VITA NASCENTE
Restrizioni sull’aborto e aumento della mortalità infantile. Alcune riflessioni

Sta circolando una notizia sull’aumento della mortalità infantile in Texas, dove ci sono state restrizioni sull’aborto. Si vuole affermare: “Ecco a cosa porta vietare l’aborto”. In sostanza. impedire l’aborto non favorirebbe il rispetto per la vita, sposterebbe il problema solo più in là nel tempo, dopo la nascita. Tuttavia, quale frame soggiace a questa visione? Proviamo a rifletterci insieme.
I social sono diventati i nuovi maestri di vita. Che lo vogliamo o no, essi influenzano la percezione della realtà di tantissime persone. Come insegnano i docenti di Public Opinion, essi creano dei “frame”, ovvero dei modi di inquadrare la realtà che gli utenti, spesso, assorbono e prendono per veri senza l’impiego di un proprio spirito critico.
Non è una regola, certo, ma dobbiamo tenere conto che può succedere. E non solo ai giovani.
Un tema su cui, attraverso i social, ci si pronuncia continuamente creando, appunto, dei “frame”, è quello dell’aborto. Costantemente circolano notizie su questo argomento, alcune vere, altre false.
Un esempio. Qualche tempo fa, una nota influencer italiana, condivise un post preso da un’altra pagina. C’era un’immagine, accompagnata da informazioni false sull’aspetto di un feto di otto settimane.
L’immagine faceva vedere un ammasso di polvere informe.si voleva convincere che nel ventre materno, in quella fase di gestazione, non c’era nessuna testolina, nessuna manina, nessun piedino.
Intervennero dottori e biologi, dicendo che non era vero. Alcuni, pur essendo favorevoli alla legge 194, si ribellarono alla falsità delle notizie.
Dopo poco tempo, chi gestiva la pagina dovette rimuovere l’immagine perché il contenuto del post era scientificamente erroneo.
Dobbiamo però chiederci: quanti, oltre a ricevere una falsa informazione, hanno poi ricevuto la smentita? Presumibilmente pochi, visto che l’influencer non ha poi rettificato, dicendo – magari chiedendo scusa – che nelle IG stories precedenti aveva detto il falso.
Questo ci dimostra che i social sono uno strumento potentissimo per generare cultura (in positivo, se si promuovono la verità e il rispetto, in negativo laddove si crea disinformazione o si diffonde odio).
Di recente, sui social, sta circolando ripetutamente una notizia riguardante l’aumento della mortalità infantile in Texas, dove ci sono state restrizioni sull’aborto.
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Si vuole affermare: “Ecco a cosa porta vietare l’aborto: i bambini nasceranno, sì, ma saranno meno seguiti dopo e moriranno di stenti”.
Quindi, semplificando al massimo, per chi condivide la notizia, più o meno consapevolmente, la soluzione è “eliminiamoli prima”. In sostanza affermano: “Promuoviamo l’aborto e salveremo delle vite”.
Non è un controsenso?
Posto che la notizia andrebbe verificata (scoprendo da quali ricerche è stata estrapolata, se le fonti sono attendibili ecc.), davvero l’aborto è una soluzione, se si parla di tutela e rispetto per la vita?
La soluzione vera – quella che arriva alla radice del problema – non ha forse a che vedere con l’educare i giovani all’amore e al dono di sé, sin dall’infanzia e, in modo particolare, in adolescenza, quando si affacciano alla vita adulta?
La soluzione può essere porre fine ad un’esistenza appena cominciata oppure è insegnare già da piccoli, in famiglia, nelle scuole, negli oratori, il rispetto di sé, del corpo, dei gesti che si compiono?
Perché non fare di tutto per aiutare i ragazzi e le ragazze a costruire relazioni sane? Relazioni autentiche, libere, che diventeranno poi la culla della vita?
Quando si parla di mortalità infantile è impossibile non addolorarsi e, ce lo auguriamo, sono addolorati anche coloro che condividono queste notizie.
La morte di un bambino è ciò che di più atroce possa accadere sulla faccia della terra.
Il vero punto della questione, però, è: l’aborto elimina o no una vita umana, unica e irripetibile? Perché, se la risposta è sì, dovremmo soffrire tanto per i bambini morti nel grembo tanto per quelli trascurati dopo la nascita.
Di fronte a questa notizia, con cui si vorrebbe “far sentire in colpa” quanti promuovono il rispetto per la vita sin dal concepimento, si tralascia che chi difende il concepito, vede nell’aborto stesso un infanticidio.
“Ecco, vedete a cosa porta non permettere l’aborto?”, gridano.
Eppure (mentre siamo addolorati per tutte le mamme e i papà lasciati soli in situazioni limite) se riteniamo sacra la vita sempre, fin dal concepimento, c’è una domanda che brucia e non possiamo tacere: “Come può una forma di infanticidio essere la soluzione ad un’altra forma di infanticidio?”
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