Dal Vangelo secondo Luca (Lc 9,1-6)
In quel tempo, Gesù convocò i Dodici e diede loro forza e potere su tutti i demòni e di guarire le malattie. E li mandò ad annunciare il regno di Dio e a guarire gli infermi.
Disse loro: «Non prendete nulla per il viaggio, né bastone, né sacca, né pane, né denaro, e non portatevi due tuniche. In qualunque casa entriate, rimanete là, e di là poi ripartite. Quanto a coloro che non vi accolgono, uscite dalla loro città e scuotete la polvere dai vostri piedi come testimonianza contro di loro».
Allora essi uscirono e giravano di villaggio in villaggio, ovunque annunciando la buona notizia e operando guarigioni.
Il commento
“E li mandò ad annunciare il regno di Dio” (9,2). Prima di inviare i Dodici, Gesù consegna una serie di raccomandazioni. L’evangelista si sofferma poco sull’annuncio che sono chiamati a dare, un semplice accenno. Pone invece molta attenzione sul corredo missionario: “Non prendete nulla per il viaggio” (9,3). Quest’esortazione non è dettata dall’urgenza che impedisce di attuare una preparazione più scrupolosa del necessario. Nasce invece dalla preoccupazione educativa, Gesù ricorda agli apostoli che il contenuto è molto più importante dei mezzi. Li invita a non essere troppo preoccupati di se stessi. Quello che hanno da dire e da fare è molto più importante. Il Maestro desidera che i suoi discepoli siano vestiti con l’abito della povertà. Non chiede loro di essere privi dei beni di prima necessità ma li invita a cercare solo ciò che è strettamente essenziale. L’annuncio del Vangelo non dipende dai mezzi. Al contrario, il fatto di vivere come poveri diventa il primo e più efficace annuncio. Chi ha Dio, ha tutto. Chi confida in Dio, sa che l’essenziale non verrà a mancare. La povertà è l’abito della fiducia.
Il credente non subisce la precarietà ma la vive come un’opportunità. È questa l’esperienza di Paolo: “So vivere nella povertà come so vivere nell’abbondanza, sono allenato a tutto e per tutto: alla sazietà e alla fame, all’abbondanza e all’indigenza” (Fil 4,12). Nella precarietà impariamo a chiedere quel che serve, solo quel che serve, cioè quello che è necessario per la missione che Dio ci ha affidato. Possiamo e dobbiamo avere i mezzi necessari non per una vita più comoda ma per rispondere alla vocazione ricevuta. Nella precarietà impariamo che è Dio la nostra sola ricchezza: “tutto posso in Colui che mi dà forza” (Fil 4,13). Un ideale difficile da vivere. Oggi ancora più difficile rispetto ai secoli passati perché siamo prigionieri di una cultura che presenta il benessere psico-fisico come una condizione indispensabile. Affidandoci all’intercessione della Vergine Maria, Sede della Sapienza, oggi chiediamo la grazia di annunciare che Dio solo basta.
Briciole di Vangelo
di don Silvio Longobardi
s.longobardi@puntofamiglia.net
“Tutti da Te aspettano che tu dia loro il cibo in tempo opportuno”, dice il salmista. Il buon Dio non fa mancare il pane ai suoi figli. La Parola accompagna e sostiene il cammino della Chiesa, dona luce e forza a coloro che cercano la verità, indica la via della fedeltà. Ogni giorno risuona questa Parola. Ho voluto raccogliere qualche briciola di questo banchetto che rallegra il cuore per condividere con i fratelli la gioia della fede e la speranza del Vangelo.
Aiutaci a continuare la nostra missione: contagiare la famiglia della buona notizia
Cari lettori di Punto Famiglia,
stiamo vivendo un tempo di prova e di preoccupazione riguardo il presente e il futuro. Questo virus è entrato prepotentemente nella nostra quotidianità e ci ha obbligati a rivedere i tempi del lavoro, delle amicizie, delle Celebrazioni. Insomma, ha rivoluzionato tutta la nostra vita e non sappiamo fin dove ci porterà e per quanto tempo. Ci fidiamo delle indicazioni che provengono dal Governo e dagli organi sanitari preposti ma nello stesso tempo manifestiamo con la nostra fede che “il Signore ci guiderà sempre” (cfr Is 58,11).
Lascia un commento