza. Tre come il numero di giorni dopo i quali Gesù risorge. Infatti, anche per Giona avviene questa resurrezione. Avviene per i nostri figli quando hanno disobbedito e poi si sono pentiti. Avviene per noi quando torniamo a Dio dopo un periodo di deserto dell’anima.

Leggi anche: Insegnare l’umiltà e la sapienza ai figli: la storia di Salomone (puntofamiglia.net)

Giona decide quindi di andare a Ninive come Dio gli aveva chiesto e il popolo si converte davvero.

Come lui, anche noi troppo spesso preferiamo un Dio giustiziere a quello misericordioso. E continuiamo a invocare e pretendere segni che alimentino la nostra fame di razionalità.

Ma c’è segno più efficace del perdono?

Dio vuole purificarci dal nostro atteggiamento facendoci riflettere sul fatto che la collera, il pessimismo, l’amarezza, finiscono per distruggere noi. Ci avvelenano la vita. Dopo la conversione di Ninive il Signore, infatti, lavora sulla conversione di Giona, non si stanca di lui, è paziente. Il Papa dice che Dio è il Dio della pazienza, che sa accarezzare, sa allargare i cuori.

Questo libro che nella Bibbia dura solo tre pagine, in realtà ci insegna molto sia come figli che come genitori. 

Siamo tutti ribelli, testardi, giustizieri, a qualunque età. Non ci dobbiamo scandalizzare della figura di Giona, di noi stessi o di chi ci sta accanto. 

Io, le liti migliori con mio marito, le faccio quando siamo in macchina. Lo chiamo il “giustiziere della strada”, perché lui non sopporta le auto che si piazzano in terza corsia andando più lente di quelle che ci sono in seconda. E deve farglielo capire, con i gesti, col clacson; insomma, per me è un’agonia. Ma se io mi scandalizzo, Dio no, questa è la profonda differenza tra noi e Dio. Quindi discuto, ovvio, ma poi penso ai suoi pregi e mi dico che devo amarne anche i difetti altrimenti che amore sarebbe? Idem con i figli. Quanti capricci, quante richieste, quante contrattazioni da mattina a sera (quest’ultima frase si riferisce soprattutto alla fase dell’adolescenza lunghissima e sfiancante). È un continuo mettere alla prova questo amore limitato e limitante. Ma la balena inghiottirà ciascuno di noi ad un certo punto e più volte durante la nostra vita e in quel silenzio, in quella solitudine, i nostri cuori si trasformano. Impariamo l’amore da Dio che non si stanca mai di noi, cerchiamo di replicarlo nella nostra famiglia, parliamone ai nostri figli.




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Angela De Tullio

Angela De Tullio, nata a Bari il 25 aprile 1985, è sposata e madre di tre ragazzi. Da vent’anni è impiegata nella grande distribuzione. A 36 anni nel tentativo di non soccombere alla vita in casa con quattro uomini che ama alla follia, ha deciso di dare concretezza alla sua grande passione: la scrittura. Ha pubblicato due libri: “Nuvola, perdersi per poi ritrovarsi” edito da Florestano Edizioni e “Vite al di là” edito da Nep Edizioni. Tramite delle storie accarezza tematiche che le stanno a cuore. È inoltre un’artigiana del macramè, l’arte di annodare. Insieme alla scrittura, sono passioni che diventano un balsamo nella frenesia delle giornate.


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