CORRISPONDENZA FAMILIARE

Forte come la morte è l’amore, fragile come la vita

23 Settembre 2024

Foto: Unsplash

Cosa dire ai giovani che si preparano al matrimonio? L’esperienza di questi anni con gli sposi mi ha fatto toccare con mano che a volte, basta poco per ridurre in polvere sentimenti che sembravano ben radicati. Siamo fatti per amare eppure non siamo capaci di amare con quella totalità che ciascuno desidera dare e ricevere. Per vincere la paura e scommettere sull’amore, dobbiamo fare spazio alla fiducia e costruire una comunione sempre più solida rivestita di gioia. 

Quando celebro le nozze guardo sempre con trepidazione i giovani sposi, la loro ingenuità mi commuove e… mi spaventa. Capisco che nessuno può fare questa scelta senza quel pizzico di follia che rende più bella la vita ma vorrei metterli in guardia, vorrei dire loro di fare attenzione, non per alimentare paure immotivate ma per renderli ancora più consapevoli che 

se l’amore è un dono gratuitamente dato, 
la comunione coniugale è invece una conquista
una meta che non si raggiunge se manca la disponibilità a lottare. 

Vorrei perciò consegnare alcune parole a quanti sono in cammino verso le nozze e agli sposi più giovani che sperimentano la fatica e forse anche la paura di non farcela. 

Forte come la morte

Nella pagina conclusiva del Cantico dei Cantici, uno stupendo libro della Scrittura che racconta in forma poetica l’affascinante e faticosa esperienza dell’amore, leggiamo che “forte come la morte è l’amore” (Ct 8,6). Il Libro biblico presenta l’amore come un faticoso esodo che invita ciascuno a uscire da sé stesso per andare in cerca dell’altro. In quest’avventura affascinante ma non priva di rischi, il frammento che ho citato risplende come un improvviso raggio di luce che sigilla tutta l’esperienza affettiva. 

Se l’amore è come la morte vuol dire che è qualcosa di imprevedibile e sfugge ad ogni controllo, non possiamo imprigionarlo nei nostri schemi, a volte ci conduce per sentieri che non abbiamo messo in conto di esplorare. D’altra parte, se l’amore è capace di competere con la morte vuol dire che l’esistenza umana non è destinata alla morte, non è soggetta ad un destino cieco che impone le sue leggi, non è prigioniera del fato. L’amore, solo l’amore, può riempire la vita di una luce che mai si spegne. Neppure quando sorella morte viene a chiedere quello che le appartiene. 

La fede va oltre il dato esperienziale e annuncia che l’amore viene da Dio e comunica la vita di Dio. Per questo l’apostolo Paolo afferma che “la carità non avrà mai fine” (1Cor 13,8). L’amore carnale ha una data di scadenza, fugge dinanzi alle prime difficoltà, si spegne con la separazione. L’amore che Dio dona, quello che la Bibbia chiama agape, non soggiace alla morte, anzi si rivela più forte della morte. L’amore è segno e grembo della vita che non muore.

Segno della fragilità 

Forte come la morte è l’amore”, dice il Cantico. È vero ma noi sperimentiamo anche che l’amore è fragile come la vita. A volte, basta poco per ridurre in polvere sentimenti che sembravano ben radicati; e creare distanze tra sposi che sembravano fatti l’uno per l’altra. Eventi come questi sono sempre più frequenti. Inutile scandalizzarci. La cosa più saggia è riconoscere la nostra inguaribile incapacità di amare. Siamo fatti per amare eppure non siamo capaci di amare con quella totalità che ciascuno desidera dare e ricevere. L’imperfezione è la nostra veste abituale. Siamo radicalmente imperfetti. Invece di cercare scuse e addossare all’altro le colpe, sarebbe più onesto riconoscerlo. In fondo questa consapevolezza è la necessaria premessa per fare dell’amore un cammino sempre nuovo, imparando ogni volta a ricominciare. Con la stessa passione del primo giorno. I momenti in cui tutto sembra perduto sono proprio quelli in cui comprendiamo che non possiamo fare a meno dell’altro. L’amore rinasce. 

In fondo la coscienza della fragilità è la porta dell’amore. Dire “ti amo” significa: “ho bisogno di te. Tu sei per me un dono prezioso e insostituibile. Non è facile ripetere queste parole perché non è facile accettare di essere limitati. Per imparare ad amare bisogna farsi piccoli, come insegna Teresa di Lisieux. Al contrario, l’orgoglio ci chiude dietro il muro delle nostre ragioni. Impariamo da Gesù: il Dio onnipotente si nasconde nella fragilità della condizione umana e si presenta con la veste del Servo. 

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La paura

Nell’esperienza dell’amore c’è un nemico invisibile, s’intrufola come una tarma e consuma la veste dell’amore, costruita per anni con grande fatica. Questo nemico si chiama paura e si manifesta in tanti e diversi modi. Vi offro un elenco non esaustivo. Chi ama ha paura di non essere amato, non come il suo cuore desidera. Ed ha paura di restare solo. La vita riserva ostacoli e difficoltà ma il vero nemico è la paura di non poterli o di non saperli affrontare. Un’altra paura che a volte s’insinua è quella di soffrire. Amore e sofferenza sono due facce della stessa medaglia. La paura di soffrire impedisce di amare l’altro con totalità, cioè di amarlo fino in fondo e senza timore di perdere la vita. 

Come vincere queste paure? Non serve il coraggio ma la fiducia. Non è necessario aumentare il tasso di autostima ma accrescere la fede in Colui che ci ha chiamati: “Degno di fede è colui che vi chiama: egli farà tutto questo!” (1Ts 5,24). Gli sposi cristiani non dovrebbero mai dimenticare queste parole. La certezza che il buon Dio non ci abbandona permette di attraversare e superare le tempeste più rovinose. 

Siete nella gioia

Siete ricolmi di gioia, anche se ora dovete essere, per un po’ di tempo, afflitti da varie prove”, scrive l’apostolo Pietro ai cristiani che hanno ricevuto la grazia del battesimo (1Pt 1,6). Ma nello stesso tempo ricorda loro che dovranno affrontare prove e tribolazioni. Non si tratta di piccole difficoltà ma delle persecuzioni. C’è poco da stare allegri, diremmo noi. E invece la Scrittura invita a non cadere nella trappola delle emozioni che amplificano i sentimenti e fanno perdere il contatto con la realtà. È bene allora ricordare che la gioia dell’amore non deve fare dimenticare le prove; e le difficoltà della vita non devono far perdere la gioia. 

La fede invita a guardare al futuro con gioia e speranza. L’umana prudenza suggerisce di cercare tutte le garanzie necessarie per non trovarci in difficoltà quando arrivano le tempeste. Va bene a condizione di non dimenticare che solo Gesù Cristo può dare stabilità alla vostra vita. 

Cari sposi, costruite sulla roccia. non attaccatevi a nessun progetto, lasciate che la vita sia una sorpresa. Colui che vi ama, non farà mancare il pane quotidiano. E ricordate: Tutto passa. Resta solo il dolore di non aver amato e la gioia di aver consumato per amore i giorni che la Provvidenza vuole donare. 




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Silvio Longobardi

Silvio Longobardi, presbitero della Diocesi di Nocera Inferiore-Sarno, è l’ispiratore del movimento ecclesiale Fraternità di Emmaus. Esperto di pastorale familiare, da più di trent’anni accompagna coppie di sposi a vivere in pienezza la loro vocazione. Autore di numerose pubblicazioni di spiritualità coniugale, cura per il magazine Punto Famiglia la rubrica “Corrispondenza familiare”.

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